Il Mattino, 2 ottobre 2019
Da "L’Italia e le sue storie. 1945-2019" di John Foot (Laterza)
Nel giugno 1984 70.000 persone pagarono mille lire a testa per radunarsi in una grande conca di cemento. Era uno stadio di calcio, ma quel giorno non si giocavano partite: dagli spogliatoi emerse un ometto dai capelli ricci, con la tuta e la sciarpa del Napoli. Ovazioni da tirar giù lo stadio, mentre lui si esibiva in qualche giochetto col pallone di fronte alla folla estasiata. Siamo a Napoli, stadio San Paolo. Il Napoli, fondato nel 1926, non aveva mai vinto un campionato in serie A. A Maradona ci volle un po’ per ingranare con la squadra, ma nel 1987 la portò al primo scudetto. La città esplose, giorni e giorni di celebrazioni, e Maradona assunse prerogative divine. L’orgoglio meridionale aveva la meglio — per una volta — sulle squadre più ricche e immancabilmente vittoriose delle città del Nord. Finché ci fu Maradona il Napoli vinse un secondo scudetto, nel 1990, e parecchi altri trofei.
Nel 1990 l’Italia ospitò la Coppa del mondo, e gli azzurri si trovarono in semifinale con l’Argentina, a Napoli. Fu una partita drammatica, che finì ai rigori. Nell’attesa, Maradona stesso aveva giocato sulla possibilità che la folla napoletana preferisse lui — il suo eroe — alla «patria». Disse a un giornalista: «Trovo di cattivo gusto chiedere ai napoletani di essere italiani per una sera, dopo che per 364 giorni all’anno vengono trattati da terroni». Gli italiani sbagliarono i rigori, e quello decisivo fu tirato da Maradona — che non sbagliò. Alla finale, a Roma, tra Argentina e Germania Ovest, i tifosi fischiarono l’inno nazionale argentino, e la Germania vinse. Maradona era già odiato da molti tifosi, e non tifosi, nel Settentrione, ma dopo il 1990 divenne un uomo segnato.
Dopo la Coppa del mondo, la vita dell’argentino in città divenne difficile. Fu indagato per evasione fiscale, risultò positivo al test per la cocaina, e nel marzo 1991 fuggì dall’Italia. Nel frattempo spuntarono delle foto di lui che se la spassava con pezzi grossi della camorra — in una stava dentro una lussuosa vasca da bagno rossa a forma di conchiglia insieme con due noti boss acconciati «alla Maradona». Dei pentiti dichiararono che il Napoli aveva venduto il campionato del 1988, perdendo quattro delle ultime cinque partite e lasciando lo scudetto al Milan. Nulla di tutto questo fu mai dimostrato in tribunale.
Il fisco cercò di costringere Maradona a saldare il suo presunto debito (34 milioni di euro), ma con scarso successo. Ogni volta che tornava in Italia gli prendevano qualcosa — gli orecchini, il Rolex, o il compenso per la partecipazione a Ballando con le stelle. Le foto e le voci sui rapporti con la camorra, le accuse di evasione fiscale, le vicende delle partite truccate, non bastarono a far diminuire l’amore per Maradona dei tifosi napoletani, né il valore storico dei suoi sette anni in squadra. Ma rivelarono ancora, per l’ennesima volta, l’intima connessione tra sport, società e politica.