La Stampa, 28 settembre 2019
La lotta tra le tribù in Afghanistan
KABUL
Il giorno del voto è arrivato per l’Afghanistan, chiamato a scegliere oggi il proprio capo di Stato nelle quarte elezioni presidenziali dalla caduta del regime talebano nel 2001. Diciassette in tutto i candidati tra cui i due front-runner: il presidente in carica Ashraf Ghani e il principale sfidante Abdullah Abdullah, rappresentanti, in qualche modo, di due delle anime etniche principali del Paese, tagika il primo, pashtun il secondo. Si ripropone la sfida del 2014 quando per superare i dissidi successivi agli scrutini da cui Ghani uscì vincitore si creò per lo sconfitto la carica ad hoc di Ceo.
Tra gli altri candidati c’è Amrullah Saleh, ex capo dell’intelligence, scampato ad un attentato condotto contro il suo ufficio il primo giorno di campagna elettorale. A correre è Rahmatullah Nabil, anche lui uomo dei servizi e aspro critico dell’attuale governo, e il vecchio Gulbuddin Hekmatyar, spietato jihadista nella lotta di resistenza contro i sovietici e signore della guerra, oggi entrato nella scena politico.
Il partito del non-voto
Ai 17 in lizza si aggiunge un 18 esimo candidato, il partito del “non voto”, a cui aderiscono oltre ai talebani anche alcune anime di orientamento opposto come antiche formazioni mujaheddin. «L’incertezza è totale, tutti si chiedono quale sarà l’affluenza oltre al risultato, la credibilità delle elezioni deve essere interpretata con la lente afghana», spiegano osservatori diplomatici. Su nove milioni di elettori registrati (la popolazione complessiva è di 33 milioni circa), «se votassero 3-4 milioni sarebbe un buon risultato, sui 2 milioni inizierebbe ad essere un problema in termini di rappresentatività». In realtà si parla di un’affluenza attesa di circa 1,5 milioni. Sull’esito finale (è previsto un ballottaggio il 23 novembre in caso di mancato raggiungimento del 50%), si ritiene che Abdullah abbia più chance di cinque anni fa, sebbene incombano incognite come il fatto che la complessa macchina elettorale abbia ordinato di stampare undici milioni di schede rispetto ai nove milioni di elettori registrati. f.sem.