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 2019  settembre 22 Domenica calendario

Storia e guai del gruppo Toto

Sono i parchi eolici il nuovo terreno di caccia del gruppo Toto, proprio quel terreno ora arato con attenzione dagli inquirenti. Alle pale per il vento Toto c’è arrivato da un paio d’anni con una società che si chiama Renexia e si è subito messo in mostra: prima ha costruito in Campania uno dei parchi eolici più grandi d’Italia, immediatamente rivenduto agli inglesi. Poi si è aggiudicato una gara per realizzare un secondo megaparco negli Usa sulle rive dell’Atlantico. A questi risultati c’è arrivato dopo una lunga cavalcata cominciata negli anni Sessanta del boom quando i tre fratelli Toto iniziarono come costruttori di provincia, abruzzesi, zona di Chieti, i classici scarpe grosse e cervello fino. Passo passo sono diventati un gigante, ora un po’ con il fiato grosso per la verità, fino a dare del tu alla grande finanza e a fare concorrenza da pari a pari con l’Alitalia quando non era ancora un fantasma.
È stato proprio l’ingresso in Alitalia intorno al 2008, governo Berlusconi, l’acuto imprenditoriale più alto del gruppo. Carlo Toto, il patriarca della famiglia, coltivò allora la grande illusione di diventare lui il padrone della compagnia, salvo poi scoprire che, dopo averlo pregato in ginocchio perché ci mettesse del suo, non lo avrebbero accontentato mai.
Fu la Banca Intesa di Corrado Passera a illuderlo. I due si erano conosciuti tramite Giovanna Salza, che per i Toto curava i rapporti con la stampa, e che poi sarebbe diventata la moglie di Passera. Banca Intesa era molto scoperta con Alitalia e Passera avrebbe voluto rilanciarla con il Piano Fenice: il progetto si basava sull’eliminazione del concorrente Toto dal mercato dei voli, promettendogli Alitalia. Toto era diventato un concorrente perché dopo aver rilevato nel 1988 una piccola società pescarese di aerotaxi, la Aliadriatica, aveva cominciato a battere la ricchissima (allora) rotta Fiumicino-Linate fino a coprire nel 2006 il 33 per cento del mercato nazionale.
In Alitalia Toto portò il suo megacontratto per 82 Airbus modelli A320, A330 e A350 presi in affitto dalla società irlandese Apfl. Contratto in parte tuttora vigente e intorno al quale è fiorito uno dei tanti contenziosi legali in cui il gruppo dà il meglio di sé. Per uscire dall’avventura Alitalia, Toto avrebbe voluto che gli pagassero gli aerei, ma non lo accontentarono, limitandosi a sborsargli le rate del megaleasing con modalità, quantità e tempi che allo stesso Toto non piacciono. L’imprenditore abruzzese nel frattempo si era lanciato anche nel business del casello con le Autostrade dei Parchi A24 e A25, tra Roma e l’Abruzzo, acciuffate all’inizio degli anni Duemila vincendo una gara e gestendole per un po’ insieme ad Autostrade per l’Italia che aveva il 60 per cento e poi lo cedette allo stesso Toto.
Anche con le autostrade Toto si è infilato in un braccio di ferro, in questo caso con lo Stato. Un confronto complicato per cui si avvale di consiglieri di peso: Vincenzo Fortunato, ex capo dei gabinettisti ministeriali, esperto soprattutto in faccende di concessioni e trasporti. E Mauro Fabris, un democristiano eletto a suo tempo con la Margherita, sottosegretario alle Infrastrutture nei governi D’Alema e vicepresidente delle autostrade dei Toto. In base a una legge del 2012 la A24 e A25 sono considerate arterie strategiche da mettere in sicurezza nell’eventualità di un nuovo terremoto in Abruzzo. Toto vorrebbe essere della partita, ma per finanziare quei lavori giganteschi (fino a 2 miliardi e 700 milioni) vorrebbe un allungamento della concessione di 10 anni, dal 2030 al 2040. Come arma di pressione minaccia un immediato aumento delle tariffe fino al 20 per cento.