Giuseppe Fantasia per www.huffingtonpost.it, 24 settembre 2019
AGGUER-RITA DALLA CHIESA - "LA D'URSO NON SI È INVENTATA NIENTE, IL FENOMENO FERRAGNI NON LO CAPISCO. LITIGAVO CON AMBRA. ECCO PERCHE’ - LA RAGGI? INADEGUATA. LA MELONI MI VOLEVA SINDACO DI ROMA MA NON POTREI FARLO MAI. ORA MI BATTO PER MILANO CAPITALE" – E POI LA CUCCARINI (“L’HO DIFESA CONTRO LA PARISI E NON ME NE PENTO”), IL PADRE GENERALE, FALCONE, SAVIANO, ULTIMO, BERLUSCONI, FRIZZI: "FIDANZARSI DI NUOVO? PERCHÉ NO? MI DICONO: “MA DATTI UNA CALMATA”, E IO RISPONDO... -
Quando si incontra una come Rita dalla Chiesa, è come incontrare un amico di famiglia o un parente: è come se la si conoscesse da sempre. Personaggio storico della tv privata e generalista, è entrata e continua ad entrare da trent’anni nelle case degli italiani con quel garbo che la contraddistingue, amplificato da un tono di voce che è sempre rassicurante anche quelle volte in cui – come tutti - ce l’ha col mondo, perché – magari – qualcosa non è andato o non sta andando come lei vorrebbe. Piace al grande pubblico perché è sé stessa, senza schemi precostituiti e senza erigere barriere, sempre attenta all’ascolto prima che agli ascolti.
“Sono come incapsulata nel silenzio di un urlo che dura oramai da tutta una vita” - racconta però all’HuffPost quando la incontriamo a Pordenone, dove è stata ospite della ventesima edizione di Pordenonelegge – e ciò mi ha portato a scrivere questo mio libro, (“Mi salvo da sola”, pubblicato da Mondadori, ndr). “Ci ho impiegato solo tre mesi per scriverlo – continua – perché avevo delle cose pesanti che dovevo portare a galla invece di tenermele sempre dentro. Non volevo che fosse cambiata neanche una virgola. Tutto quello che c’è nel libro mi appartiene davvero”.
Lo dedica alle onde della sua vita che l’hanno aiutata a tornare a riva. Ci spieghi meglio. “Sì, è così. Ognuno cerca la propria onda nella vita. Uso spesso queste metafore sul mare, perché vivendo di mare, le onde sono le voci che mi arrivano da chi questo mare lo ha attraversato, da Ulisse a oggi. Vedo queste onde che mi sono state vicine, che si sono allontanate iniziando un loro viaggio. Arrivano e se ne vanno. È come se mi parlassero in quel momento, è come se mi raccontassero delle cose e poi le portassero a largo. È difficile da spiegare, ma sono molto importanti”.
La Rita “casinista con il suo mondo incasinato, imperfetto, ma non ancora diventata inferno”, come scrive, è tornata? “È tornata, ma in modo diverso. Ho dovuto mediare tra la Rita di allora e quella che si era costruita scrivendo il libro. Ho fatto come si fa con un puzzle: si butta tutto all’aria e poi però si ricomincia. L’ho fatto con maggiore maturità però. Gli anni passano e le situazioni sono cambiate e sono diverse. Sono razionale e precisa come il mio segno, la Vergine, una rompiscatole in servizio permanente affettivo, ma ho anche l’ascendente Cancro”.
