Libero, 30 settembre 2019
I numeri della dipendenza dal cellulare
Non riesco a contare più le volte in cui siamo andati al letto insieme. Sei l’ultima cosa che tocco prima di addormentarmi e la prima quando mi sveglio. Mi ritrovo a fare qualsiasi cosa insieme a te: week end, vacanze, pranzi con gli amici, passeggiate. All’inizio era persino imbarazzante che volessi accompagnarmi pure in bagno, ma oggi è diventata una cosa naturale. Ci sei sempre. Anche quella volta che mi hai fatto distrarre con un messaggino apparentemente urgente e per poco non finivo sotto un’auto. Il punto è che sento di non poter vivere senza di te. Per questo è così difficile prendere le distanze. A chi parla, a un amante? Ma no, al cellulare. E comunque, questa dovrebbe essere stata la riflessione che ha spinto Catherine Price, giornalista del New York Times e uno dei più importanti guru del nuovo movimento dei digitali infelici, a scrivere “Come disintossicarsi dal tuo cellulare” (Mondadori), diventato un bestseller e la bibbia dei tanti che vogliono staccare la spina per riappropriarsi della propria vita. In un anno il libro della Price è andato a ruba in 26 Paesi e ha portato alla fondazione di un movimento, “Screen Life Balance”, per aiutare i troppo connessi a liberarsi dell’ossessione telefonino, come fosse un partner di una relazione disfunzionale. Negli ultimi anni le ricerche gobali col termine digital detox su Google sono in crescita ininterrotta. E il diritto alla disconnessione durante il proprio tempo libero è una rivendicazione presente sempre più spesso nei contratti di lavoro collettivi, tra gli ultimi quello dei bancari. Secondo il rapporto “Stress negli Usa” dell’Associazione americana psicologi, quasi due terzi degli americani adulti concordano sul fatto che sottoporsi a un digital detox gioverebbe alla loro salute mentale. Eppure solo un quarto di queste persone è riuscita a farlo davvero. E se 5 su 10 non riescono a immaginare la loro vita senza lo smartphone, uno su 10 ammette di controllare il telefono durante il sesso.
I TRUCCHI DELLE APP
Le società che producono questi dispositivi e le app non solo sono consapevoli dei loro effetti sul cervello, ma imbottiscono i loro prodotti di caratteristiche capaci di attivarli, con l’esplicito obiettivo di indurci a dedicare loro la maggior quantità possibile di tempo e attenzione. Per le aziende che gestiscono le piattaforme digitali ha un valore economico enorme. Non a caso molti manager del settore limitano l’esposizione dei loro bambini a queste tecnologie. È la versione Silicon Valley della vecchia massima dello spacciatore: non sballarti mai con la tua merce. Il primo nemico del digital detox è la Fomo (Fear of missing out) ovvero la paura di essere tagliati fuori dal flusso di comunicazione. «Se ci si disconnette si innescano processi mentali del tipo “chissà chi mi ha scritto“», spiega il sociologo Marco Fasoli, ricercatore all’Università di Milano e autore del libro “Il benessere digitale” (Il Mulino). All’inizio, «la soluzione per vincere queste ansie è avvisare i nostri contatti, impostando un messaggio “out of office” sull’e-mail o uno status su WhatsApp o sugli altri social, avvertendo che per un po’ non saremo on line». Il secondo passo è mettere lo smartphone lontano dalla vista. La sola presenza sul tavolo abbassa la qualità della conversazione tra due persone. Il cellulare è ormai un essere animato, uccide la capacità di attenzione; più cresce il carico delle informazioni (sms, e-mail, social, e-commerce) all’interno, più si perde la capacità di distinguere ciò che è importante da ciò che non lo è. La differenza tra tecnologia e schiavitù sta nel fatto che gli schiavi sono pienamente consapevoli di non essere liberi, direbbe il filosofo Nassim Nicholas Taleb. La paura di perdere qualcosa di relativamente fondamentale tiene la rete cerebrale sempre connessa. E la rincorsa al like fa perdere il contatto con la realtà. Un post senza consensi non solo è doloroso in privato, ma rappresenta anche una specie di pubblica condanna. La cosa più bizzarra è che non solo ci importa dei giudizi altrui, ma li cerchiamo sui social postando foto e frasi ad effetto per mostrare che siamo simpatici e piacevoli. Poi però sembra importarci sempre meno dell’impressione che facciamo dal vivo. Il problema ha un nome: phubbing, abbreviazione di phone snubbing, ovvero la tendenza a snobbare le persone presenti, a cena, a una riunione, a una festa, per concentrarsi sul telefonino, una sorta di «cavallo di Troia digitale imbottito di trucchi manipolativi, pensato per spingerci ad abbassare la guardia; e appena lo facciamo si impossessa della nostra attenzione», fa notare la Price. Dobbiamo riassaporare il vero gusto del vivere, sostenere il faccia a faccia. Di solito il nostro sguardo va distrattamente dall’interlocutore allo schermo del nostro gioiellino. Invece quel vis-a-vis è uno dei primi passi per tornare nel mondo reale. I primi esercizi prevedono di lasciare il cellulare in tasca o in borsa in presenza di altri, e una volta a casa chiuderlo in un cassetto o in un’altra stanza. Il programma detox non è immediato, ci vogliono almeno quattro settimane per creare un nuovo rapporto (intelligente) con il cellulare. Secondo studi della Harward Business Review lo controlliamo dalle 150 alle 180 volte al giorno, il 60 per cento in modo involontario.
FIN DAL RISVEGLIO
Cominciate dal mattino: compratevi una sveglia, il compito di interrompere il riposo non affidatelo al cellulare. Prima di accenderlo fate colazione, preparatevi, ottimizzate i tempi invece di perderli per leggere i messaggi ricevuti. Nel tragitto da casa al lavoro guardatevi intorno, non entrate nel vortice degli zombi che si aggirano per la città senza guardar nulla, attraversando piazze e incroci a testa bassa rischiando di essere investiti dalle auto. Durante il giorno usatelo solo per le chiamate, spegnetelo spesso e sempre quando siete in compagnia, nel week end o in vacanza. Cancellate le app di giochi, shopping e social; se non riuscite, eliminate gli allarmi delle notifiche. Ogni ding o vibrazione suscita reazioni nel cervello che ci allontanano da ciò che stiamo facendo. Se proprio ci tenete, Facebook e Instagram attivateli sul pc. Twitter è consentito a piccole dosi ed esclusivamente per chi deve restare collegato alle notizie. Può essere utile impostare una posta vip per ricevere messaggi che provengano dal vostro capo e da pochi altri. E regolare il dispositivo per le chiamate urgenti. Dopo averci rubato tempo e vita, ora tocca a noi sfruttare il cellulare per un nuovo rapporto che conservi sol quello che amiamo. Un rapporto che ci faccia sentire sani, felici. E liberi.