Corriere della Sera, 26 settembre 2019
Intervista a Tortu
DOHA Nel mondo che corre veloce trascinato dagli Usa (Coleman 9”81, Gatlin 9”87), Filippo Tortu da Costa Lambro, frazione di Carate Brianza, è un puntino bianco che insegue nel caldo bollente la finale più difficile. 100 m di sogni e speranze (batterie domani, medaglie sabato). Il suo secondo Mondiale, il primo sui 100, arriva in cima a una stagione di lampi (il 9”97 ventoso di Rieti) e medio cabotaggio, con la brutta abitudine dell’infortunio («Strappo del bicipite femorale, più complicato del previsto») ahinoi mantenuta in Diamond League a Stanford. Piè Veloce è qui grazie al blocco di lavoro in Sardegna con papà Salvino, tra le solite critiche dei soliti noti: «Pochi bagni, molti allenamenti». È pallido come un cencio, ma risanato.
Filippo, com’è il bilancio fin qui?
«In pareggio. Il tempo che volevo non è ancora arrivato ma l’obiettivo è farlo al Mondiale».
Ci arriva con il 57° tempo stagionale sui 100.
«Ma anche nelle migliori condizioni possibili e molto sereno».
Parliamo di obiettivi.
«Quelli di inizio stagione: andare in finale e scendere sotto i 10”. E poi c’è la staffetta 4x100».
Rispetto alla strategia conservativa del 2018, quest’anno non si è risparmiato.
«Dallo stage a Tenerife con Prescod in poi, ho visto un po’ di mondo e mi è piaciuto. Con papà abbiamo allargato gli orizzonti. Dal Mondiale di staffette di Yokohama, la trasferta più bella della mia vita, a Rovereto dove ho battuto Sani Brown e alla sfida Europa-Usa di Minsk in condizioni non ideali, mi sono divertito. A Roma sui 200 ho sbagliato tutto quello che potevo sbagliare. E a Stanford sono stato un fesso a continuare a correre dopo aver avvertito la contrazione. Errore mio».
Sbagliando s’impara?
«Lo spero. Lo staff della Sprint Academy si è arricchito di super specialisti. Ora ho anche un nutrizionista, fondamentale nella fase di recupero dall’infortunio».
Rinunce? Pizza, dolci?
«Continuo a mangiare un po’ di tutto con moderazione. E alle lasagne di nonna Titta non rinuncio».
Senza Bolt
Certo che Bolt mancherà, ma le gare saranno più aperte e questo alzerà il livello
Di Christian Coleman scampato a tre missing test e presente sui blocchi a Doha cosa pensa?
«La decisione di non punirlo è quella che è, mi par di capire che non ci fossero gli estremi. Ognuno interpreta quei tre no-show come vuole… Io non mi faccio né strane idee né pregiudizi: sarà un avversario qualunque».
Usain Bolt mancherà allo sprint?
«Senza il miglior velocista della storia sarà per forza un Mondiale più povero tecnicamente. Ma le gare saranno più aperte e la maggior competizione alzerà il livello di tutti. Mi rimane il rimpianto di non averlo mai affrontato in pista: a Londra 2017, nei 200, non ci incrociammo».
Valerij Borzov, rivale di Mennea, le ha consigliato di correre veloce senza avere fretta. Concetti inconciliabili?
«Ha ragione: è dalla serenità che nascono i risultati migliori».
E il suo idolo Livio Berruti cosa le ha detto prima di partire?
«Mi ha augurato di divertirmi. Correrò con scarpe bianche e calze bianche a mezzo polpaccio, come Livio a Roma ’60. Una citazione doverosa».
Quando Livio l’ha saputo?
«E allora metti anche gli occhiali scuri! ha sorriso. Beh non esageriamo...».
Buon Mondiale, Filippo. Che regalo si farà se arrivasse la grande gioia di una finale?
«Boca Juniors-River Plate, semifinale di ritorno della Coppa Libertadores il 23 ottobre, sperando di incontrare Daniele De Rossi».