Questo cosa aggiunge? “Che non vivo e non respiro se non ho un sogno. Ho bisogno del sentimento e amo le persone che mi danno subito la sensazione dell’abbraccio e della cuccia. Sono una persona che si innamora sempre e mi innamorerò sempre. Mio nipote Lorenzo che oggi ha undici anni, mi dice sempre che mi devo fidanzare. Ha capito di me e che non rinuncio alla vita, a innamorarmi così come alle emozioni”
Del resto, perché dovrebbe rinunciarvi? “Infatti, perché dovrei rinunciare? Mi dicono in molti: “ma datti una calmata”, e io rispondo sempre “ma manco per niente!”. L’amore non ha età, come ci insegna Kent Haruf ne “Le nostre anime di notte” e non soltanto lui? “No assolutamente. La sessualità esiste a qualunque età e non cambia neanche forma, non cambia l’essenza. È il donarsi, il darsi reciprocamente. È una cosa bellissima. Pronta a fidanzarsi di nuovo? “Se ci sarà l’occasione, perché no? Io ci sarò. Non ho chiuso con i miei sentimenti e tutto il resto, sono aperta a qualunque possibilità, a qualunque emozione e a qualunque forma di amore mi arrivi”.
Aveva 34 anni quando suo padre veniva ucciso dalla mafia in via Carini, a Palermo. Oggi sono passati 37 anni da quella tragedia: lei e i suoi fratelli vi siete sentiti più considerati? “Mattarella ha definito papà un innovatore e un lungimirante, c’’è stata la traccia della maturità di quest’anno dedicata a lui…Qualcosa è cambiato nei confronti di mio padre, sicuramente. Lui non era siciliano, ma la Sicilia ha fatto da collante alle nostre vite. In Sicilia però sono sempre stati portati a pensare a Falcone e a Borsellino mentre il generale Dalla Chiesa era il generale, c’era un grande amore nei suoi confronti, ma come se fosse in secondo piano. Nel resto d’Italia è stato amato moltissimo, soprattutto Milano”. Ai funerali arrivò l’allora presidente Pertini per farle le condoglianze, ma lei non volle salutarlo e restò accanto a suo padre tutto il tempo. “Io da loro non voglio niente - disse e scrive - perché sono tutti complici”. “Restai vicino alla bara di mio padre, non l’ho volli lasciare solo manco un secondo, perché volevo fargli compagnia in un periodo in cui era rimasto solo”.
Andreotti ai funerali non c’era e lui giustificò l’assenza dicendo che preferiva andare ai battesimi più che ai funerali: come interpretò quella frase? (Sospira un po’ e poi ci fissa) “L’ho interpretata come una sfida e come un coinvolgimento”.
Giorgio Bocca scrisse che la mafia uccide solo quando si accorge che ti hanno lasciato solo. “Esatto. Bocca ci ha raccontato che incontrò mio padre all’uscita della prefettura completamente solo, lo aveva già capito da tempo che non c’era nessuno con lui e attorno a lui. Noi lo avevamo capito a Ferragosto quando aveva cercato di mettersi in contatto con alcuni politici dell’epoca da Spadolini a De Mita: nessuno gli rispondeva a telefono. Lì ho iniziato ad avere la sensazione che non avevo prima che potesse succedere qualche cosa”.
Come si sconfigge mafia? È una frase che può avere risposta? “No, la mafia non la sconfiggi, è una mentalità. Non è solo impersonata in uomini o in azioni, ma in un pensiero. La mafia è un pensiero che esiste, che c’è e che non si riesce a bloccare, continua a esserci purtroppo. In Sicilia da qualche tempo ha ricominciato ad esserci questo pensiero strisciante”. Del giudice Giovanni Falcone che ricordo ha? “Leggeva con me e i miei fratelli i diari di mio padre per cercare di capire qualcosa in più. Continuava ad insistere sulla preoccupazione di mio padre che io mi fossi separata (dal primo marito, Roberto Cirese, da cui ha avuto la figlia Giulia, ndr). Ricordo i suoi occhi, come mi guardava mentre leggevamo quei diari e la sua ironia. Aveva un’ironia, un guizzo tipicamente siciliano dell’uomo che cerca di capire ma che poi ti fa capire che puoi parlare, ma che poi ci pensa lui”.
