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 2019  settembre 30 Lunedì calendario

L’impiegata Quota 135

Estate 1959, Antonio Segni è il quarto presidente della Repubblica e, qualche mese più tardi, Salvatore Quasimodo si aggiudicherà il premio nobel per la Letteratura. Anna Rosa Pavan è una ragazzina di 14 anni fresca di avviamento professionale. «Un giorno arriva la bidella della scuola a casa mia, parla con mia madre, le dice che l’agenzia delle Assicurazioni Generali cerca personale. È così che ho cominciato a lavorare», racconta divertita Rosa, che venerdì scorso ha compiuto 75 anni e che domani, 1 ottobre, taglia il traguardo dei 60 anni di assunzione, quindi anche di contributi versati. Gli scivoli, per lei, sono solo quelli del parco giochi. E “quota cento” sono i punti collezionati con la spesa settimanale. Alla pensione proprio non ci pensa, lei che è ormai a quota 135. Sessant’anni dopo la sua ultima estate da bambina, Rosa sta ancora seduta alla sua scrivania delle Generali di piazza Indipendenza a Treviso. Con un diploma di scuola elementare dirige dodici persone ed è lo snodo dell’attività di venti agenti.
Alla sua età non è arrivato il momento di andare in pensione?
«Io lavoro con la gioia e l’entusiasmo del primo giorno. Tutti mi stimano. I titolari mi hanno detto che posso rimanere finché voglio. Li ho presi in parola».
Qual è il suo compito in ufficio?
«Sono responsabile amministrativa, tengo la contabilità, organizzo il lavoro delle ragazze. In tutti questi anni me ne sono passate sotto ottanta. Cerco di insegnare loro tutti i miei segreti: più sono brave, più facile è anche per me».
Cosa ricorda dell’estate della sua assunzione?
«Ricordo quella bidella davanti al cancello di casa. Disse che servivano impiegate. Mia madre rispose che aveva due gemelle ma propose me quando le spiegarono il tipo di lavoro».
Fece un colloquio?
«Il titolare mi guardò e mi fece notare che ero bassina. Mi chiese di prendere alcuni fascicoli dall’armadio, in uno scompartimento alto. Io mi alzai sulle punte, riuscii a prenderli. Disse a mia madre: “Si può fermare per il pomeriggio?”. Che soddisfazione».
Qual è il suo orario di lavoro?
«Comincio alle 7.55 e me ne vado alle 20, con qualche piccola pausa».
È sposata? Ha figli?
«No, ci ho pensato a un certo punto ma mi sono resa conto che avrei finito per non fare bene né a lavoro, né in famiglia. Così ho scelto il lavoro».
Si può sapere quanto prende al mese di stipendio?
«Preferisco non dirlo (ride). Le dico soltanto che se avessi scelto di andare in pensione con 35 anni di contributi avrei avuto una pensione di circa 1.500 euro al mese. Troppo poco, io sono da sola».
Lei è stata insignita anche del riconoscimento di Maestro del Lavoro. Qual è stata la sfida più grande in tutti questi anni?
«Il passaggio al digitale. Ho dovuto frequentare un corso serale di inglese, per imparare a usare il computer».
Cosa insegna alle ragazze che deve istruire?
«La mia prima regola sul lavoro è un vecchio proverbio: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Il resto è pazienza, curiosità, amore, voglia di aggiornarsi».
Queste caratteristiche le vede nei giovani?
«Non tanto, chiedono subito quanto si prende. A proposito, vi ho detto che il mio primo stipendio è stato 8 mila lire?».
Ma alla pensione proprio non ci pensa?
«Devo andare all’Inps a fare un po’ di conteggi, forse a fine anno. Al momento non è tra le mie priorità. Il 10 ottobre prossimo c’è la festa con i vertici della compagnia. Ci sarò anche stavolta».