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 2019  settembre 30 Lunedì calendario

I prezzi degli affitti per gli studenti

Per aiutarvi a capire se un palazzo del XIX secolo con piscina sul tetto e vista mozzafiato sulla cupola del Duomo di Firenze è davvero il posto giusto per trascorrere gli anni dell’università, la gentilissima Eleonora snocciola gli eventi ideati «per rendersi conto di cosa significa abitare nello Student Hotel»: un pizza party, una lezione da dj o una di cucina. 
Tenuta non da uno chef qualsiasi, ma «di prestigio» come sottolinea con leggero accento toscano spezzato dagli irrinunciabili inglesismi: la «community» è inclusiva e internazionale, gli spazi sono co-working e co-living e l’atmosfera è «chilling out». Rilassante. Basta pagare, e pagare bene: tra i 700 e 1000 euro al mese per la stanza. Se si desidera anche il vitto, se ne aggiungono altri 200 e si può scegliere tra la formula «hungry» e «super hungry». Affamato o super affamato. Per levarsi il pensiero degli spicci per la colazione, con 2.380 euro si è a posto tutto l’anno. Benvenuti nel primo studentato di lusso inaugurato in Italia da Charlie MacGregor, amministratore delegato e fondatore del colosso olandese «The student hotel» e ambasciatore di un modello ibrido di ospitalità: d’estate le stanze accolgono i turisti, il resto dell’anno sono - in gran parte - a disposizione degli studenti. I più danarosi, ovvio. 
Lo scorso anno, all’inaugurazione della residenza fiorentina, MacGregor annunciò l’imminente apertura di altre due strutture a Firenze e una terza a Bologna. «Roma è complicata - precisò -, ma sono sorpreso dall’accelerazione degli ultimi tempi». E poi? Torino, Venezia, Milano e pure Napoli. Ma quando sugli ex uffici della Telecom di via Fioravanti, acquistati a Bologna dal gruppo olandese, è comparsa la gigantesca scritta «Everybody should like everybody», «A tutti dovrebbero piacere tutti», gli studenti non hanno mostrato grande apprezzamento per il cosmopolita messaggio di pace. Anzi. Hanno iniziato a protestare, bollando l’idea di inaugurare un’altra residenza di lusso come uno «schiaffo in faccia alla popolazione universitaria e non solo». A Bologna, come in tutte le altre grandi città universitarie italiane, il tema degli alloggi è scottante: i prezzi degli affitti privati si impennano e i posti nelle residenze universitarie scarseggiano. A Bologna il costo medio per una singola è 350 euro al mese, dietro solo a Milano (575 euro) e Roma (400 euro). Prezzi in costante salita, come riporta il sito SoloAffitti: nelle città universitarie la media è un più 6%. Nonostante la richiesta che non manca, il numero degli appartamenti disponibili è diminuito: come spiega una ricerca dell’istituto Cattaneo, negli ultimi due anni gli annunci su Airbnb sono raddoppiati. 
Stanze a prezzi gonfiati 
Sono in cantiere altri quattro studentati privati, oltre a The Student Hotel: Stonehill, costruito da una ditta di Londra, e tre strutture di Camplus, uno dei principali gestori italiani di residenze universitarie. «Tutti vogliono investire nelle residenze universitarie - commenta Maurizio Carvelli, fondatore e amministratore delegato della rete nata proprio a Bologna, poi approdata in Francia e Spagna -. Ma consiglio cautela: anche se la richiesta c’è, i numeri degli universitari, soprattutto senza investimenti pubblici negli atenei, non sono destinati a salire di molto. Si può registrare un aumento soprattutto tra gli stranieri, ma non tra gli italiani». 
Anche le residenze Camplus sono ibride, con camere che stanno tra i 300 e i 600 euro al mese, senza contare i servizi extra come vitto e lavanderia. Alloggiare in uno studentato privato è senza dubbio più agevole che impazzire tra stanze dai prezzi gonfiati e proprietari di casa senza troppi scrupoli, ma non è per tutti. Per chi se lo può permettere, è una pacchia. E chi invece avrebbe il diritto ad avere un posto letto? Chi ha una borsa di studio partecipa a una sorta di opaca e acciaccata lotteria: di tre studenti che dovrebbero poter frequentare l’università senza sborsare centinaia di euro al mese, due sono «idonei non beneficiari». È una formula tutta italiana per dare un nome a qualche cosa che ti spetterebbe, ma non ce ne sono abbastanza per tutti e allora resti senza. Non c’è nemmeno il premio di consolazione: chi resta fuori dalle graduatorie delle residenze scolastiche non riceve un contributo per l’affitto. Quasi il 70% degli studenti universitari italiani vive in casa con i genitori, appena il 3% negli studentati. 
