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 2019  settembre 26 Giovedì calendario

Una montagna di errori nei libri americani

L’ultimo caso è quello di Naomi Wolf, il cui ultimo lavoro s’intitola Indignazioni, ma che ha causato sentimenti di sdegno soprattutto per le sue imprecisioni. Un’incalzante intervista alla Bbc è risultata fatale per la stella dell’editoria liberal e femminista: non è vero che in epoca vittoriana ci furono decine di esecuzioni capitali di omosessuali, come le era capitato di credere interpretando (male) il termine legale death recorded (ossia, pena sospesa). L’editore Houghton Mifflin Harcourt ha ritirato tutte le trentacinquemila copie già stampate, per emendare il testo, contro la volontà dell’autrice. 
Il suo caso non è isolato, come sottolinea il New York Times, che ha lanciato l’allarme: soltanto nell’ultimo anno, sono incorsi in errori da penna rossa autori del calibro di Jill Abramson – primo ex direttore donna dello stesso quotidiano americano; il premio Pulitzer Jared Diamond; l’esperto di psicologia comportamentale Paul Dolan; il giornalista Michael Wolff, autore di saggi sulla presidenza Trump. 
CLASSIFICHECosa è successo? Nell’America dei fact-checker l’editoria è sempre alla ricerca di nuovi titoli adatti a scalare le classifiche, rincorrendo l’attualità del momento; e non sempre si trovano tempo e risorse per andare a controllare. Inoltre, in questi anni la fiction è in crisi, la non-fiction esplode e diventa narrativa; inevitabile che qualcuno ricami un po’ troppo sull’accaduto.
Il giornalista Gabriel Sherman ha detto al New York Times che «la linea prevalente degli editori» è quella di fare affidamento esclusivamente sulle capacità dei propri autori; ma è evidente che questo «non basta»; lui stesso ha speso centomila dollari per far controllare ogni singola parola del suo The Loudest Voice in the Room, sugli scandali sessuali di Fox News che hanno travolto il CEO Roger Ailes. 
Non tutti hanno la possibilità, o l’astuzia, di fare simili investimenti. Jared Diamond ha avuto recensioni terribili, per gli errori contenuti nel suo Upheaval (sconvolgimento) dedicato ai «punti di svolta nelle nazioni in crisi»: malgrado l’idea geniale (applicare la psicoterapia alla geopolitica), l’autore di Armi, acciaio e malattie non azzecca l’anno del referendum sulla Brexit; sostiene (sbagliando) che all’epoca di Ronald Reagan non ci furono serrate governative; e che Lee Kuan Yew è l’attuale premier di Singapore (peccato sia scomparso quattro anni e mezzo). 
Jill Abramson ha ammesso gli errori contenuti nel suo Merchants of Truth dedicato alla storia del media, dopo che molti utenti di Twitter hanno cominciato a elencarli; ma ci metterà una toppa soltanto nelle future edizioni. Michael Wolff è stato accusato di diverse inesattezze per il suo ultimo saggio, Assedio, dedicato a The Donald: «Anche se mi fossi sbagliato, non verrò certo a dirlo a voi», ha tagliato corto in un’intervista. Ma i suoi scivoloni sono innegabili: un documento da lui citato è stato definito inesistente dal procuratore speciale del Russiagate, Robert Mueller; e la procuratrice Rachel Brand è stata nominata da Trump, non da Obama.
Il fenomeno è ormai endemico da qualche anno. Gay Talese è un’altra grande firma che si è fidata troppo di una fonte. Il suo Motel Voyeur (uscito nel 2016) si basa sulle confidenze del proprietario di un albergo del Colorado, che ha confessato di avere spiato i suoi clienti per trent’anni. Peccato che l’autore non si sia preso la briga di controllare: scartabellando nei dati catastali, risulta che il guardone in questione ha venduto l’hotel molti anni prima di quanto dichiarato. Morale: l’ultima parte del libro – e chissà cos’altro – potrebbe essere un fake. Completamente fabbricata era l’autobiografia di Herman Rosenblat, la cui toccante storia d’amore e Olocausto – che commosse fino alle lacrime Oprah Winfrey – era in gran parte frutto della sua immaginazione.
Il problema non è soltanto americano. In Serotonina, Michel Houellebecq confonde due album dei Pink Floyd, Ummagamma e Atom Heart Mother. M, il romanzo di Antonio Scurati sulla vita di Benito Mussolini contiene diversi errori, elencati da Ernesto Galli della Loggia, come il numero di morti italiani nel corso della Prima guerra mondiale; questo non ha impedito all’autore, che nel frattempo ha emendato i passi incriminati, di vincere il Premio Strega. 
MANCANZAIl problema è certamente la mancanza di tempo, che va a incidere sulla fase di editing (e di verifica dei fatti): in Italia si pubblicano, in media, oltre sessantamila titoli all’anno. Di certo, non sono esenti da errori anche i recensori, costretti dalla fretta a letture molto laterali. Giorgio Manganelli ricorda ne Il rumore sottile della prosa il caso di Rosetta Loy, che si lamentò di abbagli clamorosi in un articolo che la riguardava. Ci sono anche refusi che diventano oggetti da collezione, come l’edizione di Tocca l’acqua, tocca il vento di Amos Oz che arrivò in libreria con il nome storpiato: Amoz. Su eBay una copia di quel volume, subito ritirato da Feltrinelli, arriva a costare 69 euro. 
Riccardo De Palo