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 2019  agosto 21 Mercoledì calendario

Intervista a Francesco Mandelli

«A un certo punto si cresce, si cambia…». Francesco Mandelli è stato per diversi anni un «idiota», adesso ha 40 anni, una figlia di 5, ed è tempo di cambiare passo. «Potevo andare avanti e sfruttare l’onda, tanto mi stavano proponendo all’infinito di fare quella cosa lì e basta, fino a che non si spegneva da sola».

Quella cosa lì è «I soliti idioti», un fenomeno prima televisivo e poi cinematografico: 25 milioni di incassi per due film che per la critica erano un insulto al buon gusto. «Ricordo un articolo in cui una giornalista si chiedeva come potessimo piacere a suo figlio. Non ero pronto al gioco al massacro». In ottobre esce il suo secondo film come regista, «Appena un minuto», poi lo vedremo su Sky accanto a Claudio Bisio in «Cops-Una banda di poliziotti» di Luca Miniero che diresse «Benvenuti al Sud» (e il sequel «Benvenuti al Nord»).


Ma riavvolgiamo il filo, cominciamo dall’inizio. «Sono nato a Osnago, un paesino della Brianza, il centro di gravità era l’oratorio e il prete mi scelse per una recita che ha cambiato la mia vita. Avevo 11 anni. Mi piaceva la dimensione del teatro, era un gioco che condividevo con gli amici. Facevo ridere, mi godevo la popolarità che dura un minuto. Suonavo la chitarra, come mio padre che era il medico di base ma la sua passione era fare il muratore. Mamma teneva la contabilità di una azienda, si occupava di numeri. Se dicevo che volevo diventare attore, in paese mi ridevano dietro».


All’ultimo anno di liceo, da casa si ubriacava di Mtv, «la vivevo come una boccata d’aria fresca negli anni del bipolarismo Rai-Mediaset, l’età della pietra rispetto alla tv di oggi». Il provino, e lo presero come vj: «Era il treno su cui volevo salire. Erano tutti bellissimi e dalla parlata stereotipata alle audizioni; io, un estraneo con lo zainetto sulle spalle». Lì conobbe Fabrizio Biggio, l’altra metà dei «Soliti idioti», di sei anni più grande. Ma nell’invenzione della coppia, Fabrizio era il figlio sempliciotto e Francesco, dopo 5 ore di trucco, era il vecchio scorretto che parla come vuole. E quante parolacce volavano. «Io mi posso rimproverare tante cose, ma era la foto del paese: la volgarità, il cinismo, la Chiesa troppo presente, i figli che non vengono ascoltati dai genitori. Un paese bloccato. La mettevamo sul piano comico. Eravamo figli di nessuno, ci ispirò lo sketch di due comici inglesi in chiave satirico-sociale. Volevamo chiamarci “La terra dei cachi”, dalla canzone di Elio e le storie tese, ma un dirigente di Mtv scelse “I soliti idioti”, gli ricordava “I soliti ignoti”, una certa amarezza di Mario Monicelli, e un altro film cult, come “I mostri”».


E poi? «Ci proposero di rifare cento volte la stessa cosa e con Fabrizio, che era un fratello più che un amico, non reggemmo alla pressione. Fu come la fine di una storia d’amore, che non è mai dolce. Prevale la rabbia, il non detto. Ora lui fa “Stracult” sulla Rai. Ogni tanto ci sentiamo».


Quanto fu difficile cambiare strada? «All’inizio dici no e stai a casa. La gente ti ferma per strada: Francesco, quando torni? È il check della realtà. Fortunatamente, nacque mia figlia Giovanna che riequilibrò tutto. Ma ho sempre creduto che potevo fare altro». Ha ricominciato da zero? «Completamente. Devi far finta che non hai fatto nulla prima. I provini, faccio fatica a farli, perché sei sempre quello dei “Soliti idioti”. È giusto così, è la bellezza di un percorso». Venne un monologo teatrale che sembrava scritto su di lui, sul senso di estraneità, e il primo film da regista, sul bullismo: «Incassò spiccioli, ma non ho mai avuto belle critiche come allora».


Adesso «Appena un minuto», che nasce da uno spettacolo teatrale di Max Giusti, che è anche protagonista del film. «È una commedia con un’anima malinconica. La storia di un 50 enne separato, dalla vita complicata, anti-tecnologico, acquista un cellulare da un cinese un po’ mago che riporta le lancette indietro di un minuto, col senno di poi ti dà la possibilità di fare scelte diverse». La seconda possibilità: quella che sta capitando a lui.