La Stampa, 25 settembre 2019
I piani del governo per uscire da Mps
Si riaccendono i fari sul Monte dei Paschi di Siena. Il nodo del piano per permettere al Tesoro di uscire da Rocca Salimbeni, di cui ha il 68,247% risultato del salvataggio, sta arrivando al pettine. Siamo lo studente che, al solito, si riduce a fare i compiti all’ultimo minuto: il piano deve essere presentato dal governo all’Unione Europea entro la fine dell’anno. E va messo in pratica entro l’approvazione del bilancio 2021, ossia entro la primavera dell’anno successivo. Mancano tre mesi, occorre accelerare.
E il ministero dell’Economia – come ha ricostruito l’agenzia Bloomberg – potrebbe presentare a Bruxelles tre diversi piani d’uscita dal Monte. C’è la vendita delle azioni sul mercato, ma le pressioni sul titolo rischierebbero di schiacciarne le valutazioni. C’è la cessione diretta della quota, ma sarebbe complessa. Terza strada: la fusione con un altro istituto bancario.
Lunedì scorso il direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, ha ammesso di avere allo studio anche quest’ultima ipotesi, quella del consolidamento. Nessuno, però, si illude che il governo, alla fine, possa rivedere i soldi spesi nel 2017 per salvare la banca dalla catastrofe. Oggi il titolo a Piazza Affari vale 1,56 euro (+0,39% ieri a Piazza Affari), lontano anni luce da 6,5 euro dei primi acquisti.
Quindi se i soldi non si rivedranno, tanto vale approfittare per fare un’operazione di sistema, è uno dei ragionamenti. Ma con chi? In Italia ci sono solo due banche sempre tirate in ballo per una fusione col Monte e sono il Banco Bpm, istituto milano-veronese frutto dell’ultima e unica grande aggregazione, e Ubi Banca. A inizio 2016, l’allora ministro Pier Carlo Padoan provò a coinvolgerle entrambe in un’operazione che tramontò nel giro di una settimana. L’ad del Banco Bpm Giuseppe Castagna, che in primavera dovrà essere riconfermato dagli azionisti, da lì in poi ha sempre detto di non ritenere Mps adatta al caso di Piazza Meda: troppe filiali, più adatte a chi ha bisogno di allargare la rete per le proprie fabbriche prodotto che Banco Bpm non ha, ma vuole consolidarsi nei suoi territori d’elezione. Ubi Banca ha sempre smentito. Si può recuperare in qualche modo? Nei palazzi qualcuno è convinto che la cosa sarebbe più fattibile se il Monte si alleggerisse del peso dei crediti dubbi, nell’attuale proiezione di fine anno pari al 12,7% del totale, e si avvicinasse alla media nazionale dell’8-9%. La banca nei prossimi 3 mesi vuole accelerare con le cessioni di posizioni deteriorate e prepararsi così al meglio. Il governo proverà a presentare a Bruxelles linee guida sufficientemente flessibili, per convincere una possibile sposa entro il 2021 e uscire dall’impasse.