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 2019  settembre 23 Lunedì calendario

Il business dei cordoni ombelicali

Le speranze dei genitori, non sostenute dalla scienza. Società fallite, altre con bilanci che non stanno in piedi o mai depositati. E oggi, migliaia di mamme e papà si interrogano: «Dove è finito il sangue dei cordoni ombelicali dei nostri neonati?». Per capire che cosa c’è dietro questo business bisogna partire da Internet: «Assicura la salute di tuo figlio per gli anni a venire. Conservare il cordone ombelicale è la prima scelta d’amore che fai per il futuro del tuo bambino». La Rete è piena di pubblicità di società private che, pagando, spingono alla crioconservazione, ma la «vendita» vera e propria si concretizza attraverso un’altra rete, quella che transita da ostetriche e ginecologi compiacenti per approdare alla sala parto. Sta di fatto che oggi, a livello mondiale, nelle banche private ci sono almeno 4 milioni di cordoni conservati per uso personale contro i 730 mila donati alla collettività. La differenza non è da poco.
A cosa servono le cellule staminali Le cellule staminali compatibili provenienti dal cordone ombelicale (o dal midollo osseo) possono guarire o raddoppiare l’aspettativa di vita dei pazienti in attesa di trapianto per leucemia e gravi malattie del sangue. La letteratura scientifica però è chiara: le staminali che provengono dal tuo cordone non sono utilizzabili perché possono contenere l’alterazione che ha generato la malattia. Vuol dire che il paziente italiano può trovare staminali compatibili da un donatore di Sidney, e quello di New York da uno di Milano. Quindi più donatori ci sono e più è possibile selezionare quelle giuste poiché le banche pubbliche che crioconservano il sangue sono tutte collegate tra loro. In Italia, sulla base dell’ordinanza del 30 dicembre 2002 «Misure urgenti in materia di cellule staminali da cordone ombelicale» solo le strutture pubbliche sono autorizzate a congelare questo sangue. In tutto sono diciotto con 41.623 sacche conservate a – 150 gradi in azoto liquido. Oltre 1.500 sono servite a curare pazienti in tutto il mondo.
I dati italiani del 2018 Nel 2018 su 283 mila donne che hanno partorito nei 274 ospedali organizzati per la raccolta, solo 10.661 hanno donato il cordone del neonato.
Un numero basso dovuto soprattutto a un problema di costi e di personale: serve la presenza di tecnici di laboratorio e biologi e va eseguita nell’immediato. Per questo l’attività di raccolta, che pesa sul servizio sanitario tra i 1.000 e i 2.000 a donazione, viene effettuata solo negli orari d’ufficio. Ma i parti hanno invece i loro tempi. Va poi considerato che il 90% dei cordoni è stato scartato perché non abbastanza ricco di cellule staminali e dunque inefficace per il trapianto. La bassa percentuale tra cordoni depositati e utilizzati è giustificata dalla necessità di selezionare donatori altamente compatibili.
Aziende private: speranze e inganni Secondo le stime al ribasso del ministero della Salute, oltre 34.000 mamme negli ultimi 9 anni hanno invece preferito conservare il cordone solo per il proprio figlio, e qui entrano in ballo le aziende private, che pagando te lo congelano in centri esteri. Da un paio di mesi migliaia di famiglie  (15 mila secondo alcune stime) si stanno chiedendo che fine abbiano fatto i campioni di sangue affidati, al costo di 4.000 euro cadauno, alla CryoSave Italia di Roma.
CryoSave: dalla Svizzera a Dubai L’azienda è fallita a luglio. Il controllo è in capo alla Esperite, una traballante holding olandese quotata alle Borse di Parigi e Amsterdam: 4 milioni di euro il valore di mercato.
E le provette conservate in una banca del sangue svizzera? Sono state trasferite – garantiscono dalla sede centrale – nei laboratori della Pbkm-Famicord in Polonia. Anche Pbkm è quotata, ma chi oggi chiede dove sono i contenitori con il materiale biologico del proprio neonato si sente rispondere che «la maggior parte» è stata trasportata nel loro laboratorio polacco. E il resto? Quanti se ne sono persi? E di chi?
260.000 famiglie coinvolte Frederic Amar, 55 anni, lo svizzero a capo di CryoSave, una settimana prima di fallire, tranquillizzava le «oltre 260mila famiglie clienti», tra cui migliaia di italiani: «i campioni sono al sicuro», diceva. Ma fino a pochi giorni fa sul sito della società si poteva ancora acquistare il kit. E il reclutamento delle mamme, come ci racconta una di loro, avveniva direttamente ai corsi pre-parto (al San Raffaele di Milano nel nostro caso) dove venivano distribuite le brochure della CryoSave, un concentrato di esagerazioni e falsità. In Svizzera la filiale locale del gruppo è stata denunciata dall’Ufficio federale della Sanità pubblica elvetico (Ufsp) per violazione della legge sui trapianti. Nel frattempo emerge che un’oscura società privata di Dubai, la Myrisoph Capital, gestita da un certo Hassan Alhassani, è diventata licenziataria globale del marchio CryoSave e ad essa è stata trasferita pochi giorni fa l’intera attività delle cellule staminali.
Sangue conservato per 50 anni? La lista di chi convince le mamme a conservare il cordone del proprio neonato per uso personale è lunga. Qualche esempio. Future Health Italia si presenta come «la banca di cellule staminali più accreditata del mondo»: oltre 150 mila campioni, ma non deposita bilanci dal 2014. È controllata dalla holding britannica Future Health Technologies con 13 milioni di sterline di ricavi, ma i veri proprietari sono nascosti da finanziarie del Liechtenstein e delle Isole Vergini.
La milanese Sorgente di due ingegneri italiani specialisti in start up (2,4 milioni di fatturato 2018) fa sapere dal sito web di essere stata «scelta da 15 mila famiglie», tra cui Eleonora Pedron (ex compagna di Max Biaggi da cui ha avuto due figli) ed Elisabetta Gregoraci. Propongono addirittura una conservazione fino a 50 anni. La biobanca ha sede a Plymouth nel Regno Unito.
Aziende a trasparenza limitata Crylogit Regener, 5 mila euro di fatturato e 6 mila di perdita, è un’azienda fiorentina che si appoggia ad un laboratorio di Ginevra. Spiegano che «si ritiene acclarata la vitalità cellulare fino ad un periodo di conservazione intorno ai 15-16 anni». Ma allora quella di prima che «sparava» 50 anni?
Futura Stem Cells ha sede a Roma, fattura 800 mila euro ne perde 200 mila e ha debiti per 700 mila, e si appoggia a un laboratorio di crioconservazione di Cantanhede in Portogallo. La casa madre è in Svizzera ma il numero di telefono è intestato a una società italiana di call center. Dietro le promesse di Smartbank di Roma c’è un’azienda in liquidazione da 4 anni. Non proprio «proiettata al futuro», come dice il sito internet.
Miracoli e realtà La ricerca farà miracoli, ma intanto la vera assicurazione per il proprio bambino non è quella di farsi abbindolare con la storia della conservazione del cordone ombelicale per un uso personale, ma di donarlo alle strutture pubbliche, poiché solo ampliando la raccolta cresce la disponibilità di staminali compatibili, e di conseguenza la possibilità di cura per chi ne ha bisogno.