il Fatto Quotidiano, 22 settembre 2019
Amazzonia, ora la pioggia è nera
Acqua, terra, fuoco, aria e spazio. Sono questi gli elementi che, secondo la medicina Ayurvedica indiana, formano il corpo umano e l’universo. Per mantenere la nostra salute, e quella del pianeta, dobbiamo, secondo l’Ayurveda, mantenere l’equilibrio fra questi cinque elementi. Ciò che avviene in Amazzonia è l’opposto. Per settimane, questa estate, i roghi – sulle prime il presidente Bolsonaro aveva dato la colpa alle ong, salvo poi mandare l’esercito – hanno devastato la foresta; la minaccia non è ancora sventata, anzi, l’Amazzonia in fiamme porta altri pericoli. L’allarme lo lancia Mario Moscatelli, il biologo e attivista brasiliano che si occupa di gestione e recupero degli ecosistemi costieri di Rio de Janeiro; da tempo segue costernato la rottura dell’equilibrio ecologico in Brasile.
Nei suoi trenta anni dedicati alla difesa dell’ambiente, Moscatelli ha vissuto molti momenti di tensione, ma le cose sono peggiorate con le queimadas, gli incendi dolosi appiccati in Amazzonia. Il responsabile del recupero delle più grandi aree di mangrovie nello stato di Rio de Janeiro è sulle spine perché l’elemento fuoco ha colpito non solo la terra, ma anche l’acqua che, inquinata dal tossico prodotto dalla combustione delle biomasse, raggiunge attraverso l’aria, i venti e le piogge, anche la megalopoli di São Paulo. “Le queimadas sono la punta di un iceberg – dice Mostacelli – poiché la distruzione della foresta è associata a quella di uno dei più importanti termostati planetari. Gli effetti degli incendi già si propagano principalmente in America del Sud, un pericolo che sembra essere ignorato dalle autorità brasiliane”. Gli incendi del mese di agosto hanno provocato una pioggia nera che ha oscurato il cielo della megalopoli brasiliana distante quasi 4,000 chilometri dall’Amazzonia.
“La quantità di calore generata dagli incendi – sostiene l’attivista – fa sì che gas e particelle raggiungano altezze considerabili durante il processo di dispersione del fumo nell’atmosfera”. La pioggia nera che, secondo molti paulistani aveva un “odore di caffè”, è penetrata nella terra e nei bacini idrici artificiali che riforniscono d’acqua la metropoli. “La biomassa bruciata emette vari elementi chimici inquinanti, particelle solide e sostanze altamente tossiche. Vorrei chiarire che il materiale incendiato non necessariamente appartiene a foreste, ma proviene anche da aree già degradate e trattate con elementi tossici in grado di contaminare aria e acqua” ribadisce Moscatelli.
Gli incendi a catena – a cui il presidente Jair Bolsonaro ha risposto con dichiarazioni anti ecologiste – sono avvenuti anche in aree agricole, sottoposte soprattutto alla coltivazione della soia, in espansione sempre più a Nord, verso gli ultimi santuari ecologici del pianeta.
I ricercatori dell’Istituto di chimica dell’Università statale di São Paulo (Usp) hanno verificato la presenza di “reteno” nell’acqua piovana; con questo termine indicano un composto che trae origine dalle queimadas, giacchè si riscontra solo nella combustione di biomasse; un tipo di inquinamento diverso rispetto a quello prodotto dalle emissioni industriali e dai gas di scarico delle auto. Secondo le ricerche l’esposizione a tale sostanza, in alte concentrazioni, provoca danni al Dna e morte delle cellule polmonari, oltre a causare problemi respiratori e l’enfisema polmonare. “Tutti – aggiunge Moscatelli – sono a rischio. La città di Rio de Janeiro è stata creata a spese anche del degrado storico della Foresta Atlantica. Ciò che si ha oggi è una caricatura di questa foresta che esisteva all’inizio del XX secolo, eppure, gli stessi carioca che hanno marciato per l’Amazzonia sulla spiaggia d’Ipanema, per diverse ragioni, non si sono incomodati per protestare contro l’eco-eccidio della propria città”.
Nonostante le leggi che teoricamente proteggono il medio ambiente brasiliano, il degrado di spiagge, lagune, fiumi e baie deriva – secondo il biologo – dalla sistematica distruzione dell’ecosistema a causa della disordinata crescita urbana che arricchisce gruppi pubblici e privati.
“Il Brasile è una nazione eterogenea che non conosce ancora tutte le specie esistenti che l’arricchiscono, ma, nonostante ciò, la cultura di consumare e distruggere, tipica del colonialismo, perdura e continua a estirpare le nostre risorse naturali. Il tema della protezione dell’ambiente – a Rio de Janeiro, São Paolo, in Amazzonia, a Minas Gerais, nel Rio Grande do Sul e così via – non è ancora un tema prioritario per i politici che non s’interessano all’ecologia, data la scarsa importanza che la società brasiliana attribuisce a questo genere di cose”.