il Fatto Quotidiano, 28 settembre 2019
Il debutto di Mistero Buffo
ilenzio surreale negli atrii, nei corridoi, nelle aule, nei chiostri dell’Università Statale, deserta come dopo una guerra nucleare. Solo l’aula magna è gremita all’inverosimile e fumosa, perché le sigarette sono ancora ammesse negli spazi pubblici. Migliaia di ragazzi occupano ogni poltroncina e, seduti a terra, ogni millimetro della grande sala. Alcuni sono saliti anche sul palco, dove di solito sta il gruppo del Movimento Studentesco incaricato di guidare le assemblee. Al centro della scena, illuminato da un faretto, questa volta c’è un uomo solo, alto, allampanato, pantaloni neri, maglietta nera. Quando comincia a parlare si fa silenzio. Per oltre due ore, parla una lingua mai udita e racconta storie mai narrate. Vicende lontane, buffonerie medioevali, storie di contadini e di santi, di potenti spietati e ribelli irridenti, di preti untuosi e poveracci pieni di dignità, di ubriachi che si sostituiscono agli arcangeli e di papi usi a far inchiodar per la lingua, alle porte delle città, i frati poveri che predicano contro i signori. Il pubblico in jeans e minigonne è subito incantato, ascolta, ride, s’indigna, ride ancora, applaude. IL MEDIOEVO lontanissimo in cui si dipanano quelle favole esilaranti e tremende sembra proprio il presente vicinissimo. Era il 30 maggio 1969. L’uomo che sul palco saltava e raccontava, sussurrava e urlava, piangeva e rideva, entrando e uscendo da mille personaggi, era Dario Fo. Quella rappresentazione era la prima assoluta di Mistero buffo. Una “giulla – rata popolare”. La recita l’attore che sette anni prima, nel 1962, era stato cacciato dalla tv di Stato dove insieme a Franca Rame conduceva Canzonis – sima. Usciti dalla televisione, Dario e Franca entrano nelle fabbriche, nelle università, nelle case del popolo, preferiscono le piazze ai teatri, vogliono far ridere e pensare e indignare “il popolo” e non “i borghesi”. Usano una lingua inventata, il grammelot, in cui s’incrociano dialetti padani, echi di linguaggi antichi, scherzi e onomatopee. Riscrivono storie che dicono di aver trovato in testi storici e vangeli apocrifi, citano fonti colte e autori antichi. Una felice impostura per presentare la gioiosa, assoluta contemporaneità politica del teatro di Dario Fo, alle prese non con il Medioevo, ma con il presente della storia italiana che stava vivendo il suo ’68 studentesco, il suo ’69 operaio. Sono passati 50 anni. Il debutto in teatro di Mistero buffo fu poi il 1 ottobre 1969 all’Ariston di Sestri Levante, ma quella “prima” clamorosa alla Statale di Milano resta il sigillo di un testo così anticonvenzionale ed eversivo da non poter avere la sua partenza sul palcoscenico di un normale teatro italiano. Se lo ricorda, quel debutto, chi fu, quasi suo malgrado, l’in – formale organizzatore della serata. Ezio Rovida, allora studente di Lettere alla Statale, era stato indicato dall’Assemblea generale – allora supremo organo deliberante del Movimento Studentesco che funzionava per democrazia diretta – come responsabile dell’Interfacoltà e del finanziamento. “Sì, avevo ereditato 10 mila lire in monetine dal mio predecessore, Michelangelo Spada. La serata con Fo fu la nostra prima iniziativa culturale in aula magna. Intensissima, affollatissima, applauditissima. L’effetto del monologo di Dario fu dirompente. Il linguaggio del Mi – stero buffo era un’assoluta novità, l’interpretazione scoppiettante e la gestualità di Fo furono per noi una scoperta assoluta. All’ingresso organizzammo una raccolta fondi a offerta libera per il Movimento che fruttò circa 200 mila lire in monete da cento e da cinquanta, poi utilizzate per produrre volantini e striscioni”. FU UN MOMENTOdi cultura e di grandi risate, ma in un clima di grande tensione politica. Lo ricorda Giuseppe Liverani, allora studente di Scienze politiche, che con Mario Capanna, Salvatore Toscano e Luca Cafiero era uno dei leader del Movimento della Statale. “La