Ha visto “Il traditore” di Bellocchio? “Sì, mi è piaciuto, ma soffro ogni volta che vedo o sento parlare di Falcone. Anche in una fiction mi era successo, quando lui si affaccia alla finestra e parla di papà. Di Falcone non posso che avere un amore profondo, un rispetto per la sua memoria e anche se poteva sembrare ruvido, un uomo non un facile alla commozione, era di una sensibilità infinita. Ci chiamò in via dei Selci, a Roma, era la prima volta che lo vedevamo. Noi fratelli ci guardavamo, non ci fidavamo. Lui con uno sguardo capì che davanti quel giudice non avremmo parlato. Lo ha fatto allontanare, aveva una grande risma davanti, tirò fuori la stilo e dalle due del pomeriggio alla nove di sera ha scritto la deposizione di noi tre fratelli a mano”.
Tornando a suo padre, nel libro scrive che “non ha mai avuto la scorta per non mettere in pericolo la vita di altri uomini”. “Oggi la scorta ce l’hanno tutti, anche persone di cui dici: ma perché ce l’hanno? Mesi fa disse la sua anche sulla scorta a Roberto Saviano. “Sono stata attaccata sui social. Non dicevo di togliere la scorta a lui, ma di ridarla al capitano Ultimo, che è una cosa diversa. Perché a lui doveva essere tolta e lasciata a Saviano? O tutti e due o nessuno dei due.
Lei, quindi, è per la scorta ad entrambi? “Sì, certo, per tutti e due. Adesso la vogliono ritogliere a Ultimo. C’è un qualcosa che deve essere rivisto nell’ufficio scorte. La scorta è una cosa seria, sono uomini che vengono tolti dalla strada dove servirebbero di più e poi dovrebbe essere data a persone che rischiano veramente, perché hanno denunciato veramente”. Arriviamo a Fabrizio Frizzi, il suo grande amore. “Era l’amico della notte che mi telefonava sempre, un ragazzo che conobbi con una sciarpa di seta bianca e una rosa rossa che poi mi regalò”. Sedici anni insieme, undici anni più giovane di lei: mai avuto paura della differenza di età? “All’inizio, poi no. Mi diceva che tra i due, la ragazzina ero io. Il rapporto era talmente forte e molto possessivo per entrambi, ma siamo stati bene insieme. Gli sono grato di quello e basta. Ho sofferto più quando ci siamo separati che quando è morto”.
Anche se racconta che quando vi siete separati lui la teneva per mano. “Me l’ha presa e abbiamo firmato insieme. Lui poi è venuto a togliermi la fede e io a lui. Un amore fortissimo, il vostro, come quello del pubblico per lui. Fabrizio Non è stato però ripagato della sua fedeltà sul lavoro. Berlusconi lo voleva a tutti i costi e a ogni prezzo, ma lui rimase sempre fedele alla sua Rai, ma la Rai di quel periodo non è stata fedele a Fabrizio. Per un periodo non ha più lavorato, tra l’altro”. Quando? “Da quando durante Miss Italia Del Noce gli disse in diretta che quella era una trasmissione noiosa e lenta. Tu non puoi dire quella frase a un conduttore che sta portando faticosamente a casa una trasmissione che dura quattro ore. Dal tuo direttore di rete ti aspetti un “bravo”, non una critica e perlopiù in diretta. La faccia di Fabrizio in quell’occasione non me la dimenticherò mai”.
Anche il critico Aldo Grasso ce l’aveva con lui. “Grasso ce l’ha sempre avuta con Fabrizio, non si capisce il perché. Nella lettera scritta da suo fratello Nando il giorno dei funerali di Fabrizio si parla anche di quel critico. “Si, ma non lo nomina mai per scelta, però ne parla”. Ha lavorato per anni per la tv di Berlusconi: che ricordo ha di lui? “L’ho adorato come presidente di Fininvest e Mediaset. Quell’uomo ha un’umanità che poi è stata sommersa purtroppo da altre cose. È un uomo buono e generoso, si è sempre occupato delle persone con cui lavorava a Mediaset. Conosceva i nomi di tutti i tecnici e di tutti i cameraman, si è sempre occupato con le persone con cui lavorava”.
