Corriere della Sera, 23 settembre 2019
La Germania non vuole tirare fuori altri soldi
Quella tra i ministri degli Affari europei di lunedì scorso a Bruxelles, doveva essere una colazione di lavoro senza polemiche. Un amichevole scambio di vedute sul bilancio pluriennale dell’Unione, 2021-2027, che tra poche settimane entra nella fase calda del negoziato e dovrebbe essere approvato entro il primo semestre 2020.
Ma dalla Germania è arrivata la sorpresa. Smentendo il proverbio, è stato l’ambasciatore tedesco alla Ue, Michael Clauss, a portare la cattiva notizia: Berlino non vuole in alcun modo che il bilancio dell’Ue nei prossimi sette anni superi l’1% del prodotto interno lordo europeo. Detto altrimenti, il governo federale non è disposto ad ampliare le risorse proprie dell’Unione, con buona pace delle promesse formulate ancora un anno e mezzo fa nel programma della Grosse Koalition, che affermava testualmente: «Siamo pronti ad aumentare il contributo della Germania al bilancio europeo».
Nelle intenzioni del Parlamento europeo e di molti Paesi membri, il prossimo bilancio dovrebbe, alla fine dei sette anni, poter contare sull’1,11% del Pil. Pochi decimali, che tradotti in cifre significano però circa 110 miliardi di euro. Senza queste somme, sarebbe difficile tradurre in realtà molti degli impegni presi dalla neopresidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che per esempio ha promesso di triplicare gli stanziamenti per il programma Erasmus.
Attenzione, non è che nei prossimi sette anni la Germania pagherà di meno. Anzi. Secondo alcuni calcoli, in conseguenza della Brexit, il contributo netto (la differenza tra quanto versa e quanto riceve da Bruxelles) di Berlino all’Ue passerà dagli attuali 15 a 21 miliardi di euro.
La qualità (negativa) nuova dell’annuncio di Clauss è che indicando il limite dell’1% la Germania si mette alla testa di tutti quelli che non vogliono una crescita della capacità di spesa della Ue. Non a caso, i ministri di Svezia, Olanda e Danimarca si sono subito espressi a favore.