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 2019  ottobre 06 Domenica calendario

La Davos francescana di Bergoglio

C’è un mito – sembra – da sfatare. È che l’economia di mercato sia stata in qualche modo generata nel mondo protestante nord europeo. Le cose sono andate diversamente, ma questo non sempre viene accettato dalla dottrina economica dominante. Sono i seguaci di Francesco d’Assisi a dar vita ad un sistema di relazioni e interazioni che rappresentarono i primordi dell’economia di mercato. Scrive l’economista Stefano Zamagni che si trattò di una «risposta all’imbarazzo della ricchezza», termine tecnico che usano gli storici. 
L’imbarazzo della ricchezza era stato scoperto dai monaci cistercensi – basti pensare al gigantesco Bernardo da Chiaravalle – che «accumulavano ricchezza nei loro monasteri, ma non riuscivano a farla circolare, evidenziando la miseria all’esterno». Insomma, Francesco (quello d’Assisi) dice: «C’è ?qualcosa che non va», ed e così ?che i francescani escono dai monasteri e creano i conventi. Il convento è esattamente l’opposto del monastero: nel convento è un “con venire”, ed i conventi devono stare nelle città, non fuori perché ?devono essere aperti a tutti. Quindi l’economia di mercato nasce per consentire alla ricchezza di essere partecipata. Nasce così ’organizzazione della divisione del lavoro. Francesco quindi, e la sua città Assisi, cuore della cristianità da secoli. E Jorge Mario Bergoglio, gesuita argentino che per primo nella storia ha assunto il nome del poverello, sa che è lì che si deve tornare per dare impulso ad un nuova economia, ad un “patto” tra le persone del pianeta che vogliono che ci sia un futuro e che si sviluppi all’interno di un sistema che metta la persona e l’ambiente al centro, e non solo il denaro che produce altro denaro.
Alla Davos francescana giovani economisti e imprenditori 
E così è nata l’idea del Papa, condivisa dai francescani del Sacro Convento – guidati dal Custode, Mauro Gambetti – di un grande incontro internazionale tra giovani economisti e imprenditori “under 35” dal 26 al 28 marzo prossimi ad Assisi, per discutere, confrontare esperienze e condividere proposte per una nuova economia: “The Economy of Francesco” si chiamerà il grande summit, che è già stata ribattezzata la “Davos francescana”, dal nome della città della Svizzera dove ogni anno si riuniscono politici e banchieri per discutere i destini di un mondo reale che in realtà nessuno o quasi di loro frequenta, chiusi nelle enclave residenziali e nei voli executive. L’annuncio dato dal Papa pochi mesi fa ha rappresentato, come spesso accade in questo pontificato, una “prima volta” assoluta, e l’avvicinarsi dell’evento sta facendo crescere l’interesse del mondo accademico e imprenditoriale. Hanno già aderito oltre 500 tra imprenditori e studenti provenienti da 45 paesi, tra cui anche Giappone, Usa, Angola, Brasile, Arabia Saudita, Portogallo e Cuba, e la lista è destinata a crescere ancora. Accanto ai giovani ci saranno economisti e imprenditori che da tempo si battono per un cambio di paradigma, e non solo dopo il fallimento della Lehman Brothers. 
E allora ci sarà un premio Nobel come Muhammad Yunus, l’economista bengalese creatore della Grameen Bank, banca dedicato al microcredito destinato a persone troppo povere per ottenere prestiti dalle banche tradizionali. Solo per capire di cosa stiamo parlando: la Grameen Bank, fondata nel 1976, oggi ha più di duemila filiali in cui lavorano 12mila persone, i clienti sono oltre 2miloni (quasi la totalità donne) sparsi in 70mila villaggi. In tempi di Npl vale la pena dirlo: il 98% dei prestiti viene restituito. Ma lo sguardo che si allargherà da Assisi sul mondo dell’economia guarda anche a occidente. Un altro nome forte è infatti l’economista americano Jeffrey Sachs, ormai di casa ad Assisi e in ottimi rapporti personali con il Papa. 
Alcuni di loro – insieme ad altri, tra cui lo stesso Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze e l’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli – hanno animato già a inizio settembre un primo appuntamento durato una settimana, “Percorsi Assisi”, un assaggio consistente di quello che sarà il summit di marzo. Anche questo è stato un esperimento innovativo, che ha coinvolto 50 studenti: una scuola interuniversitaria sviluppata da Luiss Guido Carli, Alma Mater Bologna, Politecnico di Milano e Federico II di Napoli, in collaborazione con l’Istituto Tecnologico e il Sacro Convento di Assisi. Uno dei momenti più significativi la visita al vicino borgo di Solomeo, sede dei laboratori di Brunello Cucinelli, l’imprenditore umbro che ha creato uno dei marchi più conosciuti nel cachemere. 
«Questa economia uccide!»,
il manifesto del pontificato

