Il Sole 24 Ore, 4 ottobre 2019
Whirlpool e le altre 100 crisi senza soluzione
Tre giorni fa l’assemblea e il corteo della Whirlpool, poi il tavolo Pernigotti, ieri la manifestazione dei lavoratori Embraco sotto la sede del ministero dello Sviluppo economico. Sono solo alcune delle crisi aziendali che, dopo l’illusione di una chiusura positiva, si sono drammaticamente riaperte. È la conferma della difficile gestione dei tavoli al ministero dello Sviluppo economico, soprattutto perché l’“unità vertenze” non può contare su sanzioni o norme che rendano cogenti gli impegni di volta in volta presi dalle imprese, così le promesse di reindustrializzazione o di nuovi acquirenti troppe volte evaporano lasciando solo le rivendicazioni sindacali. Il nuovo ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, ha accusato senza giri di parole Whirlpool di aver disatteso un acordo ufficialmente firmato con il governo. Eppure, da un punto di vista normativo, sembra difficile intervenire se non a rischio di contenziosi legali. Diverso è il tema della struttura che al Mise deve occuparsi di questa materia, allo stato 146 tavoli aperti. Nel decreto imprese/Ilva, all’esame del Senato, si è finalmente disposto il potenziamento dell’unità di crisi composta da appena quattro persone. Il personale dedicato potrà salire fino a 12 (anche se la prima bozza parlava di 20 e le coperture si fermano al 2021). Per il resto, anche memore delle difficoltà emerse nell’ultimo anno, il Mise vuole cambiare passo ed assicurare ai tavoli una presenza politica dopo che, troppo spesso, gli incontri coordinati a livello tecnico dal vicecapogabinetto Giorgio Sorial hanno risentito dell’assenza dell’ex ministro Luigi Di Maio o di un sottosegretario. Il nuovo corso dovrebbe invece vedere stabilmente la presenza ai tavoli di uno dei nuovi sottosegretari, Alessandra Todde dei Cinque Stelle. Nel frattempo le crisi che in questi mesi hanno avuto maggiori visibilità mediatica sono finite nell’agenda del premier Giuseppe Conte, che la scorsa settimana ha incontrato una delegazione dei lavoratori di Mercatone Uno e, come anticipato dal ministro Patuanelli, potrebbe portare a Palazzo Chigi anche un ultimo disperato tentativo per Whirlpool.Pernigotti, Embraco, Comital
La vertenza della ex Embraco sembrava risolta ma a distanza di mesi i ritardi negli investimenti da parte di Ventures Production hanno allertato i sindacati. Ora la sensazione è quella di essere di nuovo al punto di partenza, con l’aggravante che la vecchia proprietà, gruppo Whirpool, è definitivamente fuori e che il progetto per la reindustrializzazione della fabbrica di Riva di Chieri, provincia di Torino, sembra sfumato. Sono 400 gli addetti legati al futuro di quello stabilimento. Ieri sindacati e lavoratori hanno manifestato a Roma, nella sede del Mise. Il tavolo al ministero è programmato per il 23 ottobre. Più in sordina la vicenda della Comital di Volpiano, stabilimento specializzato nella lavorazione sottile di alluminio fino a due anni fa di proprietà della francese Lamalu. Mercoledì, con l’apertura delle buste nell’ambito della procedura di fallimento, si è concretizzato l’interesse da parte dell’azienda cinese Dingsheng. «Occorrerà aprire una fase di confronto con la nuova proprietà sui tempi della ripresa dell’attività e sul ritorno al lavoro dei 120 addetti» sottolineano Edi Lazzi e Julia Vermena della Fiom di Torino. Le ultime 48 ore hanno cambiato completamente le prospettive industriali per lo stabilimento della Pernigotti a Novi Ligure. Diverso il ruolo della proprietà turca (Toksoz) e diversi i partner industriali dell’operazione. A poche ore dall’incontro con i sindacati al Mise il management di Pernigotti tre giorni fa ha annunciato che manterrà il controllo sullo stabilimento e sulle produzioni del sito alessandrino e che cederà al Gruppo Optima il ramo gelati. Mercoledì pomeriggio a Roma, a conclusione dell’incontro al ministero, il cfo di Pernigotti, Pierluigi Colombi ha assicurato che a Novi «non ci saranno esuberi, ma semplicemente un piano che accompagnerà volontariamente chi intende chiudere la propria carriera». Il piano industriale verrà presentato entro le prossime tre settimane «e rappresenterà sostenibilità ma speriamo anche prosperità nel più breve tempo possibile», ha aggiunto Colombi. L’azienda ha spiegato di aver deciso di restare a Novi Ligure per una questione “di identità”.