È una delle percentuali più basse d’Europa. Non è tanto una questione di scelte, ma di numeri. I posti letto a disposizione - e la stima è per eccesso, perché non tutti sono assegnati esclusivamente agli studenti - sono 41.788. Nonostante negli ultimi vent’anni ci sia stata una crescita che sfiora il 40%, in Francia sono il quadruplo e in Germania il quintuplo. Nel biennio 2017/2018, 39.338 studenti hanno beneficiato di un posto letto a tariffa agevolata su circa 400 mila studenti furori sede. «La situazione degli affitti a Bologna ormai è tragica. Lo Student Hotel è una mortificazione sia per gli studenti che cercano casa, sia per le decine di famiglie in difficoltà che vivevano in quel palazzo prima di essere sgomberate- racconta Cristina Specchi, coordinatrice per l’Emilia Romagna dell’associazione studentesca Link -. Almeno per gli universitari bisognerebbe applicare i canoni calmierati, ma nessuno li rispetta. Intanto il centro si svuota: i proprietari guadagnano meglio mettendo gli appartamenti su Airbnb. In tanti ci scrivono, chiedono consigli. Qualcuno è costretto a rinunciare all’università». 
La residenzialità pubblica 
«La soluzione al problema degli alloggi non deve essere quella delle strutture dei privati, ma la residenzialità pubblica. A Roma gli studenti fuori sede sono 100mila. I posti disponibili con le borse di studio sono 2.050, ma gli universitari che ne avrebbero diritto sono 3.600. Quella degli idonei non beneficiari è una grave ingiustizia. Altro che diritto allo studio - commenta Francesco Pellas -. Se non viene assegnata la stanza, non c’è nemmeno un contributo. Per il nuovo anno scolastico il bando non è ancora uscito. Le associazioni universitarie denunciano da anni lo scandalo degli alloggi inutilizzati: studentati abbandonati, inaugurati e poi lasciati marcire». La residenza universitaria Boccone del Povero, per esempio, è chiusa da quasi dieci anni. A Tor Vergata ci sarebbero 80 camere, negli anni teatro di occupazioni e presidi di protesta. Quando nel 2018 sono iniziati i lavori di ristrutturazione, sono stati subito bloccati per le misure antisismiche. Così la data di consegna slitta di mese in mese. «Non c’è nessuna programmazione a lungo termine, l’emergenza si è cristallizzata. Nelle nostre città ci sono centinaia di migliaia di posti disponibili da recuperare, per gli studenti come per chi aspetta una casa popolare. Tante promesse, tanti impegni, ma non si è mai visto niente - continua Pellas -. A marzo c’è stato un tavolo comunale per rivedere gli accordi sul canone calmierato. L’accordo c’è, i prezzi dovrebbero stare tra i 300 e i 350 euro a stanza, con alcune accortezze come il wi-fi obbligatorio. Pagato dai ragazzi, ma lo devono mettere a disposizione dai proprietari. Il problema è che i locatari continuano a fare quel che vogliono, e tra gli studenti c’è troppa poca consapevolezza dei propri diritti. Anche questo fa parte della nostra battaglia». «Il problema è semplice: per la popolazione universitaria dei borsisti fuori sede, i posti letto non sono abbastanza. Con la legge 338 del 2000 si disciplina il coofinanziamento per la ristrutturazione e la realizzazione di strutture universitarie, oltre agli interventi di manutenzione straordinaria - spiega Federica Laudisa, ricercatrice dell’Osservatorio per l’università e il diritto allo studio -. Ma nonostante le regolari pubblicazioni dei bandi, non esiste un report che tenga conto di quanti posti vengono aggiunti. C’è un approccio legislativo su come funziona il finanziamento, ma finisce lì. Non c’è nemmeno un resoconto degli anni passati».
Il record di richieste Erasmus
Ci sono i decreti che stanziano i fondi, ma nessuno si occupa di valutarne l’esito. Il contributo richiesto per l’alloggio cambia da regione a regione, va dai 1.500 ai 2.500 euro. Qualcuno fa pagare un importo mensile, altri invece lo detraggono dal totale della borsa. «Nel 2001 venne stabilito un tetto fisso, a 1.600 euro. Da allora non è più stato aggiornato, così ogni ente universitario ha deciso da sé. Un altro problema sistematico sono i tempi della pubblicazione dei bandi, che avviene tra fine settembre e metà ottobre. Troppo tardi per chi ha l’obbligo di frequenza. Sette studenti su dieci vivono a casa con i genitori. Dopo Malta, è la percentuale più alta in Europa. Sono stati ribattezzati "mammoni" un po’ troppo in fretta. «La realtà è che hanno pochissime possibilità di mantenersi da soli fuori casa - dice Laudisa -. Siamo anche il paese con il più alto numero di studenti che scelgono il programma Erasmus e si trasferiscono all’estero. Quando gli si dà un’alternativa, i nostri ragazzi la sanno sfruttare».