Libero, 27 settembre 2019
I guai di Biden
VANITYX
■ Mercoledì, la pubblicazione della trascrizione della telefonata tra Trump e il presidente Volodymyr Zelensky, preceduta dal lancio dell’impeachment di Trump da parte di Nancy Pelosi, Speaker dellaCamera e titolare della procedura.Giovedì,il rilascio del rapportofornito dalwhistleblower allaDirezione Nazionale di Intelligence, che aveva appunto al centro quella telefonata, con la parallela audizione in Congresso del capo della DNI Joseph Maguire. Lo scandalo Ucrainagate ha preso il volo e il connesso processo di impeachment (i deputati Democratici a favore sarebbero già oltre il quorum necessario in caso di voto) è di fatto diventatoil tema politico centrale su cuiiDemocratici hanno deciso di puntare tutte le loro carte per il 2020. Il più esplicito è stato Al Green, deputato DEM del Texas: «Se non facciamo l’impeachment il presidente sarà rieletto». IDemocratici,ineffetti, non possonocerto correre parlando dieconomia o di guerra, essendo Trump il miglior generatore di posti di lavoro e di crescita del business,ed anche piùallergicoalleavventure militari degli ultimi 3 o 4 presidenti dei due partiti. Soltanto con una strategia diattacchi personalii suoiavversari possono pensare di togliere dimezzo Donald, e la manovra diimpeachmentgarantisce che i media lo sbattano in prima pagina per un anno e sognino il bis del Watergate. Per la verità, con il Senato controllato da 53 repubblicani su 100, è certo chei Democratici nonavrannomaii 67 voti (i due terzi) per cacciare il presidente, anche se avranno superato il primo obiettivo, ossia l’ok della maggioranza semplice della Camera. Dovrebbero emergere ben altri elementi di condanna di Trump, capaci di spostare i repubblicani in parlamento, e prima di loro l’opinione pubblica: finora, i sondaggi hannomostrato che solo un terzo degli elettori è a favore dell’impeachment, e 6 su dieci sono contrari. A KIEV E A PECHINO Ma il costante focus sull’Ucraina, che sarà al centro delle accuse DEM a Trump di aver spinto Kiev a indagare su Biden, avrà un ovvio effetto, mettere in luce l’operato più che sospetto di Joe e di suo figlio Hunter, e non solo in Ucraina ma anche in Cina. Nelmaggio del 2014, Hunter era stato assunto dalla società ucraina di gas naturale Burisma Holdings, con un contratto di cinque anni e uno stipendio mensile di 50mila dollari, senza alcuna esperienza nel ramo. Ian Bremmer, presidente dell’Eurasia Group e columnist diTimeMagazine,intervistato dallaCNN, non potevaessere più sferzante: «Biden ha un problema: 50miladollarialmesealfiglioHunter chiaramente per vendere influenza, perché nessuno gli darebbe tanti soldi, e in una compagnia chefrancamente era piuttosto corrotta, e che da prima dell’assunzione era sotto inchiesta. È dura pensare che Joe non fosse consapevole». Gli americani chiederanno, ha rincarato oggi Karl Rove sul WSJ, «perché Biden fosse stato cieco di fronte all’evidente comportamento non appropriato che da vicepresidente tenne nel 2015 e nel 2016, quando fece pressioni sul governo ucraino affinché combattesse la corruzione mentre suo figlio Hunter stava lavorando per Burisma». L’azienda aveva messo nel suo board Hunter e un altro americano,DevonArcher (amico dell’allora segretario di Stato John Kerry), con un contratto quinquennale, scaduto il maggio scorso. Gli era stato offerto il rinnovo, ma Hunter ha rinunciato perchéil padreè sceso in corsa: ma se era un lavoro senza macchia quando Joe era in carica, perché diventa tossico ora che è un semplice candidato? L’ipocrisia è lampante, e del resto i Biden sono abituati, in stile Clinton, a mischiare potere di governoeaffari di famiglia. Nel libro “Secret Empires. How the American Political Class Hides Corruption and Enriches Family and Friends” (“Imperi Segreti: come la classe politica americana nasconde la corruzione e arricchisce famiglia e amici”),il giornalistainvestigativo Peter Schweizer ha rivelato un annofa che nel 2013l’allora vicepresidente in carica Biden fece un viaggio ufficiale in Cina, a bordo del suo Air ForceTwo, portandosi appresso il figlio Hunter. La coppia incontrò chi doveva, a Pechino, e dieci giorni dopo una sussidiaria della Bank of China chiamata Bohai Capital firmò un contratto esclusivo con la società finanziaria di Hunter Biden (la Rosemont Seneca Bohai) per costituire un fondo d’investimento congiunto tra le due entità, da un miliardo di dollari, chiamato Bohai Harvest RST. L’accordo, in seguito, fu incrementato a 1,5 miliardi di dollari. Con quella iniziativa, scrive Schweizer, presidente dell’Istituto per il controllo delle responsabilità del governo e giornalista di Breitbart News, «il governo cinese stava letteralmente finanziando un business di cui Pechino era comproprietario assieme ai figli di due dei più potenti decision makers d’America». Socio di affari finanziari di Hunter Biden, dal 2009, èinfatti Christopher Heinz,il figliastro di John Kerry.