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 2019  ottobre 03 Giovedì calendario

La cartolina compie 150 anni

Il primo ottobre le cartoline hanno compiuto 150 anni, anche se sembrano molti di più. In quel giorno del 1869, infatti, le poste austriache inventarono la Correspondenz-Karte, una cartolina postale rettangolare di 8,5 X 12 cm di colore marrone chiaro, con sul lato frontale lo spazio per l’indirizzo, e sul retro quello per un messaggio breve, più o meno delle dimensioni di un messaggio su Whatsapp, e così tacitiamo anche i brontoloni che rimpiangono le lunghe lettere di una volta (probabilmente senza mai averne scritta né ricevuta una): anche un secolo e mezzo fa si sentiva l’esigenza di comunicazioni sintetiche. Nel giro di dieci anni, poi, in Germania la fiorente industria cromolitografica cominciò a produrre le prime cartoline con stampe a colori sul fronte e, nel primo decennio del Novecento, alle stampe si sostituirono le fotografie grazie alla tecnologia di una macchina fotografica, il modello 3A fabbricato dalla Kodak, che poteva produrre negativi delle stesse dimensioni delle cartoline. E come tutte le innovazioni, anche la cartolina illustrata suscitò diffidenze ai suoi tempi: la Royal Mail, cioè le poste britanniche, non facendosi sfuggire l’occasione di esibire il suo tratto conservatore, vietò in un primo tempo il loro utilizzo, e solo nel 1894 ne autorizzò la vendita. 

OGGETTO «VINTAGE» Dunque, con i suoi tanti legami alle tecnologie di stampa e di illustrazione del tempo, la sua capacità di abbreviare le comunicazioni e far risparmiare un mucchio di tempo, la cartolina non è poi quel reperto fossile che si crede – del resto è ancora utilizzata e, diventata un oggetto “vintage” come le penne stilografiche o i francobolli, vive una seconda vita presso i collezionisti e gli appassionati – e in un certo senso si può considerare un’antesignana delle rapide e concise comunicazioni digitali che l’hanno largamente soppiantata. Lasciando da parte le nostalgie lacrimevoli di chi vedeva nella cartolina un modo di comunicare caratteristico di un’umanità ancora capace di gesti affettuosi, come scegliere l’illustrazione, cercare i francobolli, scrivere a mano il messaggio e imbucare la cartolina stessa – tutte azioni che, lo sa bene coloro che hanno avuto il tempo di usare le cartoline, spesso erano piuttosto di routine, per non dire una bella seccatura, il centocinquantenario della cartolina può dare l’occasione di riflettere a tutto un modo di scambiarsi messaggi, informazioni e anche denaro che è irreversibilmente tramontato. 

USI DIMENTICATI È molto probabile, infatti, che per molti ragazzi le parole “vaglia” o anche “telegramma” non significhino niente, anche se possono averle sentite in qualche vecchio film. A loro beneficio ricordiamo che il vaglia è (era) un mezzo di pagamento postale che veniva incontro all’inconveniente, abbastanza fastidioso e probabile almeno fino alla Rivoluzione francese, di rubare i denari inviati in busta. Con il vaglia il denaro non veniva fisicamente spedito, ma il destinatario, presentandosi con la ricevuta del vaglia inviatagli dal mittente all’ufficio postale, incassava la somma. Insomma, qualcosa di molto simile ai trasferimenti digitali di denaro odierni attraverso piattaforme come PayPal. Il telegramma invece gode ormai di qualche residua gloria solo in occasioni festose (nascite, matrimoni) o luttuose (decessi). Ma anche durante l’ultima crisi di governo (occasione festosa o luttuosa? Forse semplicemente insignificante), per la convocazione di deputati e senatori da parte dei presidenti delle Camere si è usato il telegramma, che resta il mezzo ufficiale per contattare i parlamentari. Naturalmente nella prassi il telegramma è preceduto da comunicazioni digitali, ma l’uso di quel vecchio metodo è come un omaggio alla solennità delle procedure istituzionali che inamidava (e talora paralizzava) la prima repubblica. Come sempre di fronte alle innovazioni, è abbastanza ozioso domandarsi se si stava meglio prima o dopo. Che le cartoline, i vaglia, i telegrammi siano anacronistici e che presto ne troveremo traccia solo nei vecchi romanzi non c’è alcun dubbio. E probabilmente già al tempo dei telegrammi, con quei messaggi secchi, laconici, separati da quegli “stop” macchinali, c’era chi si lamentava: «Ma non poteva scrivermi una lettera come faceva Cicerone con Attico?».