il Fatto Quotidiano, 2 ottobre 2019
L’algoritmo Malagò per assegnare i fondi dello sport
Trentatré parametri, oltre 300 indicatori, un complicato algoritmo matematico che nessuno ha mai capito davvero. Ma poi alla fine decideva Giovanni Malagò, grazie a un “tesoretto” discrezionale, con cui aiutare chi ne aveva bisogno, bilanciare gli squilibri, premiare i più meritevoli (o semplicemente i più fedeli, sostengono i detrattori). C’era chi ci guadagnava, come il calcio, o altri presidenti a lui grati; e chi ci rimetteva. Così venivano distribuiti i fondi pubblici allo sport italiano, 145 milioni di euro l’anno per 40 federazioni, vitali per il sistema. E per questo il governo gialloverde l’anno scorso ha deciso di intervenire, togliendo al Coni la cassa per affidarla alla nuova società statale “Sport e Salute”, che dovrà occuparsi dell’assegnazione dal 2020. Come, ancora non si sa.
Quella dei contributi è stata la vera riforma dell’era Malagò, che nel 2014 ha rimesso nel calderone la FederCalcio: così il pallone, che prima riceveva una quota fissa, ha perso decine di milioni in favore degli “sport minori”, su cui il n.1 del Coni ha costruito il suo impero. Nel 2016 una commissione ha elaborato una formula per distribuire i soldi in maniera matematica e meritocratica e evitare polemiche. Non è andata proprio così. Il Fatto Quotidiano è in possesso di una simulazione elaborata dai tecnici che seguono il dossier: con un’applicazione pura dell’algoritmo i risultati sarebbero ben diversi dall’assegnazione 2019. Il dato principale è il regalo alla FederCalcio, salvata dal fallimento: avrebbe preso appena 13,9 milioni invece di 30; Malagò con una mano toglieva al pallone (fu lui ad approvare il taglio) con l’altra restituiva (in parte). Ci sono una ventina di Federazioni che hanno ricevuto più del dovuto, pochi spiccioli o somme importanti: circa mezzo milione a ippica, ghiaccio, judo, baseball, hockey su prato, una grossa differenza per piccole federazioni. Qualcuno però è stato penalizzato, anche pesantemente: mezzo milione in meno al nuoto, uno alla pallacanestro, uno e mezzo al tennis, quasi tre alla pallavolo, sport nazionali che fanno tanto sul territorio (si capisce perché i loro capi siano sul piede di guerra).
L’algoritmo veniva applicato parzialmente (il Coni non ne ha mai fatto mistero). Innanzitutto c’è da togliere la fetta per personale e funzionamento (70 milioni su 220, veri e propri “carrozzoni” su cui sarà difficile intervenire anche in futuro). Ma pure la parte sportiva, che finanzia l’attività e avrebbe dovuto essere divisa con la formula, veniva aggiustata, con correttivi per evitare squilibri e fondo discrezionale.
La simulazione dimostra come dal “tesoretto” derivasse un grande potere per il presidente del Coni, che aveva facoltà di spostare i numeri, aiutare una Federazione piuttosto che l’altra, specie quelle con i bilanci più pericolanti (da qui l’accusa di conflitto di interessi). Mostra anche, però, che senza questo intervento il sistema non avrebbe funzionato, non solo per la Figc: impensabile togliere tutti quei soldi al pallone, principale industria sportiva del Paese. Non sarebbe la sola stortura, visto che con l’applicazione pura verrebbero premiate eccessivamente discipline come bocce, danza o pesca, favorite dall’alto numero di tesserati (che però spesso sono più amatori che veri sportivi).
Adesso la palla passa al governo, ma non bisogna aspettarsi rivoluzioni, solo piccoli aggiustamenti. Pare impossibile, infatti, che Sport e Salute vari una distribuzione meramente matematica (e che le Federazioni penalizzate si vedano restituite tutti i soldi): bisognerebbe riportare fuori dal conto la Figc, un passo indietro; mentre non c’è la volontà di penalizzare ulteriormente il pallone, i contributi derivano dal suo gettito fiscale. Il vecchio algoritmo veniva contestato anche per essere sbilanciato sull’alto livello (80%), ma rivedendo la formula e puntando sull’attività di base c’è il rischio di favorire troppo le discipline-hobby. Allo studio ci sono ancora vari modelli: un’idea è individuare una quota a parte per le iniziative su scuola e sociale, o per le specialità olimpiche. Infine l’ipotesi più conservativa: congelare la distribuzione attuale (o almeno una sua parte), eliminando però il tesoretto discrezionale di Malagò. Per alcuni già questa sarebbe una vittoria.