ItaliaOggi, 25 settembre 2019
La mensa per gli studenti poveri è pagata grazie ai big data
Big data, abitudini alimentari, posizione economica. Gli algoritmi che governano i pagamenti elettronici attraverso una semplice carta prepagata possono conoscere molto della nostra vita e attraverso questi flussi informativi è possibile attuare anche politiche sociali. Un po’ quello che ha fatto l’Università di Xidian, fondata nel 1931 nel Nordovest della Cina e specializzata nell’elettronica e nell’ingegneria: ha utilizzato i big data delle mense universitarie per individuare gli studenti più poveri e sostenerli economicamente.Alcuni studenti, come racconta il Global Times – il tabloid del Quotidiano del Popolo, il giornale del Partito comunista cinese – si sono misteriosamente ritrovati più soldi sulle loro carte prepagate per i pasti. Il mistero è stato ben presto risolto: quelle somme fanno parte di un programma di sovvenzione dell’università destinato agli studenti economicamente svantaggiati, una forma di aiuto studiata per essere discreta e proteggere la dignità dei ragazzi.
I soggetti da aiutare, come detto, sono stati individuati attraverso i dati che arrivano dalle mense: gli studenti che più spesso acquistano piatti a basso costo sono quelli che hanno bisogno dei sussidi. In particolare sono stati incrociati i dati di chi mangia in mensa più di 60 volte al mese e spende meno di 5 yuan per pasto, circa 60 centesimi di euro. Per il momento gli aiuti sono stati dati a 203 studenti che hanno ricevuto 720 yuan sulle loro carte (circa 92 euro). L’importo è stato calcolato sul costo medio dei pasti salutari serviti nelle mense delle università cinesi, in modo da dar la possibilità a questi giovani di coprire le spese per i pasti per almeno metà semestre.
Il programma è stato ben accolto nel mondo accademico e dalle famiglie degli studenti. Lu Lin, direttore del Centro degli aiuti dell’Università di Xidian, ha spiegato al giornale cinese che il programma di sostegno proseguirà anche nel prossimo semestre.
Anche sul web sono stati numerosi i commenti positivi all’iniziativa, ma c’è chi ha fatto notare una lacuna: se gli studenti più poveri non mangiano mai nelle mense universitarie, come può l’università trovarli e aiutarli?