la Repubblica, 27 settembre 2019
Intervista con Ringo Starr
Ringo Starr “Penso a John e piango” dal nostro inviato Ernesto Assante
LONDRA – A luglio Ringo Starr festeggerà l’ottantesimo compleanno ma è ben lontano dall’appendere le bacchette al chiodo. Nel giorno dell’anniversario dell’uscita, cinquant’anni fa, di Abbey Road, l’ultimo album registrato dai Beatles, Ringo ha presentato il suo nuovo album, What’s my name (in uscita il 25 ottobre), un gran disco di pop e rock con la sorpresa di un brano inedito di John Lennon, Grow old with me, in cui canta e suona assieme a Paul McCartney, il suo nuovo libro fotografico, Another day in the life, un bellissimo diario della sua vita attraverso le sue foto. E quest’anno celebra anche i trent’anni di attività della sua “All Star Band” con la quale gira il mondo suonando. «Non sono stanco di essere Ringo Starr», dice ridendo, «certo che mi piace, mi piace essere un entertainer, suonare la batteria, la mia passione principale. E mi piace suonare con tutti, non amo farlo da solo, in casa per conto mio. Ma se viene qualcuno a trovarmi, si suona».
Ma c’è differenza tra Ringo Starr e Richard Starkey? Nel titolo dell’album si chiede quale sia il suo nome...
«Sì, c’è differenza. Nonostante tutti questi anni e il fatto che la gente in tutto il mondo mi conosca come Ringo Starr, per la mia famiglia sono ancora Richard, siamo la famiglia Starkey. Ma Ringo è un nome che mi piace, è il nome che mi sono scelto quando ho iniziato a suonare, non potrei vivere senza».
Ci convive al punto che il nuovo album lo ha registrato tutto a Roccabella West, a Los Angeles, casa sua.
«Non mi piace più stare in uno studio di registrazione alla vecchia maniera, ne ho abbastanza di muri di vetro e separazioni tra un musicista e l’altro. Preferisco che chiunque inviti a casa suoni assieme agli altri. È il più piccolo club della città, una stanza da letto dove c’è la batteria e qualche amplificatore, i microfoni, un mixer. Mi piace stare in casa, poter salutare mia moglie Barbara e suonare, magari con qualcuno che è passato solo per un tè».
Nel nuovo album c’è una canzone inedita di John Lennon.
«Me l’ha data Jack Douglas. Lui aveva lavorato con John e Yoko a
Double Fantasy e aveva dei nastri di demo registrati all’epoca, i cosiddetti Bermuda Tapes. Mi ha chiesto se li avessi mai ascoltati, ho detto di no. Mi ha fatto ascoltare Grow old with me».
E quindi?
«Ho pianto. Jack ha trasferito il nastro su cd, me lo ha messo e alla fine c’era John che diceva “Questa sarebbe perfetta per Ringo”. L’idea che John stesse pensando a me in quei giorni, prima di morire... Sono una persona emotiva. Ho amato subito la canzone, l’ho cantata al meglio, con tutto il cuore. Poi ho pensato che sarebbe stato bello avere Paul a suonare, e lui ha detto di sì. È venuto, ha suonato e cantato un pochino con me. È una faccenda molto forte per tutti, non un fatto promozionale. È esattamente come volevo che fosse».
A parte Paul, come sceglie i musicisti con i quali collabora?
Nella sua carriera ha suonato con tutti i più grandi.
«Joe Walsh ha sposato la sorella di mia moglie ma era mio amico da prima. Voglio dire che non suona con me per motivi familiari, puoi essere anche il mio migliore amico ma, se non sai suonare, certo non ti chiamo. Sono musicisti che amo e stimo moltissimo, da Steve Lukather a Benmont Tench, Edgar Winter, Nathan East e tutti gli altri, con alcuni lavoro da tempo, con altri è la prima volta».
Ieri è stata presentata la nuova edizione di “Abbey Road”, 50 anni dopo. Lei è sempre stato il trait d’union con gli altri tre Beatles.
«Così dicono…».
Era un momento difficile per la band.
«Sì, ma quando eravamo noi quattro la magia era palpabile.
Suonavamo insieme, le tensioni sparivano. Ascoltando quel disco, ancora oggi si sente che è così».
Non è mai stanco della musica?
«Mai. Se adesso lei si mettesse a suonare il pianoforte io l’accompagnerei immediatamente con la batteria. Avevo tredici anni, ero malato in ospedale, mi hanno portato un triangolo, un tamburello, le maracas, mi hanno dato una batteria e da allora ho capito che la musica era la mia vita. Mia madre mi diceva che quando suonavo ero al massimo della felicità ed è ancora vero. Sono stato benedetto, avevo un sogno da bambino e ancora mi permette di suonare. E poi, detto fra noi, finché riesco a reggere un paio di bacchette ho un lavoro…».
Pace e amore, “Peace and Love”, è diventato il suo personalissimo slogan.
«Nonostante tutto quello che accade, sono ancora convinto che un giorno il mondo sarà davvero fatto di pace e amore. È il mio sogno, lo è sempre stato».
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Nonostante tutto quello che accade sono ancora convinto che il mondo un giorno sarà davvero fatto di pace e amore
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Baronetto Ringo Starr, 79 anni, dal 1962 al 1970 è stato il batterista dei Beatles Nel 2015 è entrato nella Rock and Roll Hall of Fame
Il disco La copertina del nuovo album What’s my name