la Repubblica, 25 settembre 2019
Bernard Perez parla di Libra
LONDRA – Bertrand Perez si muove con cautela fra le parole. Le pesa, sta ben attento a non dirne di troppo. L’espressione “teso come una corda di violino” è esagerata nel suo caso, ma certo davanti a dieci quotidiani europei riuniti per ascoltarlo gioca sulla difensiva. Franco-spagnolo, con un lungo passato nelle fila di PayPal, oggi è a capo della Libra Association, il consorzio voluto da Facebook formato da quelle cento compagnie che stanno per lanciare la prima moneta virtuale per le masse. L’annuncio è di giugno, immediata la levata di scudi della maggior parte delle banche centrali che non hanno nessuna intenzione di consentire la nascita di una valuta privata di larga diffusione. E così ora Facebook e gli altri hanno deciso di cambiar tono e chiarire qual è, per ora, l’obbiettivo primario. “I servizi finanziari non sono accessibili a tutti e sono cari” esordisce Bertrand Perez. «Chi manda soldi da un capo all’altro del mondo deve pagare una media del sette per cento di commissioni, fare lunghe file e attendere giorni che i soldi arrivino». Le rimesse degli immigrati dall’estero, questo è l’obbiettivo? «Non solo. Nel mondo quattro miliardi di persone usano servizi bancari fra di loro molto disomogenei. Il costo del trasferimento di soldi ad esempio è di media del 7 per cento, ma raggiunge in certi casi anche il 12. Parliamo nel complesso di 600 miliardi di dollari che ogni anno si muovono da una parte all’altra del pianeta usando tecnologie vecchie di mezzo secolo e con costi alti per chi ha pochi soldi e bassi per chi ne ha tanti. Senza dimenticare che un terzo della popolazione mondiale, 1,7 miliardi, non ha un conto in banca ma ben un miliardo di loro possiede uno smartphone». Nell’associazione ci sono aziende come Spotify o Iliad che con buona probabilità non sono interessate alle rimesse. «Le commissioni saranno tanto basse da permettere transazioni molto piccole. Spotify sta studiando un nuovo ventaglio di servizi basato sui micro-pagamenti e di arrivare in mercati che oggi non riesce a raggiungere per l’assenza di servizi finanziari. Ma un domani con Libra sarà possibile anche acquistare in un negozio se quella determinata catena aderirà all’associazione o fare acquisti all’estero senza doversi preoccupare del cambio». Tutto attraverso Whatsapp, Facebook o Instagram? «Libra sarà un’app a sé e gli utenti avranno un proprio portafoglio di monete virtuali che cambieranno ad un tasso ancora da decidere con la propria valuta. Il portafoglio potrà essere utilizzato anche dall’interno dei social network di Facebook come di eBay, Uber o di altri. In futuro quindi si potrà sia pagare una corsa in taxi nel nostro Paese come in un altro usando sempre la stessa moneta, sia comprare online o nei negozi. E si potrà scegliere di avere il proprio portafoglio di monete virtuali anche al di fuori di Facebook, visto che è solo una delle cento aziende dell’associazione». Ma ha oltre due miliardi di utenti a differenza degli altri. «Che non necessariamente saranno interessati a Libra. Aprendo Whatsapp si avrà la possibilità di effettuare un versamento istantaneo a chiunque abbia un portafoglio anche se su un servizio diverso». L’inizio. Dove sarà? «Non posso ancora dirlo. Posso però confermare che in Svizzera siamo stati accettati come piattaforma per i pagamenti e stiamo facendo richiesta per avere la licenza». Quindi è una piattaforma per i pagamenti o una moneta? «È anche una moneta, ma non si sostituirà all’euro o al dollaro». Le banche temono di esser soppiantate? «Stiamo parlando anche con loro, l’associazione è aperta a tutti. Come la tecnologia blockchain: chiunque potrà controllare il software». Libra e il Bitcoin cosa hanno in comune? «Il Bitcoin è un bene volatile e con poche transazioni al minuto. Libra nasce per essere stabile e globale». Sempre che ve lo permettano. «La blockchain è una tecnologia dalle grandi potenzialità ma è ovvio che sollevi domande e noi intendiamo rispondere a tutti».