la Repubblica, 24 settembre 2019
Il fai-da-te sconfigge i tour operator
VANITYX
Il “turista fai da te” alla fine, ha vinto la sua battaglia. E a colpi di clic, dopo essere stato sbeffeggiato per anni dai grandi tour operator ("Ahi, ahi, ahi”, dicevano gli spot dei suoi viaggi “anarchici"), ha portato a casa il suo scalpo più illustre: la Thomas Cook. I numeri parlano da soli: il business delle vacanze è in pieno boom. Il giro d’affari – calcola la Banca Mondiale – è passato dai 928 miliardi del 2008 ai 1.449 dello scorso anno. Il serbatoio dei nuovi ricchi dei Paesi emergenti – cresciuti dal 25% del totale nel 2014 al 41% attuale – è garanzia per il settore di un futuro d’oro. L’evoluzione darwiniana dell’era digitale però ha rivoluzionato l’identikit dei protagonisti: i dinosauri del viaggio organizzato che hanno perso il treno della metamorfosi hi-tech – Thomas Cook è l’ultimo esempio – sono finiti gambe all’aria. E al loro posto sono spuntati dal nulla i nuovi big del turismo 4.0: Airbnb, Booking, Expedia, Ryanair, Uber, Tripadvisor. I grandi supermercati del turismo virtuale aperti 24 ore su 24, a portata di tastiera da ogni angolo del mondo e capaci di offrire servizi “su misura” a prezzi superconvenienti. L’arma finale con cui il viaggiatore fai da te, che si costruisce il viaggio da casa e con il computer, è diventato il protagonista assoluto del nuovo Eldorado turistico. La metamorfosi è stata rapida e per molti dolorosissima. In Italia il numero delle agenzie di viaggio tradizionali e il fatturato dei tour operator si è dimezzato da inizio millennio. E decine di grandi nomi (da I viaggi del Ventaglio a Ventana fino a Valtur, ora rinata, e Rallo) hanno alzato bandiera bianca. Le vecchie guide Lonely Planet, una volta la bibbia dei viaggiatori più avventurosi, hanno perso due terzi del loro valore, diventando un oggetto vintage in un mondo nel quale per sapere in ogni istante dove sei basta Google Maps, i ristoranti li trovi online e l’albergo si prenota sullo smartphone – in tempo reale e a prezzi stracciati – con Hotel.com & C. I 600 mila turisti lasciati al loro destino da Thomas Cook sembrano una cifra altissima. Ma sono poca roba rispetto ai viaggiatori digitali: Expedia e Booking vendono oggi 170 miliardi di servizi turistici contro i 15 del 2004. Airbnb dà da dormire a un milione di persone al giorno – cifre impensabili per una catena alberghiera tradizionale – e incassa 103 milioni di dollari ogni 24 ore. Solo un americano su sette, secondo l’associazione di settore negli Usa, prenota oggi le vacanze in agenzia di viaggio. E si tratta per lo più di over 65 a basso reddito. Lo stesso succede in Italia: il 6,6% dei vacanzieri ha prenotato nel 2018 secondo l’Istat in agenzia, il 56% (il 20% in più del 2017) si è organizzato le ferie da solo e il 46% del totale, era il 31% nel 2016, ha fatto tutto via Internet. È più veloce, pratico e conveniente: i prezzi di Airbnb sono in media inferiori del 15-20%, a seconda delle località, di quelli degli alberghi. Ryanair e Easyjet, con i loro biglietti low cost, hanno ridisegnato la mappa globale dei cieli costringendo anche le compagnie tradizionali a tagliare i loro prezzi. I giganti dai piedi d’argilla come Thomas Cook non sono riusciti ad adeguarsi a questo tsunami tecnologico. E chi ha innovato troppo poco e tardi è saltato. Per affondare la storica e pluricentenaria agenzia inglese è bastata una congiuntura astrale da dimenticare: un’estate 2018 troppo calda che ha convinto molti inglesi e scandinavi a fare le vacanze a casa invece di cercare il sole verso Sud, riducendo le entrate. Un 2019 da incubo sotto il segno della Brexit e del rallentamento economico. Il tutto condito da un eccesso di debiti e dalla crisi di liquidità in un periodo in cui ci sono da pagare in anticipo le strutture per la prossima stagione e calano le entrate. Per una curiosa legge del contrappasso a prendere il testimone di regina del mercato azionario delle vacanze è stata, nelle stesse ore, Airbnb: la società Usa ha annunciato la quotazione a Wall Street nel 2020 con una valutazione che viaggia attorno ai 40 miliardi. È il segno dei tempi: il turismo fai-da-te, con buona pace degli spot poco profetici, oggi vale oro.