ItaliaOggi, 27 settembre 2019
Periscopio
Oltre l’ostacolo, cresce la montagna dei cuori smarriti. Uffa News. Dino Basili.La critiche di Tatiana mi indispongono, tanto più quanto più so che sono giustificate. Gabriele Matzneff, Elie et Phaeton. la Table ronde. 1991.
Una vera politica europea dell’immigrazione dove essere attuata per riprendere il controllo delle frontiere della Ue, dissuadere a monte i candidati all’esodo e gestire collettivamente quelli che passano oltre le maglie della rete. Philippe Gelle. Le Figaro.
A proposito di Greta Thunberg va detto, molto francamente, che non compete ai bambini decidere su problemi di una complessità tale che li sovrasta da ogni parte, non sta a loro sostituirsi ai professori, non compete loro indottrinare i loro compagni a colpi di ideologie moralizzatrici necessariamente mal gestite ed approssimative, perché non si è, né si può essere, a 12 anni e nemmeno a 15 o a 17, uno specialista del clima o della biodiversità. Luc Ferry. Le Figaro.
La cosa clamorosa è stata quella detta sulle mie Veline da quel tonto di Gad Lerner, ovvero che le Veline non parlano. Ecco, neanche Carla Fracci parlava durante le sue esibizioni e neppure Bobo Vieri quando tirava un rigore. E invece le nostre Veline parlano al momento opportuno. Erano polemiche create ad arte. Ma se c’è qualche tonto che la butta lì, noi abbiamo gli arsenali pieni. Antonio Ricci nel presentare la 32ma edizione di Striscia la notizia.
Un politico impazientissimo era Giovanni Spadolini che tollerava solo la propria facondia. Aveva un giovane attendente, di cui non ricordo il nome, attivo nell’informarlo ma in ansia continua per la fretta intemperante dell’illustre interlocutore. Spadolini, in genere, lo piantava in asso neppure a metà della spiegazione. Un giorno avvenne l’inatteso. Dopo le prime parole del giovane, Spadolini afferrò carta e penna e si mise a riempire foglietti su foglietti con la sua enorme calligrafia rotonda. L’altro, lusingato che prendesse appunti, si dilungava. Alla fine, Spadolini si alzò, porse lo scritto all’addetto e ordinò: «Lo diffonda in sala stampa». Era un comunicato che nulla aveva a che fare con quanto gli era stato detto e che neanche aveva ascoltato. Gian Carlo Perna. La Verità.
Eugenio Montale in lacrime nel 1975. Ero nel suo studio quando squillò il telefono. Mi allontanai per discrezione, continuando a scattare. Il poeta cambiò espressione. Si coprì gli occhi con le mani. Pensai a una brutta notizia. Invece gli avevano annunciato che aveva vinto il premio Nobel per la letteratura. Giorgio Lotti, già fotografo di Epoca, 82 anni (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Come è potuto accadere, nel giro di una generazione, che senza colpo ferire e senza vergogna si potesse invocare l’ alleanza di chi si era sfiduciato il giorno prima, che coloro che avevano condiviso tutto il pessimo di una precedente stagione finita rovinosamente, pretendessero guidare quella successiva, o coloro che avevano sparato contro Caio lavorassero poi, senza cenno autocritico, per un’ intesa con lo stesso? E tutto ciò, appunto, senza dover rendere conto a nessuno e, anzi, potendo continuare a dire che si lavora per il bene della Patria, con spirito di sacrificio e alto senso di responsabilità. Come è potuto accadere un tale trionfo del trasformismo? Massimo Cacciari, filosofo. L’Espresso.
Pier Paolo Pasolini mi fece fare un provino per impersonare l’ancella di Maria Callas nella Medea. Quando arrivai nel suo studio, vedo una gigantografia della mia faccia: rimasi sorpresa! Pasolini, capendo la mia sorpresa, mi spiegò che gli piaceva la mia faccia: non hai la faccia da attrice, disse... Lì per lì mi prese un colpo. Pensai: allora non riuscirò mai a fare l’attrice... poi mi spiegarono che il suo era un complimento. Piera degli Esposti (Emilia Costantini). Corsera.
Sono nato a Palermo. Presi il nome di mio nonno, Gerlando, che era un uomo straordinario. Mio padre invece era un uomo comune. Non ricordo segni particolari. So che quando smisi il liceo prima della maturità, mi guardò inorridito. Non capiva quel gesto che per me era pura ribellione. Non volevo rimanere nei confini dentro i quali ero destinato a restare. Ero magro, prestante, agile. Non uno sportivo. Ma qualcuno che nei propri sogni si vedeva già attore. Lando Buzzanca, (Antonio Gnoli) la Repubblica.
A Tunisi sono andata a rivedere la mia casa. Ho bussato. Una donna m’ha risposto in arabo: non posso aprire, sto facendo la doccia. E io: no, eddài, fammi entrare... È tutto uguale a quando ci abitavo io, non hanno mai fatto un lavoro! La mia camera, i bagni, la cucina: le stesse cose. Mi sono presa qualche oggetto. Quella che è cambiata, è la cattedrale di Cartagine dove ho fatto la prima comunione: è stata sconsacrata. Andai a rivederla con mia mamma (perché mio papà Francesco non è mai più voluto tornare in Tunisia) e scoprii che dentro ci facevano i corsi di danza del ventre. Non c’è nemmeno il cimitero, dov’erano sepolti i nonni: spianato ai tempi di Ben Ali. Non so dove hanno messo le salme. Claudia Cardinale. (Francesco Battistini). Corsera.
Infastidito dal volo degli uccelli ch’ogni volta lo sfiorava fra i riflessi d’una foresta lunare, Enea udì uno stridio di voci femminili acute che subito rincorse, infine trovandosi davanti dei visi bellissimi di donne in cerchio, immobili nel fogliame come statue. Ancora incantato prese parlando a risvegliarle; però sbagliando: esse non avevano il resto del corpo di carne; ma fatto di piume e di artigli. Rapide gli furono sopra; e con delle espressioni distratte e dei visi persino più belli di prima, si disponevano, calme, a divorarlo. E l’avrebbero di certo fatto; se non avessero udito la voce d’Anchise. Fuggirono squittendo, eccitatissime come i passeri sorpresi dai bambini in uno stretto cortile... E così via, potesse riscriverei l’Iliade. Geminello Alvi, Ai padri perdòno. Mondadori, 2003.
Una notte, all’una, il maggiore cessò di russare, la contessa di ridere, gli sposini di litigare, la padrona di tenere pensione: una bomba di quattro quintali adocchiò, dal cielo, giusto il numero 12 di via Pigliacorta e, benché fosse catalogato tra gli edifici sicuri, ne fece una catasta di rottami. Guglielmo Zucconi, La divisa da Balilla. Edizioni Paoline, 1987.
Di sera tutti i gatti sono bigi, e tra i frequentatori del caffè Rosati è difficile distinguere un agente di cambio che parla di letteratura da un letterato che parla di Borsa. Vitaliano Brancati, Paolo il caldo. Bompiani. 1956.
Mia moglie Vittoria, l’adoro, e lei crede solo che la ami. Roberto Gervaso. Il Giornale.