Libero, 1 ottobre 2019
Scuola, i numeri sugli insegnanti che mancano
Il nuovo Toninelli, inteso come il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, per ora si è messo in luce per aver invitato i presidi a giustificare le assenze degli studenti che venerdì hanno saltato la scuola perché avrebbero aderito al «Global Strike For Future», e poi ha pure parlato, il nuovo Toninelli, della «necessità improrogabile di un cambiamento rapido dei modelli socio-economici imperanti». Dei problemi della scuola dobbiamo dedurre che si occuperà il ministro dell’Ambiente o dell’Economia, visto che anche il Sole 24 Ore ha parlato di «Scuole nel caos» soprattutto perché al Nord è stato nominato solo il 43 per cento dei docenti. Per la precisione: su 66mila nomine da fare ne sono andate a buon fine solo 33mila (che poi sarebbero 32mila se togliamo i posti accantonati e quelli del concorso 2018, che facevano parte del vecchio contingente). Insomma cattedre scoperte, graduatorie sguarnite, altri meccanismi complessi ma perfettamente prevedibili: questo il primo bilancio fallimentare di Lorenzo Fioramonti (ovvio che cerchi di parlare d’altro) che è certo un fallimento in buona parte ereditato, ma che non sembra essere al centro della passione neo ambientalista dell’inquilino di viale Trastevere: anche perché il viceministro era sempre lui.
BUCHI DI ORGANICO In pratica manca una nomina su due, ma certe regioni stanno peggio: Piemonte,Veneto, Sardegna e Lombardia si sono fermate al 43 per cento e per ognuna e ora servirà un supplente; ci sono poi da considerare quasi 10mila pensionamenti che l’Inps non ha ancora fatto in tempo a gestire e poi i 48mila docenti in deroga sul sostegno più altri ancora che farebbero salire il numero dei supplenti a 108mila, ma probabilmente sono di più. Il presidente dell’Associazione presidi ha definito lui stesso il quadro come «disastroso», perché mancano docenti ma anche direttori amministrativi e personale di segreteria: i dirigenti scolastici, insomma, non sono in grado di garantire il servizio, anche perché il sistema di reclutamento è gestito ancora dall’amministrazione centrale» senza che i dirigenti possano intervenire direttamente: ne pagano il prezzo essenzialmente gli studenti, oltreché lo Stato che butta soldi a palate. Viene da chiedersi che cosa sia stato fatto in precedenza. Il governo Conte 2 per ora ha pubblicato un bando da 17mila posti (concorso ordinario per infanzia e primaria) e ora dovrebbe varare un fantomatico decreto sulle emergenze scolastiche, cioè tutte. Il «disegno di legge precari» è stato approvato il 9 agosto scorso dal ministro precedente, Marco Bussetti. Da qui dovrebbe seguire un doppio concorso per medie e superiori (entro inizio 2020) e cioè uno da 24 mila posti riservato ai professori con 3 anni di servizio (l’obiettivo è averli in cattedra già a settembre 2020) e poi un concorso ordinario per altri 24mila. Anche così, comunque, non si capisce come si potrebbe garantire un minimo di continuità didattica e di stabilità dei docenti nelle scuole.
INTERVISTE SURREALI Si capisce ancor meno, e resta un mistero, quella che Il Foglio ha definito la «lisergica intervista» fatta dal Corriere della Sera al neo ministro il 5 settembre scorso, un autentico cult per gli amanti del grillismo. All’inizio Fioramonti diceva di voler alzare di 100 euro al mese lo stipendio degli insegnanti, affinché «la società ne riconosca l’importanza e la centralità». Denaro come incentivo, quindi. Bene. «È necessario dare un riconoscimento agli insegnanti. Penso ad un aumento mensile a tre cifre, cento euro», parole testuali del ministro. Ma per tutti? E se l’aumento dovesse invece essere differenziato sul merito? «Non credo che funzioni», rispondeva il ministro. E perché? «La dedizione di un insegnante non si misura con le ore di lavoro… Non credo che un aumento di stipendio come premio funzioni». Ma come? Ma allora perché vuole aumentargli lo stipendio di cento euro? Il nuovo Toninelli allora fa un esempio bislacco: «Quando si paga chi dona il sangue, diminuisce il numero dei donatori». Quindi? Per motivare gli insegnanti occorre tagliargli lo stipendio, cioè il contrario di quanto ha detto prima? Questo senza contare il discutibile paragone tra chi fa l’insegnante (una professione) e chi dona il sangue (un volontariato). Infine – classico grillino – il ministro Fioramonti-Toninelli sul tema degli insegnanti (ossia il caos) cita e critica politiche del «governo precedente». Dimenticando che nel governo precedente il viceministro dell’Istruzione era lui.