Corriere della Sera, 24 settembre 2019
Rosy Bindi su Renzi
ROMA «La scissione di Renzi? Non è finita qui».
Rosy Bindi, teme un secondo «big bang»?
«Temo che ci saranno altre uscite dal Pd – prevede la ex presidente dell’Antimafia, tornata in direzione —. Renzi ha incassato ministri e sottosegretari, è uscito con grande cinismo e tempismo e ora siede al tavolo del governo».
Può far cadere il governo quando vuole?
«Di certo rivendicherà la golden share. La sola spiegazione della scissione è che, Renzi, di cui non mi sono mai fidata, non sa stare in un partito dove non comanda. Renzi e Salvini faranno di tutto per alimentarsi a vicenda, quindi toccherà al Pd combattere la cultura che la Lega interpreta».
Il suo ritorno in direzione dopo l’uscita del «rottamatore» ha fatto notizia. Che clima ha trovato?
«Con Renzi al Nazareno, non ci andavo perché non facevo parte della direzione. Dall’ultimo congresso sono membro di diritto come ex presidente del Pd. Dopo la scissione, che non mi ha sorpreso, mi è sembrato importante esserci».
Che clima ha trovato?
«La consapevolezza della serietà del momento. Questa sfida si vince con una operazione culturale e politica molto forte e se diamo risposte ai gravi problemi dell’Italia, non se la interpretiamo come una mera operazione di potere».
Serve un nuovo partito, o serve ancora il Pd?
«Il Pd, anche più di prima. Se qualcuno pensa di tornare a una forza di sinistra che dimentica di essere plurale, le conseguenze potrebbero essere devastanti. I problemi del Pd nascono dalla tentazione di un’autosufficienza, da egemonie e nostalgie reciproche, da accordi di potere. Non siamo mai riusciti a fare sintesi».
È un avviso a Zingaretti, a non rifare la «ditta» ex Ds?
Mi è parso
importante
andare in direzione
vista la serietà del
momento
Il Pd serve più di prima
Ma i suoi problemi nascono da una tentazione
di auto-sufficienza
Non siamo riusciti a fare sintesi
«Penso che il segretario non soffra di cesarismo e stia cercando l’unità. È il profilo giusto per questa fase, in cui bisogna aprire porte e ricostruire. Renzi ha potuto desertificare il Pd perché le radici non erano profonde. Non basta stare al governo, serve un’alleanza con la parte sana della società, che se trova una sponda è capace di ribellarsi a questa inciviltà».
Tanti italiani rimpiangono i porti chiusi di Salvini.
«È cambiato il governo, ma le paure della gente non sono cambiate. La comunicazione con il Paese si è interrotta nelle correnti profonde e solo una forza che fa del pluralismo la sua cifra può ristabilirla. Non si può liquidare il tema delle migrazioni ai porti chiusi o aperti, perché lì Salvini vince pure tra i cattolici».
Cosa dovrebbe fare il Pd?
«C’è timidezza, si soccombe, invece vorrei che il Pd trovasse il coraggio di dire che l’immigrazione è una sfida strutturale per i prossimi decenni, non un’emergenza. Se stiamo al governo per ricostruire valori comuni ce la possiamo fare, altrimenti la sentenza è solo rimandata».
Bersani deve rientrare?
«Se Bersani non avesse fatto le famose primarie, Renzi non sarebbe mai stato legittimato. Per la loro dignità il problema non è rientrare, ma partecipare con il Pd a una nuova stagione costituente del centrosinistra».
Con i 5 Stelle, o senza?
«La vera sfida è lavorare sui tanti elementi positivi che ci sono e portare quella forza politica dentro il pieno percorso della democrazia costituzionale. Se le alleanze si fanno con questo spirito si può andare avanti, se è solo un mezzo per vincere le elezioni, no».
Le dispiace non stare al governo?
«Non ho rimpianti. Ho fondato assieme ad altri un’associazione per la difesa della sanità pubblica. Faccio il conferenziere gratis a mie spese e sono contenta così».