il Fatto Quotidiano, 1 ottobre 2019
Biografia di Gelsomina Vono
Di Gelsomina Silvia Vono non si era accorto nessuno. Forse nemmeno lei era a conoscenza dell’esistenza di se stessa. E così continuerà a essere, dopo la fugace sbornia di talk-show con cui la tivù saluta – sul momento – le uscite di deputati e senatori dal M5S. Tratteggiandoli va da sé come epurati, martiri e novelli Solzenicyn. Come no. Ce ne fosse stato uno, tranne forse De Falco, che in sei anni e mezzo di transfughi grillini in Parlamento abbia poi fatto una bella fine. E per “fine” intendiamo, qui, non tanto dimostrare un minimo di struttura politica (non esageriamo), ma anche solo un briciolo di coerenza. Macché. Fate mente locale e individuatemi un “martire” che non si sia rivelato meno che Razzi, tra la pletora sommamente impalpabile dei Mastrangeli e delle Gambaro. E poi De Pin, Pinna, Artini, Orellana, Nugnes. Eccetera. Di Gelsomina Silvia Vono son state straordinarie giusto due cose: la sua voce su Wikipedia, comicamente vuota a suggellare un talento conclamato per l’evanescenza. E poi il suo passaggio a “Italia Viva” (sic). Detto che Renzi ribadisce questo suo talento a raccattare (quasi sempre) il peggio del peggio della “politica”, e in questo senso spiace che non abbia ancora messo sotto contratto Er Canaro, il Poro Schifoso e la buonanima di Jimmy Il Fenomeno, un 5 Stelle che passa a Renzi è come Prisco che risorge e diventa ultrà milanista. I grillini sono per antonomasia post-ideologici e trasversali, nonché pure un po’ disinvolti in termini di alleanze (ieri la Lega, oggi il Pd, domani i venusiani). Renzi è però quanto di più distante esista da loro.
Diceva Guido Crosetto l’altro giorno in tivù che talora i trasformismi son leciti, se il partito di cui si fa parte diventa esso stesso voltagabbana. È una chiave di lettura interessante, che valeva per esempio per il Pd renziano (per molti versi opposto a quello bersaniano del 2013). Solo che il M5S, prima del voto del 4 marzo 2018, aveva detto mille e più volte che – se non avesse raggiunto il 40% da solo – avrebbe bussato alla porta prima del Pd e poi della Lega. Non c’è stato quindi nessun rovesciamento non dichiarato. E poi: se tal Vono non gradiva l’accordo col Pd, perché è passata proprio nel “partito” (va be’) fondato da colui che con Grillo ha più voluto il governo Mazinga in carica? La verità è che c’è chi la politica la fa per passione e chi per altro: basterebbe ammetterlo. Esilaranti anche le dichiarazioni di tal Gelsomina, folgorata sulla via di Rignano come una Meli più timida: “Renzi ha dimostrato coraggio, lungimiranza e determinazione”. Certo. E magari Giampaolo vince la Champions League. Non solo: Renzi proseguirebbe le battaglie storiche dei 5 Stelle. Ehilà, addirittura! Tal Silvia deve avere le idee appena confuse, a meno che si sia iscritta al M5S perché eccitata dal difendere Berlusconi, bombardare la Costituzione con riforme vomitevoli e svilire quel che restava della sinistra col sadismo a caso dei tonni lessi. Siamo davvero a un livello di poraccitudine fuori scala. Si potrebbe però dire, a questo punto, che i 5 Stelle siano dunque le vittime di tal situazione. Al contrario: sono i primi colpevoli. Peraltro recidivi. Finché relegheranno il tema della selezione della classe dirigente a tre click, ovvero a poco più di un sorteggio o di una sciarada, i risultati saranno questi: qualche bel prospetto e un esercito di masserizie senza arte né parte. Il problema, per 5 Stelle, non sta nei tradimenti abietti di questo o quel Carneade: sta nel fatto, che a dieci anni dalla loro nascita, raccattino ancora “politici” di tal risma e levatura.