Il Sole 24 Ore, 3 ottobre 2019
Costruttori di gru a caccia di personale
«Da quattro anni i costruttori dei sistemi di sollevamento e movimentazione hanno ripreso a marciare e soprattutto quando si parla di tecnologie digitali 4.0 e per la sicurezza il nostro “made in Italy” ha ancora voce in capitolo, anche grazie all’approccio di partnership con il cliente: nove macchine su dieci oggi non vengono più vendute bensì noleggiate e gestite dal costruttore durante l’intero ciclo di vita. Chiuderemo il 2019 con 5,6 miliardi di euro di fatturato, in crescita dell’1,6% su base annua, un trend meno vivace rispetto a quello del 2018 (+3,7%), ma la mancata ripresa del settore costruzioni e lo scenario macroeconomico globale non aiutano». A parlare è Pietro Almici, presidente di Aisem, l’associazione di Anima-Confindustria che rappresenta una 70ina di industrie produttrici di gru, carelli, piattaforme aeree, macchine e componentistica di sollevamento e trasporto eccezionale. Da oggi, 3 ottobre, riunite a Piacenza Expo per la settima edizione di Gis, la più grande vetrina specializzata in Europa per questo segmento della meccanica, che tocca trasversalmente tutti i comparti – dal manifatturiero all’edilizia, dalla logistica alla protezione civile – che in Italia dà lavoro diretto a oltre 25mila addetti.
Il dinamismo del settore è palpabile nei 35mila metri quadrati di stand a Piacenza con oltre 420 espositori internazionali (il salone partì dieci anni fa con 70 imprese) e 11mila visitatori professionali attesi. «Siamo una fiera di nicchia – commenta Fabio Potestà, direttore di Mediapoint, la società che organizza Gis – che è riuscita a colmare un vuoto del mercato e a richiamare una clientela diversificata da tutta Europa, anche grazie alla location strategica nel cuore logistico del Paese. A differenza del Bauma di Hannover qui non arriva solo la filiera edilizia, ma tutto il mondo della logistica meccanizzata, dei trasporti, delle acciaierie, della chimica, dell’energia». Tra i “prodotti” esposti a Piacenza ci sono i giganti tecnologici che servono per spostare e sollevare pale eoliche lunghe 70 metri da installare su pali alti 220 metri.
I marchi italiani sono usciti pesantemente ridimensionati dalla crisi del 2008 e oggi tutti i costruttori di grandi macchinari, con rare eccezioni, parlano straniero. Tedesco in particolare, tra il leader indiscusso Liebherr e gli austriaci di Palfinger, ma anche l’olandese di Mammoet. L’Italia è ancora un’eccellenza, però, nel campo dei piccoli equipaggiamenti e della componentistica hi-tech, come testimoniano i padiglioni del Gis, perché sono l’elettronica e i motori ibridi e full electric che stanno disegnando il futuro del settore e dando una scossa al rinnovamento del parco macchinari da parte dei clienti. Basti pensare che lo scorso anno in Italia sono stati venduti oltre 51.500 carelli elevatori, nel 2008 erano appena 24mila. «Siamo un comparto maturo ma strategico per la competitività del sistema produttivo e infrastrutturale del Paese – rimarca Almici – scontiamo però un grave handicap: se già la meccanica non è attrattiva per i giovani, noi nella nicchia dei sistemi di sollevamento e delle gru lo siamo ancora meno. Oggi il primo freno alla nostra crescita è proprio la difficoltà a trovare giovani da assumere, soprattutto nei campi del digitale e dell’elettronica».