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 2019  settembre 24 Martedì calendario

Che può combinare ancora la Ferrari

SINGAPORE – E ora, questa Ferrari inaspettata, agli avversari e a se stessa, dove può arrivare? La doppietta di Singapore ha scombussolato l’andatura di un Mondiale che è andato troppo frettolosamente a scrivere il proprio finale nella prima metà della stagione. Difficilmente, per non dire senza speranza, potrà essere riscritto visto il vantaggio ormai accumulato dalle Mercedes su tutti gli altri a sei gare dalla chiusura del sipario ad Abu Dhabi. Però la distanza tra le Frecce d’Argento e le Rosse in un solo mese si è ridotto a 133 punti nella classifica a squadre. L’1-2 Vettel- Leclerc a Marina Bay è stata una sferzata per l’orgoglio della Scuderia che ha lavorato sodo, anzi «ha fatto i salti mortali» come ha specificato il team principal Mattia Binotto, per recuperare il ritardo e correggere gli errori concettuali della SF90, quest’anno particolarmente sofferente su piste ad alto carico aerodinamico, con curve lente, dove serve trazione in uscita: come Budapest dove il Cavallino ha accusato ad agosto un minuto di ritardo dalle altre, ma anche come Singapore dove ha doppiamente vinto. Ci è riuscita con cambiamenti così radicali (muso, ala posteriore, fondo, estrattore) da farla sembrare un’altra macchina e che hanno funzionato oltre ogni aspettativa. Più che i successi a Spa e a Monza, piste considerate favorevoli, il circuito asiatico ha rivelato la nuova faccia e anche la direzione della rossa del futuro. «Rimpianti per la prima parte della stagione? L’importante è aver individuato i punti deboli della vettura e aver lavorato per migliorarli, anche in vista della prossima» ha spiegato Binotto che mai ha pensato alle sconfitte dell’inizio dell’anno come irrimediabili, né che due piloti forti fossero un problema: «La monoposto è migliorata e da qui alla fine del Mondiale ci sono ancora piste in cui potremo essere veloci. Ma anche i nostri concorrenti saranno molto forti su alcuni circuiti». Il prossimo fine settimana la prima controprova a Sochi, in Russia, che sulla carta e anche nelle statistiche non risulta una pista favorevole alle Ferrari, visto che non hanno mai vinto da quando si corre sul Mar Nero (2014). Ma anche per i restanti 5 appuntamenti in calendario i margini di un successo italiano sono, in teoria, molto sottili tranne, forse, ad Austin dove l’anno scorso Kimi Raikkonen tornò a vincere dopo 5 anni di astinenza. Ma prima c’è il Giappone, feudo Mercedes dall’avvento dell’era ibrida (2014), e dopo il Texas il Messico, riserva finora di anglotedeschi ma anche dei Red Bull, ma che potrebbe farsi palcoscenico di una nuova sorpresa Ferrari. Brasile un’altra incognita (Vettel ci ha vinto due anni fa), mentre negli Emirati dal 2014 festeggia il gran finale la Mercedes che è sempre stata ampiamente padrona anche degli ultimi 5 mondiali. «Se abbiamo chance da giocarci anche quest’anno? Stiamo cercando di vincere ogni singola gara. Vogliamo fare del nostro meglio e assicurarci che ci stiamo preparando in modo adeguato per il prossimo anno». Che è appena iniziato.