La Stampa, 26 settembre 2019
L’educatrice e l’adolescente
«Ti desidero», «È stato bellissimo», «Ti voglio». È questo il tenore dei messaggi che si scambiavano un’educatrice di una comunità per minori del torinese e un giovanissimo ospite. Chat esplicite, scambi di foto, effusioni, apprezzamenti che sono finiti in un’aula del Tribunale di Torino. Sul banco degli imputati è seduta la donna, 38 anni, accusata di aver avuto rapporti sessuali con uno degli adolescenti che viveva nella struttura. Rapporti che l’educatrice, oggi 38enne, nega con tutte le sue forze.
All’inizio il giovane aveva 13 anni
Assistita dall’avvocato Andrea Fenoglio, si professa innocente. «Chiarirà la sua posizione, quando verrà sentita dal giudice», spiega il legale. Eppure quei messaggi, acquisiti dagli inquirenti coordinati dal pubblico ministero Barbara Badellino, sembrano raccontare tutta un’altra storia. Un rapporto “oltre il limite” che sarebbe cominciato nel 2014, poco dopo l’arrivo in comunità del giovane che all’epoca aveva meno di 13 anni. Lui fuggiva da una situazione familiare complessa e in quella struttura avrebbe dovuto trovare punti di riferimento. Lei, a quanto emerso dalle indagini, lo descriveva come «il figlio che non ha mai avuto».
La loro relazione sarebbe durata sino a febbraio 2018, quando il giovane, che nel frattempo aveva cambiato due comunità, si è confidato con un altro educatore. Gli ha raccontato gli incontri a casa della donna, di lei che cercava scuse per allontanare l’ex compagno e rimanere sola lui. «È timido – avrebbe spiegato al fidanzato dell’epoca –. Si imbarazza davanti a uomini più grandi». E poi le gite pomeridiane. Le fughe furtive. L’educatrice era anche riuscita ad ottenere l’affido del tredicenne, così da poter trascorrere ore extra con lui. Durante una conversazione intercettata dagli inquirenti, il marito di lei l’ha rimproverata dicendole: «Sei il parcheggio degli adolescenti». Adesso la difende. Spiega di essere stato geloso del ragazzo, perché lei gli destinava tutte le sue attenzioni. Le ex colleghe della donna, che nel frattempo è stata trasferita e ora si occupa di anziani e disabili, sono incredule. «Era l’unica capace di relazionarsi con i ragazzi e le ragazze – hanno spiegato ieri in aula –. Era capace di affrontare l’aggressività verbale». Qualcuno, per descrivere il rapporto tra i due, ha azzardato il termine “infatuazione”. Qualcun altro ha sottolineato che, a fronte della differenza di età e del ruolo della donna, il termine era inopportuno.