la Repubblica, 26 settembre 2019
Gli italiani sono pieni di soldi
ROMA – «Potenziare la lotta all’evasione fiscale agevolando, estendendo e potenziando i pagamenti elettronici obbligatori e riducendo drasticamente i costi di transazione». Il programma del governo giallorosso recita proprio così: agevolare (non imporre) il rispetto di un obbligo. Un paradosso che racconta perfettamente l’anomalo rapporto degli italiani con il contante (amore) e con la moneta elettronica (allergia). Così, mentre il resto del mondo ha già ampiamente raggiunto la frontiera dei pagamenti con app e telefonini, con addirittura l’Africa subshariana saltata direttamente dal baratto al mobile payment, qui da noi ancora si discute di cash e carte di credito. Nel Paese degli oltre cento miliardi di evasione, almeno dal 2002 si prova a mettere mano alla questione, con una schizzofrenica altalena di innalzamenti e abbassamenti delle soglie all’uso del contante. Ma effetti prossimi allo zero. «È innanzitutto un tema culturale – dice Maurizio Liuti, dirigente del Crif, database del sistema bancario italiano – e dunque risolvibile con l’educazione finanziaria. Magari, si potrebbe iniziare dai pagamenti della pubblica amministrazione, tipo treni autobus o ticket sanitari, dove non esiste alcuna tentazione di evasione fiscale». Ci sta provando addirittura Virginia Raggi, la sindaca di Roma dove da qualche giorno ai tornelli della metropolitana si può pagare con la carta contactless. Vedremo quanto durerà. Intanto si prefigura l’ennesimo intervento governativo: dal 2002 al 2016 la soglia “generale” al contante è stata modificata per otto volte (l’ultima, l’innalzamento da 1000 a 3000 euro targato Renzi) e potevano essere nove in caso di governo gialloverde ancora in piedi («Fosse per me – la dichiarazione dell’allora ministro degli Interni Salvini – non ci sarebbe alcun limite ai contanti. Ognuno sia libero di spendere come e quanto vuole»). Un ciclico allentamento delle soglie, in barba agli altrettanto periodici allarmi di Bankitalia: «Il contante – si leggeva, ad esempio, in un rapporto dell’Unità di informazione finanziaria di Palazzo Koch – offre opportunità per la corruzione e l’evasione fiscale». Concetto rafforzato un anno fa dall’indagine, sempre di Bankitalia, su 6810 Comuni, che dimostra come ogni 2 milioni in più di versamenti cash, i reati della criminalità organizzata crescano dell’1%. Senza contare l’attuale giungla di limiti diversi per professionisti, famiglie e imprese: sono 17, dai 15 mila euro per gli acquisti degli stranieri ai 1000 per le rimesse dei money transfer, con in mezzo le regole sui pagamenti di pensioni, stipendi, affitti, tracciabilità delle detrazioni fiscali. Un mare magnum dove sguazza, appunto, l’evasione fiscale. Proprio ieri l’Osservatorio Assofin-Nomisma-Ipsos- Crif, ha certificato che nel 2018 in Italia il numero di transazioni con moneta elettronica è cresciuto del 6,8%: «Ma l’Italia è ben al di sotto della media Ue e nel rapporto tra il valore delle transazioni e il Pil, si posiziona al 24° posto su 28 Paesi». A gennaio scorso Bankitalia ha elaborato i dati più aggiornati della Bce (2016): «Nel nostro Paese il contante è stato lo strumento più utilizzato nei punti vendita, soprattutto per il pagamento di somme ridotte. L’85,9% delle transazioni è stato regolato cash, per un valore pari al 68,4% del totale». La media dei Paesi euro è del 78,8% delle transazioni: la nazione dove si usa di più il contante è Malta (92%), l’Olanda la più “elettronica” (45%). Peggio di noi, oltre a Malta, solo Spagna (87%), Grecia e Cipro (88%). Germania a quota 80%, Francia al 68%. Bankitalia evidenzia in oltre come il contante sia maggiormente utilizzato al Centro-Sud rispetto al Nord, e da donne, giovanissimi e persone con reddito più basso. Dati e statistiche che, naturalmente, non possono sondare la profondità dell’economia sommersa.