Libero, 30 settembre 2019
In difesa delle merendine
Girelle, crostatine, plumcake, saccottini, brioches alla crema, al cioccolato, alla confettura di ciliegie, albicocche e così via, ce n’è per tutti i gusti. È multivariegato il settore delle merendine, ossia di quei piccoli dolci monoporzione nati negli anni Sessanta, nel periodo del boom economico, a base di pastasfoglia, pandispagna o pastafrolla. Codesti dolciumi si ispirano alle ricette casalinghe tipiche della tradizione italiana e vengono consumati regolarmente non soltanto dai bambini bensì anche da 21 milioni di adulti (pure over 60) della penisola. I ritmi frenetici della società contemporanea rendono difficoltosa se non impossibile la creazione di torte fatte in casa, allora i “fuori pasto” vengono acquistati al supermercato. Si fa prima e qualche volta si fa pure meglio, dato che i prodotti industriali sono sottoposti ad un costante e rigido controllo e l’industria dolciaria è sempre più vigile riguardo la composizione nutrizionale degli alimenti e si avvale della collaborazione di nutrizionisti onde rispondere alle esigenze dei consumatori, a loro volta sempre più attenti a ciò che mangiano. Insomma, le merendine oggi non sono più cibo spazzatura, bensì sono arricchite di fibre, frutta, yogurt, che le rendono uno snack sano che può essere gustato in qualsiasi momento della giornata.
ABITUDINI SCORRETTE
Il peso di una merendina varia tra i 30 ed i 50 grammi, l’apporto energetico tra le 119 e le 180 calorie, che corrisponde al 6-7% del fabbisogno energetico quotidiano di bambini e ragazzi. Va da sé che non si diventa pancioni poiché ogni dì se ne ingurgita una. Inoltre, una porzione contiene 3 grammi di proteine, 20 di carboidrati, 7 di grassi, nonché quantità importanti di ferro, calcio e vitamine B1, B2, A ed E (dati AIDEPI, Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane). Ecco perché questi alimenti non andrebbero considerati nocivi e demonizzati attribuendo loro la responsabilità del progressivo aumento dell’obesità infantile in Italia, le cui cause sono semmai da ricercare in abitudini scorrette, nella sedentarietà, nella mancanza di educazione alimentare, nell’abbandono delle norme fondamentali della nostra dieta mediterranea al fine di adottare a tavola uno stile più veloce e pure molto disordinato, che include piatti saturi di grassi ed esclude legumi, frutta e verdura. Tassare le merendine al fine di educare i fanciulli alla alimentazione salutare debellando così il fenomeno del sovrappeso in tenera età è un’idea sciocca, che ci fa comprendere quanto la classe politica italiana sia scaduta in una preoccupante faciloneria, determinata dall’incompetenza nonché dalla presunzione, tipica degli ignoranti, che chiunque da nulla possa occupare un ministero e offrire le sue soluzioni per il bene collettivo. Si pretende di “abolire la povertà” distribuendo il reddito di cittadinanza proprio come si pretende di sconfiggere l’adipe in eccesso mediante balzelli etici e correttivi. Ignorando un dato di fatto: il bimbo grasso è spesso un bimbo che vive un disagio profondo, che divora bomboloni e pizzette perché si sente solo, inascoltato, poco considerato; o è un piccolo i cui genitori non sono capaci di dire “no”, ponendogli limiti e regole indispensabili per la crescita.
LO STUDIO
In ogni caso, il problema non è la merendina, che non può essere tacciata di essere cagione di una patologia quale l’obesità. Infatti, nel Settentrione, dove questi dolcetti sono più venduti, i dati sul sovrappeso infantile sono meno allarmanti rispetto al Meridione. Una commissione istituita da AIDEPI con il compito di studiare l’evoluzione delle merendine ha evidenziato che negli ultimi dieci anni codesti spuntini si sono ridotti nelle dimensioni, sono stati privati del tutto di grassi idrogenati, non vengono più commercializzati mediante i distributori automatici nelle scuole elementari e medie inferiori, inoltre le ricette sono state bilanciate in funzione delle indicazioni dei pediatri. Pure i consumatori appaiono consapevoli di tali progressi. E ora è la politica, pingue di inettitudine, a cercare di dare forza al pregiudizio che la merendina renda ciccioni. Il tutto per fare cassa.