Corriere della Sera, 27 settembre 2019
«Il ghiacciaio verrà giù di sicuro»
VANITY Planpincieux (Aosta) Il radar è stato portato a Planpincieux ieri mattina da un elicottero della Protezione civile, ed è stato posizionato davanti al ghiacciaio che rischia di staccarsi da un momento all’altro dal versante italiano del monte Bianco. «È un sistema in grado di percepire un movimento millimetrico da due chilometri di distanza», spiega Davide Leva, l’ingegnere chiamato ad attivarlo: finora questo compito veniva svolto da due fotocamere installate in un furgone, ora la situazione potrà essere monitorata costantemente, giorno e notte, con qualsiasi condizione di visibilità. E il primo dato certifica l’allarme lanciato martedì scorso, con l’ordinanza del sindaco di Courmayeur, Stefano Miserocchi, che ha deciso la chiusura del tratto di strada che porta in questa frazione della val Ferret per motivi di sicurezza: il ghiacciaio si è infatti spostato ieri di 35 centimetri, e questa è anche la velocità con cui nelle ultime settimane ha continuato a scivolare verso il fondovalle.
D’altronde i tecnici della Fondazione Montagna Sicura, che hanno spinto il sindaco a prendere l’iniziativa, sono stati espliciti: «La parte inferiore del ghiacciaio cederà, non sappiamo dire quando, ma andiamo verso un distacco, le fratture sono irreversibili», ha detto il glaciologo Fabrizio Troilo agli abitanti della valle venuti l’altra sera in municipio per un chiarimento. L’unico dubbio è se la massa di ghiaccio collasserà tutt’intera, o se verrà giù con una serie di piccoli crolli (in due giorni sono caduti 2.500 metri cubi). C’è anche una terza ipotesi, e cioè che l’inverno, con il freddo e le prime nevi di novembre, ricompatti tutto: ma in questo caso il cedimento sarebbe solo rimandato.
Il tratto di strada chiuso verrà riaperto oggi, ma solo ai residenti: gli altri potranno salire solo a piedi. Tra gli abitanti di questo centro a sei chilometri da Courmayeur le perplessità sono però molte. Marco Busanelli, ad esempio, costruttore trasferitosi quassù da un decennio, è l’unico ad essere stato sfollato, e non nasconde la sua contrarietà: «Mi sono spostato di 50 metri in un’altra proprietà che ho qui, e così sono uscito dalla zona di evacuazione 2. Ora sono più al sicuro? Si può mai costringere qualcuno a lasciare la casa da un’ora all’altra sulla base di supposizioni?». Perché per Busanelli di supposizioni si tratta, nonostante le tivù di tutto il mondo abbiano già annunciato l’imminente caduta di un ghiacciaio del monte Bianco su questa località a 1.600 metri di quota. «L’Istituto per lo studio della neve e delle valanghe di Davos – continua – ha stimato la massa di ghiaccio a rischio distacco in un range compreso tra i 50 mila e il milione di metri cubi, e da qui è stato ricavato uno scenario basato sull’ipotesi di un crollo di 250 mila metri cubi. Sarà anche realistico, ma decidere chi resta e chi va evacuato così mi pare discutibile. Anche perché non parliamo di un paio di giorni, come quando c’è un rischio valanga: se va bene, durerà un mese e mezzo».