tensione era alta. Le mobilitazioni continue. L’11 marzo 1969 avevamo contestato in aula il professor Pietro Trimarchi: fu fatto passare per ‘sequestro’. I fascisti provocavano con spedizioni e bombe molotov contro la Statale e l’Hotel Commercio di piazza Fontana, occupato dal Movimento Studentesco e dagli anarchici. Il 25 aprile erano scoppiate bombe alla Fiera e alla Stazione Centrale: accusati gli anarchici, erano invece i primi attentati terroristici del gruppo nero di Franco Freda e Giovanni Ventura. Noi, per tutta, risposta abbiamo occupato l’aula magna per farci entrare la cultura”. Primi invitati, Dario Fo e Franca Rame. “Quel 30 maggio 1969 la situazione era surreale”, racconta Liverani. “Migliaia di studenti in aula magna, il resto dell’università deserta. Solo le squadre del servizio d’ordine presidiavano gli ingressi e il chiostro del Filarete, pronte a difendere l’ateneo e a sventare possibili provocazioni dei fascisti. Io ricordo ben poco dello spettacolo, sentivo da fuori la voce tonante di Dario, le risate degli studenti, gli applausi del pubblico. Che sospiro di sollievo, quando lo spettacolo finì, e Franca e Dario se ne andarono raggianti: si era conclusa bene una delle giornate più significative del lungo Sessantotto milanese”. Di lì a pochi giorni, il 9 giugno, Liverani fu arrestato, insieme a Capanna, Toscano e altri studenti, per il caso T occa a lui, ora che Dario e Franca non ci sono più. Mario Pirovano reciterà il Mi s t er o buffo, 50 anni dopo la prima. Nello stesso teatro, l’Ariston di Sestri Levante, dove Fo debuttò con la sua giullarata il 1° ottobre 1969. Poi Pirovano la porterà al Piccolo Teatro Grassi, dall’8 al 20 ottobre. Il 21 sarà sul palco della Sala Umberto di Roma. E infine Canada, Israele, Bielorussia... “E pensare che io non sapevo neppure che cosa fosse il teatro”, racconta. La sua è una storia da giullarata moderna. “Erano i primi anni Ottanta. Io, nato a Pregnana Milanese –un paese che si chiama Pregnana perché ci facevano la monta per rendere pregne le vacche – vivevo a Londra, dove vendevo voli charter tra l’Italia e l’Inghilterra. I miei miti erano gli Animals, i Beatles, i Rolling Stones. Amavo la chitarra elettrica, al teatro proprio non pensavo”. DARIO FO arriva a Londra, per portare in scena il suo Mistero buffo. “Con un amico vado a trovarlo prima dello spettacolo, per onorare la sua figura politica, il suo essere un punto di riferimento per il Movimento. Lui ci accoglie, chiacchiera con noi. Poi ci dà appuntamento a dopo lo spettacolo. Ma io non avevo nessuna voglia di andare a vederlo. Consideravo noioso il teatro e non avevo neppure il biglietto. Mi sono sentito obbligato a restare. Mi sono seduto in platea. Ho riso per due ore. E ridevano anche gli inglesi, che evidentemente capivano il grammelot di Dario. Poi Franca Rame mi ha proposto di andare a lavorare con loro. Detto, fatto: per 15 anni sono stato con Dario e Franca, vivevo a casa loro”. Trimarchi. Seguirono manifestazioni di protesta, mentre si preparava l’“autunno caldo” degli operai impegnati nel rinnovo dei contratti e nella richiesta di democrazia in fabbrica. INDIMENTICABILIquegli anni. Il 15 agosto 1969 la radio e la tv (allora era solo Rai) censura la canzone di Jane Birkin e Serge Gainsbourg, Je t’aime, moi non plus. Il 15 ottobre, 36 milioni di americani sfilano nelle principali città degli Stati Uniti contro l’inter – vento in Vietnam. Il 19 novembre, durante una manifestazione di operai e studenti caricata dalla polizia, muore a Milano l’agente Antonio Annarumma. “Il 12 dicembre – conclude Liverani –arriva la risposta violenta al ’68 studentesco e al ’69 operaio: scoppia la bomba in piazza Fontana; viene arrestato l’anarchico Pietro Valpreda; cade da una finestra della questura l’anarchico Pino Pinelli”. Sui muri di Milano compaiono scritte che dicono: “Valpreda è innocente, la strage è di Stato”. Ma anche altre che piacevano molto a Dario Fo: “Una risata vi seppellirà”.