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 2019  settembre 25 Mercoledì calendario

Biografia di Virgilio Fantuzzi

Virgilio Fantuzzi (1937-2019). Prete, scrittore e critico cinematografico de La Civiltà Cattolica. Fu amico di Rossellini, Pasolini, Fellini, Olmi, Bellocchio e molti altri registi del cinema italiano. «Se ho conosciuto da vicino Roberto Rossellini, lo devo al mio confratello e futuro cardinale di Milano Carlo Maria Martini che mi permise di partecipare ai lavori di rifacimento dei testi dello sceneggiato della Rai Atti degli Apostoli nel 1969, di cui l’allora gesuita piemontese era assieme al padre Stanislas Lyonnet uno dei consulenti biblici. Da allora nacque un’amicizia che è durata fino alla sua morte nel 1977. Ogni anno la famiglia “allargata” dei Rossellini vuole che sia io proprio nella mia veste di “prete di casa” qui alla Civiltà Cattolica a ricordare con una Messa di suffragio il mio amico Roberto. Con Pier Paolo invece fu nel 1964 a folgorarmi il suo film Il Vangelo secondo Matteo: lì ho intravisto una coerenza e una fedeltà con il testo evangelico che mai avevo incontrato in altre pellicole. A lui devo la partecipazione alle discussioni del gruppo redazionale della rivista Cinema e film. Mi rimane di lui – che si professava “non credente” – la sua attenzione alla mia storia e quel suo continuo chiedermi “perché mi ero fatto prete”. Mi ha sempre impressionato quanto ritenesse importante la questione della pedagogia e del linguaggio nelle sue opere. Federico l’ho sempre ritenuto uno di casa grazie anche alla comune amicizia con il mio confratello Angelo Arpa, il “prete di Fellini”. Tanti sono i ricordi su di lui, tra cui le frequenti telefonate dedicate al confronto a tu per tu a molte delle mie recensioni ai suoi film, come il fatto che mi permise di assistere ad importanti set (ricordo ancora le sue parole “lei può venire quando vuole…”) come Satyricon o La voce della luna. Tra gli aspetti che più mi hanno fatto piacere è stato poter ospitare pochi anni prima della sua morte un’intervista proprio a Fellini su La Civiltà Cattolica che rappresentava in un certo senso un omaggio e un atto di riconoscenza verso questo maestro del cinema che solo pochi anni prima nel 1960, proprio su questa stessa rivista, fu stroncato senza possibilità di ripensamenti per la Dolce Vita dal gesuita Enrico Baragli».