Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  ottobre 04 Venerdì calendario

Lo chef Antonello Colonna lascia Roma

Si definisce romano, romanista e romanaccio, eppure, udite udite, Antonello Colonna sta per diventare anche molto milanese. L’anarchico ai fornelli, lo chef stellato che nel Lazio è più celebre di una rockstar, lunedì apre ufficialmente il suo ristorante a due passi da piazza Cordusio nei locali un tempo occupati dal garage di una banca. Se non è una fuga dall’amata Capitale, il suo è comunque un allontanamento volontario, una pausa che l’aristocratico cuoco ha deciso di prendersi dopo essersi accorto che le cose, dalle parti del Campidoglio, non vanno più come dovrebbero. «Troppa confusione», dice a Libero. «Poca cura per la qualità», anche a livello della ristorazione. «Roma ora è distratta», ammette lui con un certo rammarico. L’artista della “trippa mentuccia e pecorino” avrebbe gradito altro trattamento, magari soltanto più rispetto per chi ha contribuito a rendere la città vincente, mentre oggi il degrado è sotto gli occhi di tutti, gli investimenti languono e chi lavora bene è costretto a emigrare al nord. 

I GRANDI DA LUI A TAVOLA Colonna, tu quoque, tradisci Roma per Milano?, si domandono increduli i seguaci della sua cacio e pepe da paura. La ritroveranno all’Open Colonna di via Bassano Porrone a Milano insieme ad altri piatti romanissimi del menu e, ovvio, alle specialità meneghine. «Sì, farò la costoletta». Da Labìco, 38 chilometri a sud di Roma, dove ha ancora il suo quartier generale con un mega resort, Colonna si è mosso e ha conquistato le tavole di mezzo mondo: ha cucinato per i grandi, da New York al Vaticano, dalla regina Elisabetta alla nazionale azzurra di calcio del ’90, restando fedele alle sue origini e alla storia di famiglia, che si perpetua in cucina da cinque generazioni. La porta rossa all’ingresso del ristorante è diventata il marchio di fabbrica, il simbolo del suo locale e di una filosofia gastronomica che ha sedotto i palati più raffinati. Nella Città Eterna Antonello Colonna si è imposto con facilità. Alla fine degli anni ’90 quando Massimo D’Alema s’improvvisava esperto di risotto in tv con Vissani, lo stato maggiore di An assaporava le prelibatezze del locandiere di Labìco, già diventato famoso e menzionato dalla guida Michelin. Le cronache riportano di un venerdì sera un po’ speciale, a Villa Grazioli, dimora cinquecentesca alle porte di Roma. Dopo una giornata di seminari sui regolamenti parlamentari che avrebbe stesso chiunque, Colonna ha preparato raviolini di baccalà con polpa di pomodoro e maggiorana. Gianfranco Fini e Pinuccio Tatarella erano letteralmente in brodo di giuggiole. Come dessert aveva servito una «marchesa al cioccolato» che tanti ancora sognano. Colonna allora era stato ribattezzato “il Vissani della destra” sebbene adesso sorrida per quella definizione. «Alla mia tavola hanno mangiato tutti: sinistra, destra e centro». Trasversale. Nel 2000 lo reclamano come chef della presidenza del Consiglio dei ministri. Nel 2007 ha aperto Open Colonna arrivando così al vertice del Palazzo, inteso come il Palazzo delle Esposizioni, sontuoso edificio bianco che occupa un isolato della centralissima via Nazionale. Il concetto è che sotto c’è il museo, sopra si mangia e si beve di qualità, complice la vista mozzafiato. 

COMUNE ASSENTE Il Palaexpo è una realtà del Comune di Roma e all’amministrazione capitolina, fino a luglio, Colonna ha pagato 16mila euro al mese più Iva di affitto. Ma non è per una mera questione di prezzo se ha deciso di lasciare quella location di pregio per aprire il suo Open Colonna nel capoluogo lombardo. «Se mi offrono la Casina Valadier torno», spiega, «io amo Roma e non scappo, infatti a Termini e all’aeroporto di Fiumicino ci sono i miei bistrot». Però, aggiunge, «Roma è bella ma se vista dall’alto, senza buche né topolini vicino ai cassonetti». Inoltre ci vuole una visione e maggiore considerazione dei romani “eccellenti”, quelli che portano sponsor, e che invece la giunta guidata dalla grillina Virginia Raggi sembra avere ignorato. «Con Rutelli, Veltroni, Alemanno e perfino con Marino era possibile avere un confronto. Sono tutti venuti da me almeno una volta. La sindaca? Mai vista. E neanche l’assessore alla Cultura, per questo, dopo le ferie, ho ritenuto opportuno non rinnovare il contratto di affitto e spostarmi a Milano, dove ho tanti amici e comincerà una nuova sfida». «L’alta moda per me è il mio resort con 60 ettari di parco, a Milano ci sarà il pret à porter con un’ampia offerta per una clientela internazionale. A Roma, purtroppo, abbiamo perso i punti di riferimento», continua lo chef filosofo, «e c’è un livellamento verso il basso dell’offerta gastronomica. Milano è rinata con Expo e oggi rappresenta un’opportunità per chi vuole fare una cucina che riporti alla memoria sapori mai tramontati basati su materie prime di qualità e tanta tecnica». Cosa piace a Colonna di Milano? «Il respiro. Milano è una metropoli anglo-americana, di ampio respiro, e voglio mischiare il suo profumo con quello della mia pasta all’amatriciana».