Per marzo il programma si sta scrivendo, e si articolerà in laboratori, manifestazioni artistiche e incontri con gli economisti e protagonisti del mondo dell’economia – si segnalano per ora anche i nomi tra gli altri di Vandana Shiva, Bruno Frey, Tony Meloto, Kate Raworth, Luigino Bruni – e poi ci sarà naturalmente lui, Francesco, e sarà la sua quarta volta ad Assisi in sette anni. Certo, il percorso che porta all’incontro del prossimo marzo – un po’ Davos certo, ma forse anche Camaldoli, l’eremo nella vicina Toscana dove nel luglio 1943 le migliori menti cattoliche scrissero il celebre Codice per l’economia nazionale – parte da lontano. 
Fu Bergoglio, appena eletto nel 2013, che disse cosa pensava del rapporto della Chiesa verso la ricchezza, ma soprattutto del modello economico dominante, uscito immutato nella sostanza dalla grande crisi finanziaria. Il passaggio del fondamentale documento Evangelii Gaudium – considerato il manifesto del pontificato – «questa economia uccide!» è ormai inciso sulla pietra, e il Papa lo ha declinato in ogni sua forma, dai temi della finanza all’economia reale, dalle relazioni sindacali alla difesa dell’ambiente. Non l’economia di mercato, ma un sistema esasperato («questa economia», che ha generato le infinite bolle speculative) che metta l’uomo schiacciato sotto il profitto. E a seguire l’altro documento fondante sulla salvaguardia dell’ambiente, l’enciclica del 2015 Laudato Si’, dal Cantico delle Creature, il massimo testo di Francesco. La difesa dell’ambiente, della casa comune, non può essere disgiunta dalla giustizia verso i poveri e dalla soluzione dei problemi strutturali dell’economia mondiale. Occorre pertanto, per il Papa, «correggere i modelli di crescita incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente, l’accoglienza della vita, la cura della famiglia, l’equità sociale, la dignità dei lavoratori, i diritti delle generazioni future».
La cultura dello scarto
e la pastorale bergogliana 

Al centro della pastorale bergogliana-francescana c’è la denuncia della “cultura dello scarto”, che a pensarci è il fondamento culturale dell’economia circolare, ormai entrata a pieno titolo nelle agende imprenditoriali. E per scarto il Papa non pensa solo al cibo o ai materiali dei cicli produttivi: pensa prima di tutto alle persone, siano essi i poveri delle baraccopoli, gli anziani soli delle periferie urbane, le persone diversamente abili, le donne vittime di violenze, i disoccupati, i nuovi schiavi reclutati nei campi profughi. «Nell’incontro ci saranno tantissimi imprenditori giovani che proveranno ad invertire sistemi economici iniqui a favore di sistemi circolari» scrive padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento. Riemerge quindi il concetto di “patto”, declinabile in ogni nuovo impegno, e che arriva fino al grande movimento mondiale dei giovani per la difesa dell’ambiente. È lo stesso Papa che lo ribadisce: «Un patto comune, un processo di cambiamento globale che veda in comunione di intenti non solo quanti hanno il dono della fede, ma tutti gli uomini di buona volontà, al di là delle differenze di credo e di nazionalità, uniti da un ideale di fraternità attento soprattutto ai poveri e agli esclusi».