ItaliaOggi, 25 settembre 2019
Periscopio
Inesauribile successo dell’espressione «staremo a vedere». Uffa News. Dino Basili. Calenda lascia il Pd, Renzi lascia il Pd; Richetti lascia il Pd. L’unico che è rimasto nel Pd è Di Maio. Sul web.
eA furia di stoccare tutto nei computer non si avrà ben presto niente nella testa. Philippe Bouvard, Journal drole et impertinent. J’ai lu, 1997.
La curva di Arthur Laffer, economista Usa, illustra, per ascisse e ordinate, una realtà intuitiva: più le tasse sono basse, più il Fisco ingrassa, preferendo i contribuenti pagare quel poco che fare i furbi rischiando molto. Gian Carlo Perna. La Verità.
Conte ha bisogno di Berlusconi come Berlusconi ha bisogno di Conte: entrambi non vogliono finire dilaniati dagli sciacalli che si aggirano sempre più numerosi non solo nel governo, ma anche nel Movimento 5 Stelle e soprattutto in Forza Italia. E adesso Palazzo Chigi, dopo l’uscita di Renzi dal Pd, aspetta con ansia la bozza di un accordo segreto tra il Premier e il Cavaliere, già benedetta, pare, da autorevoli influencer dei Palazzi Vaticani, da blasonati studi legali e dai nuovi luccicanti uffici dei servizi segreti. Luigi Bisignani. Il Tempo.
Non a caso (non sto svelando certo un mistero) una delle principali motivazioni per la formazione della coalizione oggi al governo (per i poteri che davvero contano forse la motivazione principale, anche se proprio per questo mai esplicitata) è stata precisamente quella di impedire che l’ elezione del prossimo Presidente (nella primavera 2022) avvenga fuori dal circuito politico che vede il Pd in un ruolo determinante. È di importanza essenziale per tutta la costruzione e il funzionamento del potere italiano che all’establishment e al suo partito di riferimento (il Pd) non sfugga una tale carica, divenuta oramai, di fatto, la massima autorità di governo del Paese. Ernesto Galli della Loggia, storico, Corsera.
L’angoscia più frequente è quella provocata dal nichilismo. I ragazzi non stanno bene, ma non capiscono nemmeno perché. A loro manca lo scopo. Per loro il futuro, da promessa, è divenuto minaccia. Bevono tanto, si drogano, vivono di notte anziché di giorno per non assaporare la propria insignificanza sociale. Nessuno li convoca. Non potendo fare nulla, erodono la ricchezza accumulata dai padri e dai nonni. Certo, stanno male anche i genitori. Senza che lo sappiano, non sono più autori delle loro azioni. Nell’età della tecnica sono diventati funzionari di apparato. Vengono misurati solo dal grado di efficienza e produttività. Nel 1979, quando cominciai a fare lo psicoanalista, le problematiche erano a sfondo emotivo, sentimentale e sessuale. Ora riguardano il vuoto di senso. Umberto Galimberti (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Mio nonno Giovanni, capostazione e poeta estemporaneo, diceva: «Sono sicuro che noi veneziani non siamo simpatici al Padreterno. Lui non ci ama perché era un tantino invidioso. Avrebbe voluto inventarla lui, Venezia: ma non ci ha pensato in tempo, e i veneziani sono arrivati prima». Nantas Salvalaggio, Signora dell’acqua – Splendori e infamie della Repubblica di Venezia. Piemme, 1997.
Il Grande Fratello è un bluff. Un bluff sofisticato, talvolta addirittura affascinante, ma totalmente ingannevole. Perché chi vive in quella casa sa di essere visto. Quindi aggiusta i suoi comportamenti, censurando e omettendo gesti, parole e impulsi i quali, invece, verrebbero a galla nella vita vera. Paradossalmente c’è più verità in Scherzi a parte o nella vecchia Candid Camera, dove chi è ripreso non sa di esserlo e si comporta, appunto, con candida ingenuità. Enrico Vanzina, Commedia all’italiana. Newton Compton editori. 2008.
Il giornalista Ottavio Dinale, passando ogni limite, scompostamente, su Gerarchia del 1930 scrive: «Si chiamò Benito Mussolini, ma egli era invece Alessandro Magno e Cesare, Socrate e Platone, Virgilio e Lucrezia. Orazio e Tacito, Kant e Nietzsche, Marx e Sorel, Machiavelli e Napoleone, Garibaldi e il Milite Ignoto». Franco Monicelli, Il tempo dei buoni amici. Bompiani, 1975.
«In limine litis» va inoltre eccepita la carenza di legittimazione attiva dell’opponente. Né può sottacersi che il mandato al difensore avversario appare conferito da un soggetto non legittimato, stante il noto brocardo «delegatus non potest delegare». Rebus sic stantibus, sembra superfluo entrare in media res: il merito dell’opposizione infatti non è altro che una summa di considerazioni de iure condendo, prive di qualsivoglia rilevanza di iure condito. Camilla Cederna, De Gustibus. Mondadori, 1986.
Nel maggio francese (1968) si mobilita anche il mondo dell’arte. Pittori, critici, galleristi creano un Comitato di azione delle arti plastiche e cercano di occupare il Museo di arte moderna, troppo conservatore per i loro gusti. I locali però sono stati sprangati dalle autorità e i contestatari si contentano di lasciare un cartello sul portone: «Chiuso per inutilità». Roberto Gobbi, Maggio ’68 – Cronaca di una rivolta immaginaria. Neri Pozza, 2018.
A sud di Fuka, in un vasto anfiteatro di pareti rocciose, dove la sabbia è assolutamente intatta, la carovana scorge un beduino isolato, che procede lento con il suo cammello. Il fatto è curioso, perché la sua direzione di marcia è estranea a qualsiasi meta o provenienza di pozzi o di punti di appoggio. Paolo Caccia Dominioni, Alamein 1933-1962. Longanesi & C. 1966.
Al direttore del quotidiano di provincia che non era contento di me perché non gli portavo buone notizie, dissi: «Io so che in questa città non succede mai niente e s non succede che cosa racconto?». «Povero grullo» disse il direttore con quella ironica bonomia che a volte gli uomini superiori usano verso gli sprovveduti, «in una città di 100 mila abitanti ne succedono di tutti i colori ogni minuto, ma vengono a galla solo poche cose. I fatti più ganzi stanno nascosti come i tartufi. E i giornalisti migliori sono come i cani da trifola, annusano e scoprono. Poi ci sono i cani bischeri come te. Vai, vai, e prova ad annusare!». Guglielmo Zucconi, La divisa da Balilla. Edizioni Paoline, 1987.
Nel grande bosco invernale la violenza dell’acqua del torrente si trasforma in forza motrice dando impulso a magli, mole, mantici. Lavorano a queste grandi macchine, uomini infagottati in stracci di lana, protetti da ampi grembiuli di cuoio. Si forgiano pugnali, accette, spiedi, forche, falcioni, ronconi, punte di lance di frecce, usberghi e mazze chiodate e quant’altro serve per la guerra e la caccia. Pupi Avati, I cavalieri che fecero l’impresa. Mondadori, 2000.
Nessuno ha le idee più confuse di chi si sposa per due volte. Roberto Gervaso. Il Giornale.