la Repubblica, 26 settembre 2019
L’impossibilità di commissariare la Raggi
Commissariare Virginia Raggi: la suggestione si era fatta strada eccome, durante le trattative sulla cosa giallo-rossa. Anche se quella parola “commissariare” nessuno l’ha mai pronunciata. Perché non si pensava a un commissario, ma a un sottosegretario a cui affidare l’operazione “rendere la capitale più attrattiva e vivibile”, come avevano scritto in preda a evidente attacco di sconsiderata comicità nella bozza di programma di governo. Lo voleva, ovvio, il Pd. E chi, mormoravano al Nazareno, meglio di Roberto Morassut che era stato assessore con Walter Veltroni sindaco e aveva sfidato alle primarie Roberto Giachetti per la corsa poi persa dal candidato ex dem contro Virginia Raggi? Ma si erano illusi: la sindaca ha detto no. Anche Luigi Di Maio ha detto no. E la delega per arginare il disastro di Roma se l’è tenuta Giuseppe Conte (2) a palazzo Chigi. Mentre Virginia Raggi è sempre più asserragliata nel disadorno fortino del Campidoglio. Senza lo straccio di un progetto con lo stadio della Roma, già peraltro approvato dal Comune, sul binario morto. Con la spazzatura che tracima dai cassonetti nelle strade, i trasporti pubblici in tilt, i giardini pubblici trasformati in savane. E il bilancio dell’Ama del 2017 (!) che ancora non si riesce ad approvare fra spericolati slalom contabili. Lunedì 23 settembre ha inaugurato l’autunno sostituendo tre assessori esterni con altrettanti fedelissimi consiglieri eletti. Spicca Pietro Calabrese, capace di sfiorare la laurea in architettura per poi dedicarsi alla tecnica raffinata della “ruggine su tela”, che forse l’ha fatto ritenere il più adatto, viste le condizioni dei mezzi Atac, a fare l’assessore ai Trasporti. Ma è niente rispetto all’incredibile scelta di affidare le Politiche sociali a Veronica Mammì: incredibile non certo per ragioni di competenza, quanto perché la neo assessora è la moglie di Enrico Stefàno, oggi il più influente fra i consiglieri comunali grillini. Nomine per giunta annunciate mentre l’Adn Kronos diffondeva la voce che per la segreteria generale della ex Provincia di Roma, guidata dalla stessa sindaca, sarebbe in corsa nientemeno che Mariangela Danzì, capolista del M5s alle europee nel Nord Ovest bocciata alle elezioni. Il tutto senza che sia stata coperta la lacuna più importante in una città assediata dai rifiuti: quella dell’assessore all’Ambiente, carica vacante ormai da otto mesi dopo le dimissioni di Pinuccia Montanari in polemica proprio con la sindaca. Chi potrebbe immaginare a questo punto di poter ripetere a Roma lo schema dell’alleanza elettorale umbra fra Pd e 5 stelle? «Oggi non ci sono le condizioni. Lo ha deciso la sindaca con il rimpasto di giunta, circondandosi di fedelissimi e facendo fuori anche le figure meno ostili al Pd come Laura Baldassarre e Flavia Marzano», taglia corto Sabrina Alfonsi, presidente del primo Municipio, quello del centro storico. Non prima di aver lanciato l’allarme sull’apparente misteriosa sparizione del segretario romano del partito Andrea Casu, renziano a trazione integrale, scomparso a quanto pare da quand o Matteo Renzi ha deciso di lasciare il Nazareno. Roba, dice, da Chi l’ha visto? : «Ci saremmo aspettati che convocasse gli organi e si presentasse dimissionario. Invece dopo tutto questo tempo non sappiamo ancora quali siano le sue scelte, se restare nel Pd o andare con Italia viva. Nemmeno di fronte al cambiamento di giunta ha battuto un colpo». Dettaglio che dice tutto sulle tribolazioni romane del partito di Nicola Zingaretti. Dove c’è una sola certezza: impossibile cambiare idea sull’attuale gestione della città. L’ex ministra Marianna Madia dalle colonne della Stampa ha giusto ieri chiesto suggerito alla sindaca di dimettersi. «Fare da supporto a Raggi? Daremmo altro fiato al centrodestra. Finiremmo per essere corresponsabili dello sfacelo di questi tre anni», dice Amedeo Ciaccheri, che l’anno scorso ha sfilato ai grillini il Municipio della Garbatella. «Non trattiamo con questa giunta che ha rovinato Roma», proclama il capogruppo in consiglio comunale del Pd Antongiulio Pelonzi. Che insiste: «C’è una distanza di valori abissale: non ci possiamo alleare con un partito di destra. Cosa si fa se spuntano nuovi interlocutori che dimostrano di essere diversi? Siamo ancora troppo indietro per pensarci…». E comunque c’è pure chi in ogni caso, come la stessa Sabrina Alfonsi, non crede alla possibilità di un accordo elettorale prima del ballottaggio: «Non immagino sia possibile arrivare a una candidatura comune». Cosa che invece non sembra escludere Morassut, ora sottosegretario all’Ambiente: «Vediamo se nel tempo che resta si possano creare le condizioni per una iniziativa civica seria che superi entrambe le trincee. Il Pd dovrebbe provare, ma senza fare sconti a Raggi. E sarebbe utile partire subito con una proposta del governo centrale, cominciando dal debito per cui bruciamo ogni anno mezzo miliardo senza costrutto». I bene informati confermano che una specie di cantiere è già aperto alla Regione Lazio di Zingaretti. Dove l’interfaccia del governatore nonché segretario del Pd risponde al nome di Roberta Lombardi, la capogruppo dei 5 stelle risoluta avversaria di Virginia Raggi, che non perde occasione per infilzare la sindaca. E la migliore magari sta per arrivare.