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 2019  settembre 30 Lunedì calendario

Il dibattito tra Sgarbi e Depardieu

«L’Islam? Mi piace. Ma non mi piace la politica dell’Islam, e comunque tutto è cominciato dalle nostre crociate. Macron? Non mi va troppo a genio, e neanche sua moglie: sono molto sicuri, ma non so di cosa. Trump? È un maialino. La politica di Putin? Ma lui non fa politica, non entra nella burocrazia, lui fa relazioni. Berlusconi? Un personaggio rispettabile, anche se molti dicono tante cose contro di lui, ma forse dopo lo si rivaluterà. E poi è amico di Putin, che è amico mio. Il Me-Too? Il sesso può dare alla testa, con Strauss-Khan è successo. Però bisogna stare molto attenti alle denunce: una aveva accusato anche me, ma era stata lei a cercarmi. Comunque io non ho mai abusato. Neanche da ubriaco: anzi io da ubriaco divento romanticissimo».
Eccolo Gérard Depardieu, prendere o lasciare. L’interprete di capolavori entrati nella storia del cinema, il francese preferito da Ferreri a Truffaut, da Bertolucci a Blier e Rappenau, il politicamente più scorretto di Francia e ora naturalizzato russo, è una di quelle personalità che non si contiene, non si scusa, non si discute. Anche per questo è l’ospite ideale per Vittorio Sgarbi e la sua ennesima impresa, che si è aperta ieri sera in una piccola sala gremita. È il primo Festival dell’Essere. Chi siamo, dove andiamo, voluto dal critico d’arte, politico e scrittore: una kermesse di filosofia itinerante che ha preso il via (con la collaborazione di Scabec e Regione Campania) non a caso dalla Fondazione Alario di Ascea, tra gli ulivi del Cilento. Che poi è l’antica Elea, oggi gli Scavi di Velia, la patria di Parmenide, pensatore e medico del Quinto secolo avanti Cristo che fu il fondatore dell’ontologia, cioè del problema dell’Essere. «Erano tre anni che ci pensavo, ma poi l’abbiamo organizzato in dieci giorni”, dice il neodirettore dal palco. E in effetti si vede. Ma al pubblico piace. E andrà avanti le prossime tre domeniche a Paestum, Padula e Salerno (festivaldellessere.net)
Come sempre, con Sgarbi sul palco, (affiancato da Greta Mauro), succede che la scaletta non conta, la regia non c’è, la materia mischia continuamente l’altissimo e il trash. La parola viva di grandi pensatori e le confidenze con Ornella Muti, la cultura del cibo e i prevedibilissimi giochi di parole sulla “gnocca” o sui radicalismi dei vegani con Gianfranco Vissani: «E basta con ’sto latte di soia tutte le mattine. Lo sapete che in Madagascar stanno levando gli alberi e mettendo solo piantagioni di soia?».
Anche alcuni passi del dialogo con la Muti sono molto al di là dell’ontologia, sull’avere e dare di Sgarbi, più che sull’essere di Ornella. Con lui che ne loda l’autonomia e la libertà di ragazza antiradical e non convenzionale. «Tu prima di tutte, nel 1974, decidesti di tenerti da sola quella gravidanza ma poi non hai costretto il tuo compagno alla paternità, non lo hai portato in tribunale, non hai imposto a quell’uomo quote di paternità, non lo hai usato come bancomat com’è successo a me con i miei figli, uno lo mantengo ancora a cinquant’anni». Lei: «Veramente Vitto’ era lui che non s’è voluto carica’ le quote». Poi lei deve andar via, peccato che con Depardieu non si incontrino. Gérard guarda i filmati di loro due diretti da Ferreri, ragazzi esili e bellissimi: «Ah sì, queste sono le scene de L’ultima donna, quella in cui mi taglio il c... che paura... pensavo di restare così». Depardieu torna dolce quando parla dell’Italia. «Sono stato amico di Mastroianni, meraviglioso, amavo Fellini e Umberto Eco. Un legame bello c’è l’ho con Napoli: per me il vostro Paese comincia lì, facevo lunghe corse in moto verso i Quartieri Spagnoli, ho lavorato col grande Muti, con Sophia Loren. Ma io non amo la nostalgia, non dico che eravamo migliori. Però certo è dura vivere in una società come questa, l’arte non c’è, le serie tv stanno soppiantando il cinema e hanno rotto le p... molte attrici sopratutto in America sono vestite come nei porno». E poi: «Non voglio vedere la gente che muore in mare. Siamo tutti migranti! Ora lo Sono anche io».
Sgarbi riporta tutto a Parmenide, la conoscenza di sé: «Lui ha capito quello che l’uomo deve capire di sé. Sì può essere attori, cuochi, falegnami, purché si sia. Il tema è che molti viventi non sono, mentre il pensiero di tanti che sono morti ci è vicino, vive. L’umanità spesso non sceglie ma viene scelta, è il nodo del nostro tempo. Ma noi dobbiamo resistere e per resistere dobbiamo conoscere. Più conosciamo più siamo. Per questo l’uomo ha bisogno anche di Dio e quel bisogno è più forte dell’esistenza di Dio».
Poi, prima del finale, a tarda sera, lasciato il palco al filosofo Marcello Veneziani - «Parmenide ci osserva e ci accompagna» - il direttore del festival provoca: «Ma perché Leopardi secondo voi è morto? E perché Di Maio (che ha stracciato Sgarbi alle politiche nel collegio di Pomigliano nel 2018, ndr) secondo voi è vivo?». Alla fine, filosofia o no, sempre Sgarbi resta.