il Fatto Quotidiano, 23 settembre 2019
Storia della Lettera 22
È allo stesso tempo naturale e paradossale incontrare un libro come Piccoli tasti, grandi firme, l’epoca d’oro del giornalismo italiano (1950-1990 )a cura di Luigi Mascheroni, La Nave di Teseo Editore. È naturale, perchè qualcuno, dotato di memoria e cultura doveva prima o poi ricordarsi di una piccola e splendida macchina per scrivere italiana che ha fatto la sua comparsa, quasi nello stesso tempo, nei bellissimi negozi Olivetti in cui si vendeva nel mondo e al Museum of Modern Art di New York, che ne ha immediatamente riconosciuto la qualità del disegno; e l’ingresso del disegno d’autore in oggetti di poco costo che fino a quel momento erano rimasti esenti dalla bellezza e anzi (vedi tutte le altre macchine da scrivere del mondo) coltivava una certa bruttezza del prodotto meccanico di consumo, in quanto “macchina” che non ha nulla a che fare con il nobile servizio, che è scrivere. Ma è paradossale, perché l’autore del libro, che è anche il curatore di una mostra sulla “Lettera 22”(Ivrea, Museo Civico, fino al 31 dicembre) e dunque l’autore del catalogo, ha genialmente trovato un percorso per attraversare il mondo della rete, dell’informatica, del trojan “e della identificazione totale degli utenti”, badando a restare nello spazio e nel tempo di quella macchina, che è stata lo strumento di lavoro, per tre decenni, di un numero grandissimo di persone, tra cui quegli scrittori e giornalisti del mondo che ancora ricordiamo con l’attenzione di allora. QUALCHE LETTORE avrà notato che, nelle righe che precedono, ho scritto “macchi – na per scrivere”.E non “da scrivere”. Lo faccio perché così chiamava il suo prodotto Adriano Olivetti, e così voleva che facessimo noi, che lavoravamo con lui in quella che allora era la fabbrica (lui usava sempre questa parola, non “impresa”o“azienda”) più bella del mondo. E quando mi è stato chiesto di continuare il mio lavoro negli Stati Uniti, dove Olivetti aveva comprato un grande complesso industriale, la sorpresa è stata di trovare la Lettera 22 esposta, sulla Fif – th Avenue di Manhattan, nel modo più originale a cui si possa pensare. Non nel negozio Olivetti ma fuori, sul marciapiede della celebre strada. La piccola e ormai celebre Lettera 22 era appoggiata su un piano di metallo sostenuto da una colonna. La macchina aveva sempre carta bianca nel rotolo in modo che i passanti (che si mettevano in fila ) potessero scrivere una frase. Anche quella straordinaria trovata espositiva è diventata una fotografia celebre e una immagine da museo. Chi leggerà il bel libro–catalogo di Mascheroni noterà che l’autore ha dedicato molta attenzione (era giusto e importante) ai celebri personaggi che in foto famose sono ritratti accanto al piccolo prodigio Olivetti. Io mi sono soffermato di più sulla macchina, perché la prima cosa che mi è stata chiesta, quando ho cominciato a lavorare a Ivrea, è stato di imparare a fabbricarla. “Non si può dirigere il lavoro degli altri se non si sa che cosa fanno”, era la prima cosa che ti diceva Adriano Olivetti. Per questo la Lettera 22, il libro e la mostra sono molto di più di uno sguardo benevolo a un momento importante del passato italiano. © RIPRODUZIONE RIS