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 2019  settembre 25 Mercoledì calendario

NON SOLO ITALIA: I “MAGNAGER” FANNO DANNI ANCHE A LONDRA - MENTRE LA “THOMAS COOK” FALLISCE TRAVOLTA DA 1,9 MILIARDI DI DEBITI, SI SCOPRE CHE I VERTICI DELLA SOCIETÀ SI SONO DIVISI 60 MILIONI DI EURO TRA STIPENDI E BONUS NELL'ULTIMO DECENNIO - QUELLO BRITANNICO È IL SESTO VETTORE A FALLIRE QUEST'ANNO, SENZA CONTARE LO STOP AI VOLI PER DUE GIORNI DELLA SLOVENA “ADRIA AIRWAYS” - I SINDACATI CHIEDONO DI FARE PIENA LUCE SULLA GESTIONE DEL TOUR OPERATOR… -

Ci sono anche due Airbus A380 da 486 posti - i più capienti del mondo - presi in prestito dalla Malaysia a dare una mano alla «più vasta operazione di rimpatrio in tempo di pace» del Regno Unito per riportare a casa 150 mila persone che hanno prenotato voli e alberghi con il tour operator Thomas Cook fallito due giorni fa travolto da 1,9 miliardi di euro di debiti.

I turisti rientrati sono saliti a 31.200: 14.700 il primo giorno (lunedì), 16.500 ieri, calcola l'Autorità inglese dell' aviazione civile. I voli speciali proseguiranno fino al 6 ottobre - un paio finora quelli che hanno avuto problemi tecnici - e c' è molta incertezza sulla sorte degli altri 450 mila clienti che, avendo nazionalità diversa, non vengono imbarcati sui voli speciali.

Intanto cresce la polemica per i circa 60 milioni di euro tra stipendi e bonus ricevuti dai vertici della società nell' ultimo decennio. «Mi chiedo se sia giusto che i manager paghino loro stessi con somme così enormi quando l' azienda va tanto male», ha commentato il premier Boris Johnson, lo stesso che ha detto «no» a una sovvenzione di 170 milioni di euro per tenere a galla Thomas Cook e che ora si ritrova a sborsarne 115 milioni per aiutare i connazionali. Anche i sindacati chiedono di fare piena luce sulla gestione del tour operator che ha diverse ramificazioni in Europa e persino in India.

Una rete così estesa che spiega perché decine tra piloti e assistenti di volo - ormai ex dipendenti di un colosso da 21 mila impiegati - risultano bloccati nelle località turistiche al di fuori dell' Europa (Stati Uniti e Caraibi soprattutto) e non riescono a tornare a casa a meno che non paghino di tasca propria i biglietti. «Otto di noi sono stati cacciati dall' hotel a Las Vegas», testimonia via Twitter Katie McQuillan che lavorava come hostess. «Su un collegamento di British Airways sono rimasti tre posti liberi che costano ciascuno 10 mila sterline (oltre 11 mila euro, ndr ) - attacca - e siccome non siamo più personale di cabina non ci è concesso sederci nel sedile riservato al personale».

È uno dei risvolti imprevisti del fallimento di Thomas Cook. Se nei voli di medio raggio piloti, hostess e steward di solito tornano alla base, nei collegamenti intercontinentali gli obblighi di legge prevedono un riposo di almeno un paio di giorni prima di rientrare. Quando l' ultimo volo è atterrato lunedì mattina a Manchester, c'erano decine di dipendenti fuori.

Tra i clienti c'è chi racconta delle «minacce» delle strutture di villeggiatura. «A Tenerife hanno preteso 1.200 euro per la stanza, altrimenti avrebbero cacciato me, mio marito e nostra figlia di nove mesi anche se avevamo già pagato Thomas Cook», racconta la 28enne Stacey Robinson al Manchester Evening News . Gli albergatori, compresi quelli italiani, ritengono che decine di milioni di euro di «fatture» non saranno mai pagate dal tour operator.

Thomas Cook mostra che qualcosa di serio accade nei cieli europei. Quello britannico è il sesto vettore a fallire quest' anno, senza contare lo stop ai voli per due giorni della slovena Adria Airways. «È una realtà che ci preoccupa molto», ha detto ieri Alexandre de Juniac, capo della Iata (l' associazione internazionale delle compagnie) in una chiacchierata telefonica con il Corriere e alcune testate straniere. «Conferma che il nostro è un settore fragile, con pochi margini di guadagno e sempre esposto ai rischi».