Corriere della Sera, 26 settembre 2019
Ogni anno perdiamo il 13% dei ghiacci artici
VANITYX
«Ascoltate gli scienziati», arringa Greta Thunberg. E ieri la scienza è tornata a parlare, rilanciando scenari da incubo se i governi non adotteranno misure per il taglio immediato delle emissioni di gas serra. Quarantott’ore dopo il vertice sul clima di New York – chiuso con (poche) promesse e molti rinvii – l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) ha pubblicato il terzo rapporto in un anno, concentrandosi sulla salute di oceani e criosfera, la porzione di superficie terrestre coperta da acqua allo stato solido. La diagnosi – sintesi di 7.000 ricerche condotte in 36 Paesi – è grave.
I ghiacciai perderanno in media più di un terzo della loro massa nello scenario più grave (emissioni elevate di gas a effetto serra) da qui a fine secolo. Nelle catene montuose ad altezza minore, come le Alpi, si prevede una sostanziale scomparsa di gran parte dei ghiacciai. Ciò modificherà la disponibilità e la qualità dell’acqua a valle, con pesanti conseguenze per l’agricoltura e l’energia idroelettrica da cui dipendono le comunità locali. Lo scioglimento del permafrost (il terreno perennemente ghiacciato alle alte latitudini) e del ghiaccio in Groenlandia e Antartide sta invece già rilasciando oltre 400 miliardi di tonnellate d’acqua all’anno. A Nord, l’area dell’Artico coperta dalla neve in estate si restringe di oltre il 13% a decennio. Si teme il rilascio di decine o centinaia di miliardi di tonnellate di CO2 entro fine secolo, con un’ulteriore accelerazione del riscaldamento.
Sta accelerando a causa dello scioglimento dei ghiacci della Groenlandia e della calotta antartica, oltre che dell’espansione termica dell’oceano. Il livello degli mari aumenterà per secoli e, senza un drastico taglio delle emissioni, entro il 2100 si alzeranno oltre dieci volte più velocemente di quanto sia avvenuto nel XX secolo. Ossia 15 millimetri all’anno contro i 3,6 di oggi e l’1,4 del secolo scorso. Significa che il mare potrebbe sollevarsi di altri 84 centimetri entro fine secolo (la metà con drastici tagli alle emissioni). Le popolazioni di atolli e zone artiche sono le più esposte. Nello scenario peggiore, sono però ad altissimo rischio anche molte regioni costiere: entro il 2300 il livello del mare potrebbe arrivare a +5,4 metri e centinaia di metropoli finirebbero sott’acqua. Costruire protezioni artificiali in mare potrebbe ridurre il rischio di inondazioni da 100 a 1.000 volte, ma sarebbero necessarie «da decine a centinaia di miliardi di dollari all’anno».
Sulle Alpi
Nelle catene più basse, come le Alpi, scomparirà la maggior parte dei ghiacciai
Gli oceani hanno assorbito più del 90% del calore in eccesso del sistema climatico. Dal 1993, il tasso di riscaldamento delle acque è più che raddoppiato e le ondate di calore sono due volte più frequenti, lunghe ed estese (nello scenario peggiore la loro frequenza sarà 50 volte maggiore da qui al 2100). L’oceano ha assorbito tra il 20 e il 30% delle emissioni di biossido di carbonio indotte dall’uomo dagli anni Ottanta, causando l’acidificazione degli oceani, destinata ad aumentare negli anni a venire. Gli effetti diretti e indiretti dei cambiamenti climatici causano una riduzione del potenziale di pesca a livello globale di circa il 15%.
Cicloni, uragani e tifoni diventeranno più potenti anche in un mondo a +2° C, causando maggiori danni alle coste. E le correnti atlantiche, che hanno un ruolo chiave nella redistribuzione del calore sul pianeta, sembrano destinate a indebolirsi, con il rischio di un aumento delle tempeste nell’Europa del Nord, maggiori siccità in Sahel e Asia del Sud, livelli del mare ancora più alti nell’America del Nord.