la Repubblica, 28 settembre 2019
Intervista a Vanessa Scalera
Non si sa cosa abbiano pensato le magistrate, vedendo “la collega” che avanza imperiosa tra i sassi di Matera in top maculato, zoccoli e il borsone di paillettes; quello che hanno pensato gli spettatori si sa, visti i tweet: “Ogni volta che Imma si veste, muore uno stilista”. La nuova eroina della fiction di Rai 1 Imma Tataranni – Sostituto procuratore di Francesco Amato dai libri di Mariolina Venezia (domani la seconda puntata dopo il boom dell’esordio, con oltre 5 milioni di spettatori) è una rossa magra e scontrosa, che vendica tutte le donne frettolosamente giudicate “un tipo”. Vanessa Scalera, 42 anni, di Mesagne (Brindisi), la interpreta con naturalezza sorprendente e si fa una grande risata. «Vuole dire che Imma sono io? No, non sono come lei ma in effetti abbiamo qualche caratteristica in comune. Stessa schiettezza, l’ironia, a volte gli stessi modi bruschi». Per il ruolo, schiariti e arricciati i capelli scuri, le hanno preparato un guardaroba nemico dell’understatement. Imma non vuole piacere, si piace così e il resto è giallo. Marito amorevole (Massimiliano Gallo), un capo (Carlo Buccirosso) che non la capisce, una figlia adolescente (Alice Azzariti) imbarazzata dalla sua esuberanza e un giovane carabiniere (Alessio Apice) che subisce il suo fascino leopardato, Imma ha conquistato il pubblico. Vanessa, si aspettava questo successo? «Mi fa piacere che gli spettatori abbiano colto la particolarità. Non era scontato perché Imma Tataranni non è una donna accogliente. Ha il suo carattere, non fa sconti a nessuno e per come si pone, diciamolo con chiarezza, può risultare veramente antipatica. Invece al pubblico è piaciuta proprio per le sue caratteristiche e per il contesto in cui si muove». Stravolge le regole delle eroine della fiction: madri e moglie perfette anche se va a fuoco la casa. «Sono soddisfatta che sia piaciuto un personaggio così diverso, anticonformista. Il femminile nella fiction è tutto da esplorare, la donna viene raccontata pacificata o tormentata. Invece Imma è una donna risolta, che sa il fatto suo e non vuole stare simpatica a nessuno. Mi piace anche come viene raccontato il contesto familiare: Max Gallo, attore strepitoso, si trasforma in una figura materna, mentre lei si fa carico dei problemi, le dà fastidio che la figlia abbia le crisi adolescenziali ma non le nega l’affetto. È una madre “storta” come si dice dalle mia parti». Anni di teatro e cinema alle spalle, com’è arrivata alla serie? «Ho fatto quattro provini per convincerli, quando mi hanno detto che ero stata scelta ero felicissima. Il regista Francesco Amato mi ha scritto: “Ciao Imma”. Evidentemente un po’ di Imma dormicchiava dentro di me, lui l’ha colta e ha colto il mio sarcasmo. Non sono un volto televisivo, anche se avevo girato Lea con Marco Tullio Giordana. Il successo a vent’anni ti può far perdere la testa, alla mia età, dopo tanti anni di lavoro, ti rassicura». Ha interpretato ruoli drammatici, sapeva di avere questa vena comica? «L’ho scoperto lavorando. Desideravo fare l’attrice fin da piccola. A diciannove anni sono venuta a Roma, ho frequentato un corso al teatro La scaletta. Il cinema è arrivato tardi con Vincere di Marco Bellocchio, a cui sono grata, mi ha insegnato tanto. Battesimo tardivo e felice. Poi ho girato con Nanni Moretti Mia madre ed è arrivata Lea Garofalo di Giordana, che rimarrà nel mio cuore». Imma Tataranni è sempre sopra le righe: come si trova il giusto equilibrio? «È unica, prende in giro il mondo, se non le piaci è finita: mi ha divertito perché è armata di un sarcasmo violento. È comunicativa anche quando sta in silenzio, fa sorridere. Ma far commuovere mi piace da morire, attraverso Imma raccontiamo una donna che si spezza, è un modo diverso di commuovere. Non è un personaggio comico, è una donna storta: ed è il suo essere storta che provoca emozione». Cosa vuol dire? «Quando vedi una donna sicura di sé, che va dritta al sodo, alla fine sai che sarà sola. Basta guardarsi intorno, una personalità forte è spesso condannata alla solitudine».