la Repubblica, 26 settembre 2019
Che cos’è il comico
Uno dei più noti figuri di Altan si domanda chi sia il mandante di tutte le cazzate che fa. E quelle che dice, a chi andranno attribuite? Sarebbe bello che a spiegarlo fosse proprio lo stesso Altan, che è di gran lunga l’autore comico di più longeva, inarrivabile e costante genialità. Ma non sono cose di cui Altan ami parlare, queste (e tutte le altre). E allora domandiamocelo noi, chi sia (o forse: cosa sia) un autore comico. Le barzellette sono scenette di vita quotidiana, che a volte prevedono costosi effetti speciali, come i classici quattro elefanti da far entrare in una Cinquecento; ce ne sono però di perfettamente realistiche. Che si sappia nessuno ha mai preso davvero a schiaffi i passeggeri affacciati al finestrino di un treno che parte, come accade in Amici miei. Altre scene comiche prendono invece spunto nella realtà. In uno dei suoi primi sketch, Carlo Verdone riceveva una telefonata da un’anziana parente che consisteva in una catena di notizie luttuose riguardanti vari membri della stirpe, sino a che una mancata coincidenza di nomi faceva capire ai due che chi chiamava aveva sbagliato numero. Verdone ha poi raccontato che lo spunto gli veniva da un reale equivoco telefonico, su cui poi aveva lavorato, esagerando e “caricando”. La parola “caricatura” viene del resto proprio dall’amplificazione di un tratto buffo (un grosso naso diventa un promontorio fuori misura). Lo stesso “autore”, per l’etimologia, non è un “autobiografo”, uno che parla di sé. “Autore” viene da “augere” ("far crescere"), e l’autore è appunto qualcuno che sviluppa un tema dato, ci aggiunge del suo. Possiamo allora pensare che il primo umorista sia il caso: il caso combina l’incontro del piede e della buccia di banana; ti fa telefonare per errore a qualcuno i cui parenti si chiamano come i tuoi; unisce i cognomi nei matrimoni e sui citofoni, così che scopriamo che nel condomino abita (come è effettivamente capitato) la coppia “Dipinto / Spagnolo”. Però la buccia di banana nel deserto non diverte certo dune e cammelli, la telefonata equivoca deve essere raccontata – e magari, appunto, “aumentata” come ha saputo fare Verdone –, la targhetta del citofono deve essere vista da qualcuno che, come si dice, “ci fa caso”. Ci vuole insomma una persona che osservi, ascolti, elabori, riferisca. La risata (anche interiore) è sempre un fatto sociale: si ride di qualcuno, con qualcuno, pensando a qualcuno, sullo sfondo delle norme condivise. A chiunque può capitare di fare la battuta che fa ridere tutta la compagnia. Capita più facilmente se la compagnia è una famiglia, composta da parenti o da amici che si conoscono da tanto tempo e hanno condiviso eventi, storie, mentalità. Fare ridere un interlocutore che non si conosce è meno facile ed è la virtù di certi sapienti personaggi che “lavorano con il pubblico”, come si dice. Dai bar ai dipartimenti universitari, in tutti i settori esistono i “venditori”, persuasori palesi che hanno spesso virtù di barzellettieri, imitatori, fantasisti e si accattivano così la simpatia e la fiducia su cui poi, appunto, “lavorare”. Ma dalla battuta sporadica o dal repertorio di barzellette e battute di aggancio del commesso viaggiatore al professionismo, beh, ce ne vuole. Le buie platee dei teatri o quelle sin troppo illuminate dei locali con uso di cabaret; la luce rossa della telecamera, il microfono dello studio radiofonico, il “ciak, si gira” del regista, le affollate bacheche dei social, i residui inchiostri: affrontare l’estraneità molteplice delle audience multimediali con l’intento di destarne l’ilarità ha qualcosa di temerario. Forse spaventati, gli interessati si richiudono spesso in gruppi di lavoro privatissimi, staff dalle dinamiche carbonare da cui non escono voci ma solo scalette e copioni. L’autore comico è quindi un nevrotico? O è malinconico, come in certi stereotip i sul clown dal cuore spezzato? Perché si è potuto pensare che le donne non sappiano far ridere? Giocare con le parole è proibito o consentito a un comico? Il tormentone è un mezzuccio? C’è differenza fra l’autore che scrive ciò che un altro dirà e chi scrive per sé stesso? E occorre avere (o ostentare) cultura oppure avere (o ostentare) ignoranza? Dalla A di Allen alla Z di Zalone la casistica è notoriamente ampia e non sarebbe saggio pensare di tracciare l’identikit dell’autore comico – perché il determinativo singolare non è la categoria giusta. Una cosa è certa. L’autore comico è uno che “fa caso”. Nota qualcosa che è successo e lo amplifica; quando non succede lo fa, lo fa succedere, lo costruisce da sé: sistematicamente, professionalmente, sempre e comunque. Alle altre domande sarà interessante provare a rispondere assieme agli autori.