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 2019  ottobre 03 Giovedì calendario

Russia, vodka addio

Dopo Stalin, ci hanno provato tutti a combattere la vodka che continua a mietere migliaia di vittime. Krusciov nel 1958, con la risoluzione del Comitato Centrale contro «ubriachezza e alcoolismo». Poi Brezhnev, nel 1972 e Gorbaciov che nel 1985 arrivò a proibire prima delle due del pomeriggio la vendita dell’amata bevanda e anche dei profumi e degli infusi che venivano utilizzati come surrogati. 
Ma un proverbio dice che anche i giganti annegano nella vodka e almeno due dei tre gensek citati (i segretari generali del partito) non avevano proprio una statura eccezionale. Così dopo ogni campagna, come dice l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che ha condotto un articolato studio sulla Russia, il consumo tornava a salire.
Adesso le statistiche sembrano indicare che qualcosa è cambiato. Anzi, che molto è cambiato da quando Medvedev (attuale primo ministro ed ex presidente) e Putin hanno deciso di prendere di petto la questione. In tredici anni, dal 2003 al 2016, il consumo pro capite di alcol è sceso del 43 per cento. I russi berrebbero meno di 12 litri di alcol a testa all’anno, superati addirittura da francesi e tedeschi (noi italiani, secondo le statistiche, siamo sotto gli 8 litri). Non solo meno alcol, ma addirittura un cambio epocale: dalla vodka alla birra e al vino. Secondo il ministero della Sanità di Mosca, nel 2018 i consumi sarebbero arrivati addirittura a 9,7 litri a testa. E solo la metà sarebbe costituita da superalcolici. 
Un popolo diventato improvvisamente virtuoso? In parte sì, visto che il calo nei consumi è stato accompagnato da un aumento significativo dell’aspettativa di vita. Nel 2014, secondo la rivista medica The Lancet, un maschio russo su quattro moriva prima dei 55 anni, soprattutto per l’alcol. Oggi l’aspettativa per gli uomini è di 68 anni e per le donne di 78. 
Tradizionalmente ci si ritrovava in tre, con un rublo a testa, per dividere la classica bottiglia da mezzo litro che costava 2,87 rubli, qualche sottaceto e del pesce salato che servivano a far venire più sete e a nascondere il pessimo sapore di molte bottiglie prodotte in epoca sovietica. Poi, negli anni Novanta, la vodka si trovava a quattro soldi nei chioschi spuntati come funghi su tutte le strade del Paese. Non era più statale ma fatta chissà dove. Veniva usata perfino al posto dell’antigelo nei lavavetri delle auto, invece degli speciali liquidi industriali. Certamente aveva un profumo migliore. 
Chi va a prendere la vodka, anche se la berrete solo voi, e non lui, e lui lo sa in anticipo, è come se sentisse lo stesso una parte del vostro futuro piacere 
Arrivato alla presidenza tra un Putin e l’altro, Dmitrij Medvedev lanciò nel 2011 un primo attacco, facendo rientrare nella classificazione di alcolici anche le bevande con un contenuto inferiore al 10% come birra e vino che prima erano considerate alimentari. L’anno dopo scattò il blocco della pubblicità; più recentemente il divieto di bere per strada. 
Di pari passo è proseguita la lotta al tabacco, altro fattore che contribuisce direttamente all’aumento della mortalità. Le condizioni di vita di gran parte della popolazione sono migliorate e si è sviluppata una classe media che, casomai, tende a bere più vino che vodka. Certamente negli ambienti più «in» la bevanda nazionale è considerata «volgare» e poco trendy. 
Ma sarebbe sbagliato celebrare eccessivamente e molti esperti invitano alla prudenza (vedi intervista a fianco). La crisi economica di questi ultimi anni ha fatto rinascere l’abitudine di produrre in casa bevande alcoliche (e pericolosissime), i cosiddetti samogon. Inoltre, la gente si attacca agli infusi a base alcolica, che costano di meno. Infine molti prodotti arrivano dagli Stati vicini che fanno parte dell’Unione doganale. E tutto questo sfugge a qualsiasi statistica.