Libero, 1 ottobre 2019
Chi studia nelle scuole buone si deprime di più
I problemi della società americana ci riguardano perché, a breve, saranno anche i nostri. È importante allora soffermarsi su uno studio pubblicato questa estate dalle National Academies of Sciences, Engineering and Medicine, che ha analizzato le condizioni di salute fisica e psichica dei ragazzi americani dall’età scolare fino alle soglie dell’ingresso all’università. Il sorprendente risultato è che i bambini e gli adolescenti delle famiglie benestanti che studiano nelle scuole più competitive, quelle che formano la ristretta élite che potrà accedere ai prestigiosi (e costosissimi) college, stanno peggio. Sono più depressi e più ansiosi, e sono considerati non meno “a rischio” dei loro coetanei che provengono da condizioni di povertà, o da famiglie disfunzionali, ad esempio con genitori in carcere o assenti, oppure sono figli di genitori immigrati di recente. La categoria dei ragazzi “a rischio” è esplicitata, dagli studiosi, con una tendenza ad ansia, depressione, uso di sostanze stupefacenti, abuso di alcol e dipendenza. Lo studio non fa che confermare una precedente ricerca che elencava le principali cause di malessere negli adolescenti, citando tra queste la povertà, l’aver subito traumi, la discriminazione ma anche “l’eccessiva pressione a eccellere”, e nell’aver ravvisato spesso tali fattori negativi nelle “comunità prospere”. Può sembrare strano mettere insieme i ragazzini dei ghetti poveri e i figli dei ricchi, eppure entrambi, secondo gli studiosi, sono sottoposti a forti stress che ne minano la serenità e la salute, sebbene per cause diverse. Ma mentre nel caso di condizioni di traumi, povertà, discriminazione è facile individuare la causa del problema, nelle comunità ricche si tende a non voler vedere il malessere, quasi fosse impossibile che possa esserci, e i genitori stessi si rivolgono confusi agli psicologi chiedendo «dove sta il problema?», come ha dichiarato al Washington Post Sunyia Luthar, professoressa di psicologia all’Università dell’Arizona e autrice di uno dei primi studi a indicare la particolare fragilità dei giovani “privilegiati e sottoposti a pressione”.
CARICO TROPPO PESANTE Secondo Luthar, gli studenti delle scuole più esclusive e esigenti sono sottoposti a una pressione continua da più direzioni: da genitori troppo coinvolti che si accontentano solo di voti massimi, da allenatori che vogliono solo vittorie negli sport per accrescere la loro reputazione professionale, dagli amministratori scolastici che sentono la pressione di tenere alto il punteggio nella valutazione dell’istituto, perché da questo punteggio dipende anche il mercato immobiliare della comunità, il cui valore sale o scende con il prestigio della scuola. Insomma, un complesso intreccio di ambizioni, valutazioni e interessi che si rivela inevitabilmente un carico troppo pesante per le fragili spalle dei ragazzi, sia pure provenienti da famiglie solide e agiate. Come se non bastasse, infatti, i liceali americani devono vedersela con un momento in cui l’ingresso ai college è diventato più selettivo che mai (i tassi di accesso stanno toccando un picco minimo) e quindi la pressione a ottenere risultati e a costruire curriculum impeccabili è enorme. La lotta tra gli studenti ad accaparrarsi i pochi posti disponibili per i college migliori (ritenuto passaggio obbligato alla realizzazione di sé e a una carriera remunerativa) è sempre più accanita, una “guerra tra ricchi” e tra primi della classe che lascia i suoi segni sui comportamenti e le condizioni di salute dei ragazzi, divorati dall’ansia per eccellere sempre e comunque, e facili preda di forti depressioni quando invece falliscono e si vedono scavalcati dai compagni.
POSSIBILE ANTIDOTO In un terzo, recente studio su 43mila studenti scelti tra le scuole migliori, tre quarti dei ragazzi delle superiori e circa la metà degli altri hanno riferito di sentirsi “spesso o sempre stressati” per i compiti, e una quota ancora maggiore degli studenti delle ultime classi ha riferito di essere “spesso o sempre preoccupata” circa la loro ammissione al college. Come ribadisce uno degli autori della ricerca, per loro vale «il mito che c’è una sola, stretta strada al successo: essere accettati in un college di pregio». Un possibile antidoto all’infelicità degli studenti ultracompetitivi sta in quella quota di ragazzi che, sulla base di un’educazione meno ossessiva da parte dei genitori, sembra vivere la scuola più serenamente, e che affermano di dare più valore al “carattere” e a comportamenti come l’essere rispettosi, gentili e di aiuto al prossimo, anziché alla “realizzazione” e all’accumulazione di risultati eccellenti.