Questo l’ha imparato da lui, lo fa anche lei. “Sì, perché non siamo nessuno, non saremmo e non siamo nessuno, questo tutti, mettiamocelo bene in testa. Nel nostro lavoro si deve sempre dire “noi”. A me l’ha insegnato Berlusconi. Quelli che sono venuti dopo e che non hanno lavorato con lui, si comportano in modo molto diverso. La tv è molto cambiata oggi anche da quel punto di vista. Si parla sempre di “io” e del “noi” se ne ricordano all’ultima puntata. Li devi ringraziare tutti i giorni con il rispetto per loro”.
Dal 1988 al 1997 è stata il volto di “Forum” e poi di nuovo fino al 2013, poi non più. Cosa è successo, qual è la verità su quell’addio? ″È un programma che mi sono cucita addosso, un abito sartoriale, non acquistato nel primo negozio che capita. Stavamo lavorando alla nuova edizione, ero andata a fare delle telepromozioni ai materassi, torno su alla produzione e mi dicono di sedermi perché mi devono dare una notizia. “Forum – mi dissero -finisce a novembre. Cosa ne sarebbe stato dei contratti agli autori e ai redattori già firmati? Il mezzogiorno, mi dissero, serviva a qualcun altro”.
La dalla Chiesa trattata un po’ come Mike Bongiorno? “No, perché Mike non aveva la trasmissione, noi ce l’avevamo e stavamo lavorando alla nuova edizione”. Quindi, dopo, Forum è stato sospeso? “No, io sono andata via – ho sbagliato a non andare a Mediaset da Piersilvio a chiedergli cosa stesse succedendo” “Non ho mai saputo chiedere”, scrive nel libro. “Sì, è vero, oggi so che funziona il contrario. Non andai a chiedere, ma poi Cairo mi offrì un contratto una settimana dopo da lui nel suo ufficio dove c’era una grande tavolo con tutte le cose che avevo fatto, articoli e introiti portati a Publitalia con Forum. Firmai il contratto il 7 settembre del 2013, Barbara Palombelli (attuale conduttrice del programma, ndr) lo ha firmato il suo con Mediaset ad agosto. Loro potevano chiamarmi e dirmi: “Rita, ma che stai facendo? Torna con noi”. Ecco, questo mi è mancato”.
Ovviamente in tutto questo non ce l’ha con la Palombelli. “Ma certo che no, lei che c’entra. Anzi, dico sempre “chapeau”, perché prendersi una gatta da pelare come Forum dopo che l’avevo fatto io per tanti anni non era semplice. Barbara non c’entra, è bravissima”. “Uscivo la mattina alle otto e rientravo la sera tardi”, scrive nel libro: come la D’Urso oggi? “Quello che fa lei oggi è stato già fatto. Lo facevo io, ma in maniera meno esposta, perché non c’erano i social come adesso. Ero totalmente dedicata a loro, affettivamente non solo professionalmente”.
Tra la D’Urso e la Venier chi sceglie? “Scelgo Mara, è la mia amica di sempre. Siamo molto diverse, ma simili sulla comprensione e l’ascolto. E poi non ce la tiriamo. Lei ha un carattere più brusco del mio, anche sul lavoro. È una che ti manda all’altro Paese in tre secondi”. È soddisfatta di quello che fa oggi, il pomeriggio del sabato Rai Uno e poi la radio? “Sì, ma se fosse per me, sparirei dalla tv. Oggi la guardo più da spettatrice. Ma non si può sparire”.
