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 2019  settembre 23 Lunedì calendario

La Ferrari cambiata in un’estate

dalla nostra inviata SINGAPORE – Da brutto anatroccolo ad astronave in sole tre settimane? Un miracolo la doppietta di Singapore, terza vittoria di fila della rossa, dopo un inizio di stagione drammatico? Non proprio: la Ferrari di quest’anno è stata una lenta e non conclusa costruzione. La macchina si è scoperta improvvisamente fragile sin dal debutto stagionale a Melbourne subendo sonore sconfitte fino ad agosto in Ungheria, prima della pausa estiva, dove le Mercedes ingorde rifilavano alle rosse un minuto di distacco. Ma a Marina Bay quella macchina non c’era più, ne è apparsa un’altra versione, stravolta rispetto alle precedenti, per cercare un maggiore carico aerodinamico, il lato debole della rossa 2019, su una pista che lo richiede per le sue curve lente: muso, fondo, ala posteriore, estrattore che hanno funzionato a tal punto da sorprendere non solo gli avversari, ma la Ferrari stessa. Inatteso oltre ogni previsione, il recupero, ottenuto grazie a un’accelerazione del lavoro in fabbrica rispetto ai tempi previsti. E forse più importante di quelli a Spa e Monza, dove Maranello poteva contare sulla potenza del propulsore. «Il lavoro è iniziato da prima dell’inizio dell’anno» spiega il team principal Mattia Binotto. «È tantissimo tempo che ci diamo da fare, credo che in avvio di stagione non si sia raccolto quanto meritato, mentre ora supera forse anche ogni aspettativa. Il bilancio è che siamo ancora in debito per quello che è il valore di questa squadra, però sono tre gare che facciamo bene senza commettere errori che in passato si erano verificati. Siamo nella direzione giusta». Verso il 2020. Con una squadra che sta uscendo fuori. Giovane e in fase di apprendistato come la definisce Binotto al suo esordio nel ruolo quest’anno. Non è stato facile ed è ancora in corso il processo di crescita. Il 2019 è nato sulle ceneri di una stagione finita molto male: la perdita del presidente Sergio Marchionne, la confusione che ne è seguita con lo smarrimento di un riferimento forte, il cambio ai vertici dell’azienda, le evoluzioni dell’auto che era stata vincente fino alla prima metà del 2018 che non sono andate nel verso giusto, i troppi errori di squadra e di Vettel, la sostituzione di Kimi Raikkonen con Charles Leclerc. Le disarmonie e la confusione sono state molte e hanno influito inevitabilmente sulla nascita della vettura 2019, come pure ha ammesso Binotto, ex direttore tecnico subentrato a Maurizio Arrivabene proprio a ridosso dell’inizio di questo campionato. E, nel farlo, ha cercato di sganciarsi da un doppio ruolo, delegando ad altre figure le redini della SF90: Enrico Cardile per il telaio, David Sanchez per l’aerodinamica e Corrado Iotti per il motore. Binotto ha avuto anche altro da fare: gestire due veri piloti. È l’unica squadra con questo che il team principal ha sempre definito il «più bel problema da avere». Charles, 21 anni, rampante. Sebastian, 32, in crisi di risultati. Ha lasciato correre il ragazzo, ha resuscitato il capitano. Sì, forse un miracolo.