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 2019  settembre 21 Sabato calendario

Periscopio

L’uscita di sicurezza è aperta per tempo; la via di fuga s’improvvisa. Dino Basili. Uffa News.Bisogna essere molto snob o molto stupidi (o tutte le due cose assieme ) per essere emozionati davanti alle piramidi e indifferenti alla grande diga sul Nilo. Gabriele Matzneff, Élie et Phaéton. La Table ronde, 1991.
Come scrivono gli studenti italiani? Come mi ha detto una professoressa bravissima: «Questi ragazzi usano la punteggiatura come lo zucchero a velo». Leonardo Luccone, italinista (Vittorio Macioce). Il Giornale.
I leghisti sono spaccati tra Salvini che non sa più cosa vuole e Giorgetti che vuole comunque il contrario. Anche i berluscones sono spaccati tra chi vorrebbe mettersi con un Matteo e chi con l’altro. Soltanto i Fratelli d’Italia non sono spaccati, forse perché sembrano gli unici ad avere un leader con gli attributi: la Meloni. Massimo Gramellini. Corsera.
Perché solo gli italiani dovrebbero vergognarsi di avere cara la propria nazione? Definirsi europeisti in chiave antinazionale, il vezzo attuale della nostra sinistra, è un errore grave: a Bruxelles né i tedeschi né i francesi dimenticano mai per un solo attimo di difendere con determinazione gli interessi del proprio paese. Federico Rampini, La notte della sinistra. Mondadori, 2019.
Sui social aveva ragione Eco: «Abbiamo dato con i social l’opportunità a qualunque cretino di esprimere quello che vuole e di imbastardire questo Paese». L’apertura dei social sì tecnologicamente è una cosa bella, tu puoi parlare, puoi dire quello che vuoi, ma devi saper dire delle cose. Ormai abbiamo il bar sport di tutto: dall’economia ai problemi istituzionali. Pippo Baudo, presentatore tv (Walter Veltroni). 7 (Corsera).
In concerto nell’anfiteatro romano di Verona, Elton John dà buca ai suoi fan saltando la seconda serata. Nella prima si è scagliato contro gli organizzatori: «Per le condizioni della toilette nel backstage, questo posto andrebbe chiuso. Fanno schifo i bagni dell’Arena». Il baronetto era già stato lì nel 1989, nel 2002 e nel 2009. Altra prostata, d’accordo. Ma perché c’è tornato? Stefano Lorenzetto. Arbiter.
A Mosca mi parlarono tantissimo di Aleksandr Lurija. Le sue ricerche nel campo delle neuroscienze erano molto avanzate. Andai a trovarlo nella casa dove viveva, a Mosca. Mi venne incontro un uomo dal portamento aristocratico. Ci accomodammo in una stanza piena di libri. Sedette su una poltrona con accanto un possente cane. Parlava con voce decisa e contemporaneamente accarezzava l’animale. Con pochi tratti disegnò un ritratto molto affascinante delle neuroscienze in Russia. Emanava una grande tranquillità. Silvano Tagliagambe, filosofo. (Antonio Gnoli). La Repubblica.
Il colpo più micidiale alla ricchezza finanziaria del sistema-Italia non l’aveva dato la polemica sull’Europa (quelle perdite virtuali sono già state riassorbite) ma il trimestre di incertezza nella formazione del governo, culminato con l’azzardo Cottarelli. Luca Ricolfi, sociologo (Sabrina Cottone). Il Giornale.
Paoletta De Micheli si legò alla Margherita, che del Ppi era l’erede, e confluì col nuovo partito nel Pd appena nato (2007). Nel triennio 2007-2010, De Micheli fu assessore alle finanze e risorse umane del comune di Piacenza. Aveva un legame di ferro col sindaco, Roberto Reggi, anch’egli del Pd. Lui grintosissimo, al punto da scalare il campanile del Duomo di Piacenza per farsi notare dagli elettori, lei con le dieci dita in pasta sulle cose della città. Entrambi erano in concorrenza con il loro concittadino, Pierluigi Bersani. In vista delle elezioni del 2008, si accordano tra loro per una staffetta: Reggi a Montecitorio, De Micheli, sindaco di Piacenza, al suo posto. Ma alla Camera, per non so quale maneggio, ci andò Paoletta. Fu il primo dei proverbiali scatti con cui spiazza chiunque. Lei va al sodo: entra nelle grazie del potente di turno. Giancarlo Perna. LaVerità.
E le metropolitane tutte chiuse a Roma? Bisognerebbe mantenere l’Atac pubblica, ma privatizzandone la gestione. Non si può pensare che una amministrazione pubblica possa gestire i trasporti della città più grande d’Italia, oltretutto con quei debiti. Le cose si possono fare, sempre. Bisogna scegliere dei compromessi, scegliere tre-quattro cose da fare e poi farle. Con Giachetti avevamo fatto una ricerca su come sbloccare 100 opere. Si sentì male sulla sua auto. Lorenza Baroncelli, direttrice della Triennale di Milano (Michele Masneri). Il Foglio.
A chi ha dato il primo bacio, serio? «A una ragazzina che si chiamava Rita, avevo 17 anni». E il primo rapporto sessuale? «Con me stesso, ma è un esercizio cui si deve stare attenti, non bisogna affezionarcisi troppo, anche se, pensandoci, è il modo migliore per non dover dire grazie a nessuno». Renato Zero, cantante (Roberto Gobbi). 7 (Corsera).
Mi viene facile fare le domande scomode. Ad esempio quando Silvio Berlusconi, nel 1994, mi disse che credeva nei valori cristiani, mi prendo un tempo comico di silenzio e domando: quali? Mi voleva ammazzare. È l’adrenalina del match. Ma non ho mai voluto uccidere. Maurizio Costanzo aveva negato di essere iscritto alla P2, io gli lessi il numero di tessera. Diede una risposta vaga e non ho insistito. Giovanni Minoli, dirigente tv (Candida Morvillo). Corsera.
Un giorno, di punto in bianco, quelli di Mediaset mi hanno detto che Forum non si faceva più. Dopo trent’anni a Mediaset quella cancellazione annunciata improvvisamente fu un colpo durissimo per me. Era il 2013, una giornata nella quale dovevo registrare 28 telepromozioni, tanto per dare l’idea della popolarità della trasmissione e di tutta la pubblicità che arrivava. Intere generazioni di avvocati erano cresciute a pane e Forum, lo share era alle stelle. «Perché la chiudono?», mi chiedevo. La risposta era semplice: il mezzogiorno serviva a qualcun altro. Allora me ne andai da Mediaset. Senza chiedere spiegazioni ma anche senza che nessuno si facesse avanti per propormi qualcosa d’altro. Rita Dalla Chiesa, conduttrice tv (Roberta Scorranese). Corsera.
Sciupafemmine? Sono l’uomo più timido che conosca, talmente imbranato che nelle donne scatta il meccanismo di protezione. Quando girai Il cappotto di Astrakan dovevo infilarmi a letto, entrambi nudi, con Carole Bouquet. Ce l’ha presente? Poi mutava la scena e dovevamo aspettare che cambiassero le luci. Ero così contratto che mi addormentai. Mi svegliò un elettricista: «A’ froscio, svéjate!». Johnny Dorelli, cantante (Pierluigi Vercesi). Corsera.
Di mia moglie Vittoria penso tutto il bene e tutto il male che, al mio posto, lei penserebbe di me. Roberto Gervaso. Il Messaggero.