Principe di San Daniele e Acc
In Friuli Venezia Giulia il passo indietro del fondo QuattroR ha riaperto la crisi del gruppo dell’agroalimentare, composto dalla controllante Kipre Holding Spa e le controllate Principe di San Daniele Spa, King’s Spa, Sia.Mo.Ci. Srl. A tremare sono 500 lavoratori impiegati tra San Daniele del Friuli e Trieste (Dukcevich), ma anche in Veneto ed Emilia Romagna. Una crisi esplosa all’improvviso, manifestata con una lettera aperta che conteneva una sorta di appello alla comunità finanziaria italiana. Il termine per la presentazione del piano industriale era stato fissato al 27 settembre, lo stesso giorno in cui il fondo – per il quale si era parlato di un impegno da 30 milioni – ha fatto sapere che «non si sono realizzate le condizioni necessarie per l’investimento». E ora la strada è più stretta per cercare altre soluzioni. «La famiglia Dukcevich sta già lavorando per delle alternative e ci sono già altri soggetti interessati al subentro», ha spiegato l’assessore regionale del Fvg alle Attività produttive, Sergio Emidio Bini, rispondendo in Consiglio regionale.
In Veneto, a Belluno, la crisi della Acc – ora ACC Wanbao – sembra non finire mai. La questione è tornata sul tavolo del Mise, con la proprietà cinese che ha chiesto un mese di tempo per valutare la possibilità di nuovi investimenti o decidere la cessione. E pochi giorni fa è arrivata la sentenza sulla gestione dell’azienda nella precedente gestione, con l’assoluzione di Luca Amedeo Ramella, già ceo del Gruppo Acc e imputato di bancarotta fraudolenta. Una decisione che ha provocato reazioni accese come quella di Maurizio Castro, che di ACC è stato commissario straordinario durante l’amministrazione straordinaria e che ha parlato di «un obbligo, giuridico e morale, ad appellare la sentenza di Pordenone in ogni forma e sede utile». Anche la Regione Veneto valuta l’appello.
Mercatone Uno, La Perla, IIA
Sarà il prossimo 8 ottobre la giornata clou per le due vertenze che più agitano la via Emilia: al tavolo di crisi del Mise si affronteranno sia la vicenda La Perla sia la debacle Mercatone Uno. Per il marchio bolognese di lingerie di lusso che da vent’anni macina perdite rimbalzando di mano in mano, sindacati e Regione Emilia-Romagna hanno firmato una pre-intesa, che sarà portata al Mise il prossimo 8 ottobre, che sterilizza i 126 licenziamenti chiesti da La Perla attraverso l’utilizzo della Cigs per 12 mesi e un piano di incentivi all’esodo. Per Mercatone Uno la situazione è più grave: i 55 negozi restano chiusi e ci sono oltre 1.800 lavoratori coinvolti e 20mila clienti beffati in giro per l’Italia e l’unica speranza è che il secondo round di amministrazione straordinaria racimoli qualcosa dalla vendita degli asset (il bando scade il prossimo 31 ottobre).
Nel frattempo i fornitori della prima amministrazione straordinaria e di Shernon (la newco che rilevò nell’estate 2018 Mercatone, a sua fallita in nove mesi) non riescono ad ottenere un euro – dei 230 milioni di debiti accumulati – dal fondo Serenella del Governo (creato per le imprese vittime di mancati pagamenti con dolo) perché servono i via libera dei tribunali competenti, ma i giudici di Bologna fanno muro e a Milano le carte delle indagini contro Shernon sono ancora secretate. Il giorno dopo, 9 ottobre, sul tavolo di Patuanelli ci sarà anche la vertenza IIA-Industria italiana autobus, perché a quasi cinque anni dalla nascita della newco che ha unito la Irisbus di Avellino e la Bredamenarini di Bologna e a 10 mesi dal salvataggio Invitalia-Leonardo non si trovano investitori privati disposti ad affiancare la Karsan e a iniettare liquidità. C’è un contratto di sviluppo da oltre 30 milioni in ballo a Flumeri che è lettera morta da tre anni e la produzione di bus resta delocalizzata per lo più in Turchia.