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 2019  ottobre 01 Martedì calendario

Biografia di Sebastian Kurz

Ministro degli Esteri a 27 anni, leader del Partito popolare a 30, cancelliere a 31: Sebastian Kurz è stato, e continua a essere, il ragazzo prodigio della politica non solo austriaca, ma europea. Prese, nel 2017, la guida dei Popolari quando i sondaggi li davano sotto il 20% e dietro l’estrema destra xenofoba ed euro-tiepida di Heinz-Christian Strache e di Norbert Hofer, cui gli austriaci parevano sul punto di consegnare governo e presidenza della Repubblica.
La ventata di rinnovamento suscitata dall’ambizioso e fotogenico Sebastian e il suo dinamismo accelerarono la fine della grande coalizione fra popolari e socialdemocratici e innescarono, nell’autunno, elezioni politiche anticipate.
In pochi mesi, e spostando a destra l’asse del partito, specie sull’immigrazione, il giovane Kurz ripristinò i rapporti di forza tra Popolari e xenofobi, uscì vincitore dal voto e strinse un’alleanza proprio con l’estrema destra, rompendo, vista la crisi dei socialdemocratici, la tradizione austriaca delle coalizioni rosso-nere tra i due maggiori partiti tradizionali; e già che c’era, cambiò il colore dei Popolari, scegliendo un azzurro molto rassicurante. In quasi 18 mesi di governo, il cancelliere Kurz ha gestito un semestre di presidenza del Consiglio dell’Ue, ha progressivamente depotenziato e disinnescato l’estrema-destra e, alla prima occasione, ha rotto la coalizione, accettando che il Paese venisse affidato per sei mesi a un governo tecnico: una magistrata, Brigitte Bierlein, è stata la prima donna cancelliere austriaca. In un testa coda apparentemente contraddittorio, il 26 maggio i popolari di Kurz s’imponevano nelle elezioni europee, con il 34,9% dei voti, l’8% in più che nel 2014, il miglior risultato mai ottenuto da un partito austriaco nelle consultazioni Ue. E il giorno dopo il Parlamento di Vienna sfiduciava Kurz, che, avendo estromesso dal suo governo l’estrema destra, non aveva più la maggioranza: l’enfant prodige diventava il primo cancelliere austriaco dalla fine della Seconda Guerra Mondiale a essere sfiduciato. Ma era un percorso calcolato, verso il voto di domenica scorsa: i Popolari di Kurz ne escono con il 38,4%, quasi 7 punti in più che nel 2017 e meglio che alle europee, mentre i socialdemocratici non arginano la loro emorragia, perdendo un voto su cinque e arrivando poco sopra il 21%; l’estrema destra precipita al 17%, perdendo un voto su tre.
I Verdi, che erano fuori dal Parlamento, ma avevano fornito nel 2017 il presidente della Repubblica, l’europeista Alexander Van der Bellen, salgono al 12,5%, triplicando i voti, e i liberali di sinistra si confermano in crescita, con il 7,4%. A questo punto, Kurz ha l’imbarazzo della scelta: può scegliere fra più coalizioni, a due o multiple, un’opzione che non è nella tradizione austriaca. Unico neo: tra lui e la leader socialdemocratica, Pamela Rendi-Wagner, medico quarantenne, non c’è un buon rapporto.
Sebastian il viennese ha lo charme della sua città: non è un fervente europeista, ma certamente non è un sovranista. Non si è mai messo in contrasto con la Commissione di Bruxelles, né con i leader dei principali Paesi Ue. Ha tenuto aperto il dialogo coi Paesi di Visegrad, ma non s’è mai fatto omologare con quel raggruppamento euro-scettico. Popolare e vicino alla Chiesa cattolica, ma non baciapile, Kurz convive da quando entrambi avevano 18 anni con Susanne Thier, una funzionaria del ministero delle Finanze: la coppia non ha, per ora, intenzione di sposarsi.