“Sono libera, precisa nel libro: gli ideali a differenza del potere ti rendono libera”. È così? “Sì, è vero, sono libera, sono mia. Non seguo il gregge, non appartengo a nessun partito politico, ho le mie idee”. Quali sono? “Posso avere delle idee possono rappresentare le idee di Forza Italia per una cosa, le idee del PD per altro, quella dei grillini per altro. Meno in realtà per i grillini devo dire – o per la Lega”.
Un mix insomma. “Qualcuno mi dice infatti che io non ho le idee chiare, ma non è affatto vero: io ho le idee libere, sono gli altri che non le hanno chiare”. Meloni la voleva sindaca di Roma, ma durante un comizio elettorale fu criticata proprio dall’estrema destra. “Casapound mi fischiava perché stavo parlando dei diritti gay. Salvini mi ha difesa. Sono contro la caccia, le pellicce, sono vegetariana, Sono cresciuta vicino a mio fratello che mi ha fatto assorbire alcune cose, sono vissuta in caserma con i carabinieri e ne ho assorbite altre. Per questo ho idee, ma nessuno mi può ingabbiare”.
Rita dalla Chiesa è social? “Molto. Sto tanto su Twitter e Instagram, anche su Facebook, ma meno. Su Twitter hai la percezione di quello che la gente pensa in quel momento”. Lei è spesso è attaccata dagli haters: perché? “Perché dico quello che penso. Internet è vero che ha dato parola agli imbecilli, ma è anche vero che l’ha data anche a molti intelligenti che ci hanno fatto conoscere realtà che altrimenti non avremmo mai conosciuto”.
Un attacco lo ricevette quando difese la Cuccarini, la “sovranista” attaccata da Heather Parisi. “In un tweet la Parisi diceva: “Cercasi ascolti per ballerina sovranista”. A una collega non lo puoi fare secondo me. Lorella è una persona deliziosa che va d’accordo con tutti, ma come si può?”. Del fenomeno Chiara Ferragni cosa ne pensa? Il suo documentario è entrato nella storia del cinema italiano per essere stato il più visto in un week end. “Allora Tornatore non serve a niente? E Ozpetek? È terribile questa cosa. Se è stato visto, è un fenomeno sicuramente e qualche sociologo ce lo spiegherà. Io francamente il fenomeno Ferragni non lo capisco. Lei deve essere sicuramente un genio che si è creata un impero di lavoro, ma chi va a vedere un film sulla Ferragni, lo capisco meno. Mi dispiace allora, sono vecchia, non capisco” (ride, ndr).
Tra gli altri fenomeni, nel libro parla anche di Ambra e delle ragazze di “Non è la Rai”che erano sue vicine negli studi al Palatino. “Sì, con Ambra litigavo spesso per l’aria condizionata. Ma litigo con tutti per quello, sui treni, con i controllore e non solo e poi lo scrivo su twitter”. Lei ama Milano, lo dice sempre: perché? “Oggi deve diventare la Capitale d’Italia, mi batto per questo”.
E Roma? “A Roma ci abito, ma non si sopravvive, vedi sempre più gente che se ne vuole andare, perché dall’altra parte non hai risposte. È tutto uno stiamo lavorando, stiamo valutando, stiamo risolvendo ma non si risolve niente e anche il romano più radicato sul territorio oggi si sta rendendo conto che Roma non è vivibile. Abbiamo un turismo che non ha nessuna altra città e di questo in pochissimi se ne rendono conto”.
Si è mai pentita di non essere diventata sindaca della Capitale come voleva la Meloni? “No, sono felice, perché la politica mi piace molto, ma non mi andava e non ma di mettermi in una cosa simile”. Della Raggi cosa ne pensa? “Non credo che non sia una brava persona, ma penso che sia inadeguata, è troppo giovane”. Nessuno si salva da solo, neanche lì, ma lei dice – come recita anche il titolo del suo libro – che si salva da sola: come si fa? “Devi concentrarti su te stesso ed essere libero, questo è il segreto. Provateci”.