Corriere della Sera, 22 settembre 2019
Ci sarà una nuova guerra contro l’Iran?
La crisi iraniana domina l’agenda dell’Assemblea generale Onu, al via oggi a New York. Il presidente americano Donald Trump sonderà i leader dei Paesi arabi ed europei. Washington cerca appoggi per costringere Teheran ad accettare un negoziato senza condizioni. L’alternativa è una pericolosa escalation nel Golfo. Finora l’Arabia Saudita e l’Iran si sono scontrati per guerre interposte. Ma l’attacco agli impianti sauditi ha cambiato lo scenario in cui si muovono i tre protagonisti: Trump, il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman e il presidente iraniano, Hassan Rouhani.
Il presidente americano non ha alcuna voglia di imbarcarsi in una guerra aperta e potenzialmente devastante con l’Iran. Non a caso si è separato senza rimpianti dall’ intransigente John Bolton. Il leader della Casa Bianca, però, non può neanche lasciare campo libero all’attivismo di Teheran che, anche se insidia le rotte del petrolio non più vitali per gli Stati Uniti, viene percepito come una “minaccia mortale” dal principale alleato: Israele. La difesa a oltranza dello Stato ebraico è una delle poche cose che mettono d’accordo repubblicani e democratici. E Trump. Per ora il presidente ha solo movimentato la Quinta Flotta nel Golfo e promesso ai sauditi l’invio di qualche batteria anti-missili appoggiata da poche centinaia di militari. Trump si muove seguendo lo schema adottato con la Corea del Nord: massima pressione economica e “flessibilità” per avviare una trattativa senza preconcetti ideologici. Il problema è che nel quadrante asiatico Trump si è potuto appoggiare, bene o male, sulla sponda cinese. In questo caso, invece, nessuno sembra assecondarlo. Anzi la Russia protegge l’Iran, la Cina ne acquista il petrolio e gli europei chiedono agli Stati Uniti di riattivare l’accordo sul nucleare.
Il principe ereditario Mohammad bin Salman considera ineluttabile lo scontro con l’Iran: pur presentandosi come un riformista e un modernizzatore, non ha fatto nulla per attenuare le tensioni confessionali tra l’Arabia Saudita, guida dei sunniti e gli ayatollah sciiti. Su queste divisioni storiche il giovane principe ha innestato un ambizioso piano egemonico, ipotizzando una sorta di diarchia regionale con Israele. L’idea è di mettere fuori gioco Teheran non necessariamente con una guerra vecchio stile, che devasterebbe l’intera regione. Bin Salman punta a fiaccare, isolare e infine portare al collasso il governo degli ayatollah. Come? Semplicemente costruendo un asse imbattibile con Israele, appoggiato dagli americani. La prova generale è il piano per la Pace messo a punto da Jared Kushner, genero e consigliere di Trump. Il progetto è già stato respinto in blocco dai palestinesi. Ma non importa. Per Salman è comunque prezioso perché è la materializzazione del fronte anti-Iran. Il ridimensionamento post elettorale del premier Benjamin Netanyahu può costringere Bin Salman a rivedere il suo disegno.
Rouhani è la figura di più difficile lettura. Il presidente iraniano si è collocato in una posizione formalmente ineccepibile: guido un Paese pacifico che ha il diritto di difendersi dalle minacce esterne, da qualunque parte provengano. Per il momento è riuscito a contenere i settori più estremisti che vorrebbero «cancellare Israele dalla carta geografica» e bruciare tutte le bandiere Usa. Ma nei fatti ha sviluppato una strategia ambigua e quindi, inevitabilmente, piena di pericoli, puntando sugli europei per contenere Trump e sulla Russia per moderare Netanyahu o chi sarà il prossimo premier israeliano. In questo modo Rouhani pensava di poter evitare una guerra aperta e, anzi, di poter costruire per l’Iran un ruolo di potenza regionale, con un raggio di azione da spingere fino al Mediterraneo. Ma né Trump e, soprattutto Netanyahu sono stati «contenuti» e inoltre il governo iraniano ha largamente sottovalutato le ambizioni di Bin Salman. Gli sciiti di Teheran, anche se può sembrare un paradosso, avrebbero meno problemi a trattare con gli Stati Uniti e forse anche con Israele, piuttosto che con i sunniti di Riad.